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Nonostante le condanne degli organismi che rappresentano il mondo islamico, il terzo attentato che colpisce, in due mesi, la Gran Bretagna conferma tutte le criticità dei Paesi europei alle prese con un terrorismo che, inevitabilmente, gode di ampi appoggi nell'estremismo islamico, sostenuto dalle monarchie sunnite del Golfo e ormai diffuso in modo capillare in Europa e quasi mai contrastato con efficacia dagli Stati che hanno persino rinunciato a incarcerare i foreign fighters di ritorno da Iraq e Siria e a perseguire i tanti predicatori e imam che inneggiano a violenza e sharia.
Se davvero Theresa May (qualora restasse premier) vuole cambiare radicalmente la strategia contro il terrorismo, come ha detto ieri, dovrà cominciare a combattere l'estremismo islamico dilagante e i suoi finanziatori della Penisola Arabica, che sono anche i maggiori investitori nell'economia britannica e nella Borsa di Londra. Il piano prevede 4 punti: sconfiggere l'ideologia islamista per far capire che i valori occidentali sono "superiori", mettere fine allo "spazio sicuro" offerto ai terroristi dalla rete Internet, continuare l'azione militare contro l'Isis in Iraq e in Siria e garantire pene detentive più lunghe. Vedremo se e quali sviluppi concreti avrà.
I TERRORISTI SONO VERI ISLAMICI
Il sindaco di Londra, Sadiq Khan, ha detto che i terroristi non sono veri islamici come dimostrerebbe il fatto che hanno colpito sul London Bridge durante il Ramadan, ma lui per primo (è islamico) dovrebbe sapere che il mese del digiuno è stato sempre insanguinato da azioni terroristiche e negli ultimi giorni terroristi "non veramente islamici" (?) hanno massacrato innocenti a Kabul, Baghdad, Mindanao. Negare che il terrorismo sia "profondamente islamico" è ridicolo ma soprattutto fuorviante, specie dopo i dati emersi nell'aprile 2016 da un sondaggio condotto nella comunità islamica dalla società demoscopica ICM presentato all'interno di un documentario di Channel 4 dal titolo 'Che cosa i musulmani veramente pensano', presentato da Trevor Phillips, ex presidente della commissione per l'eguaglianza razziale ed i diritti umani. Il dato più eclatante è che solo il 34% degli intervistati sarebbe disposto a denunciare alla polizia un sospetto 'foreign fighter' coinvolto in azioni terroristiche jihadiste. In soldoni questo significa che per convinzione o convenienza i due terzi del campione di popolazione islamica residente in Gran Bretagna sostiene o comunque non contrasta la causa dello Stato Islamico. Dal sondaggio emerge inoltre che il 52% dei musulmani intervistati ritiene che l'omosessualità dovrebbe essere illegale e per il 47% è inaccettabile che gay o lesbiche insegnino in una scuola. Il 23% è a favore dell'introduzione della sharia in Gran Bretagna e il 4 per cento simpatizza con i terroristi suicidi, il 32% non condanna le violenze contro chi viene accusato di avere "offeso Maometto" e il 31% è a favore della poligamia. "L'integrazione dei musulmani nel Regno Unito sarà probabilmente il compito più difficile che abbiamo davanti - aveva detto Phillips - richiederà l'abbandono del multiculturalismo all'acqua di rose e l'adozione di un approccio all'integrazione molto più deciso".
UN CLAMOROSO SONDAGGIO DELLA BBC
Valutazione più che sufficiente a confermare non solo che il terrorismo è islamico, ma che gode di ampi sostegni nella comunità musulmana britannica. Il governo di Sua Maestà del resto ne è talmente consapevole da aver bloccato la diffusione degli elementi emersi dall'inchiesta voluta l'anno scorso dall'allora premier David Cameron sui finanziamenti al jihadismo in Gran Bretagna. Un anno prima, nel febbraio 2015, il sondaggio commissionato dalla BBC all'istituto ComRes per sondare il parere della comunità islamica del Regno Unito, stimata in 2,8 milioni di persone (pari al 4,4% della popolazione totale), due mesi dopo la strage jihadista nella redazione parigina dio Charlie Hebdo, diede risultati simili. Oltre un quarto (il 27%) del campione di mille musulmani britannici intervistati "comprende i motivi dietro all'attacco a Charlie Hebdo a Parigi" condotto dai fratelli Kouachi il 7 gennaio 2015 mentre l'11% si sono detti convinti che coloro che pubblicano le immagini di Maometto meritano di essere attaccati. In termini numerici significa che due anni or sono 280 mila musulmani britannici sostenevano i terroristi e circa 750 mila ne condividevano le motivazioni. Nel complesso un milione di islamici britannici che ben difficilmente potremmo definire "moderati". Da non dimenticare poi quel 32% degli intervistati che disse di "capire le ragioni di chi lancia attacchi in nome dell'islam se la religione è stata insultata". Il sondaggio evidenziò anche come il 46% degli intervistati ritenesse che il Regno Unito fosse diventato meno tollerante nei confronti dei musulmani mentre più di un terzo evidenziò che i britannici non si fidano delle persone di fede musulmana.
"Sono dati che mi preoccupano" commentò Sayeeda Warsi, primo ministro donna di religione musulmana in Gran Bretagna. Eppure per comprendere l'abisso che separa l'Occidente dall'islam è sufficiente ricordare la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo promulgata nel 1948 dalle Nazioni Unite che i Paesi islamici non hanno mai sottoscritto perché contraria ai precetti coranici e alla sharia. Il motivo è facilmente comprensibile fin dalla prima riga dell'articolo 1 della Dichiarazione che recita: "tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti".
Nota di BastaBugie: Riccardo Cascioli nell'articolo sottostante dal titolo "Londra sotto attacco, così vince l'islamismo" parla del gravissimo doppio attentato nel cuore della capitale inglese: un furgone piomba sulla folla a London Bridge e poi una battaglia va avanti fino a tarda notte; a poca distanza, al Borough Market, un uomo colpisce gli avventori di un pub con un grosso coltello. Ormai in Europa gli attacchi islamisti non si contano, e nella gente c'è ormai il terrore: ieri sera in piazza a Torino è bastato lo scoppio di un petardo per provocare panico e il fuggi fuggi: 600 feriti, alcuni molto gravi.
Ecco dunque l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 4 giugno 2017:
Un furgone che si lancia sui passanti a London Bridge, accoltellamenti e spari al Borough Market. A Londra è stata un'altra notte di terrore, appena dieci giorni dopo la strage jihadista a Manchester e a cinque giorni dalle elezioni che si terranno giovedì 8 giugno. Al momento il bilancio è di sette morti e decine di feriti.
Tutto è cominciato alle 22.30 ora locale (le 23.30 in Italia): un furgone su London Bridge ha ripetuto la stessa scena già verificatasi il 22 marzo scorso su Westminster Bridge, con la differenza che ne sarebbero scesi tre uomini che hanno colpito i passanti con i coltelli dirigendosi verso l vicino Borough Market: le testimonianze sono terribili, i tre - che indossavano false cinture esplosive - hanno colpito a coltellate chinque capitasse a tiro prima di essere uccisi dalla polizia.
Ancora una volta dunque siamo di fronte a un gravissimo attacco terroristico. Non si può più parlare di "lupi solitari", qui è l'organizzazione efficace di un gruppo, quasi sicuramente una cellula islamista che i servizi di intelligence non sono riusciti ad intercettare.
La facilità con cui ormai gli islamisti colpiscono in Europa, non solo in Inghilterra, dovrebbe indurre a qualche riflessione: anzitutto i potenziali terroristi segnalati dalla polizia come "pericolosi", non possono essere lasciati liberi di circolare – e di agire al momento opportuno -, anche quando si tratta di cittadini europei. Del resto in questi decenni sono state lasciate crescere nelle città europee intere zone franche, dove a comandare e ad esercitare il controllo sulla popolazione sono islamici radicali. Si continua a chiudere gli occhi su questa inquietante realtà, ma prima o poi il conto da pagare arriva.
Come sempre ora arriveranno, oltre alle tante parole di sdegno e condanna, altrettante dichiarazioni roboanti del tipo "Non cederemo", "Difenderemo i nostri valori", "Non ci cambierete lo stile di vita".
Sciocchezze: il cedimento è già in atto da anni, e il primo esempio è proprio quello citato prima, l'aver tollerato la crescita di situazioni fuori controllo, di atti di violenza e soprusi, nel nome del multiculturalismo. In alcuni paesi è stata ammessa anche la sharìa come metodo di soluzione delle controversie interne ai membri della comunità islamica e diversi tribunali derogano al diritto dei singoli paesi europei in nome del rispetto delle culture.
Quanto all'Inghilterra poi c'è da aggiungere che la resa culturale si dimostra anche nella lotta al terrorismo. Ai tempi del terrorismo nordirlandese, governo e polizia non andavano certo per il sottile nella caccia al repubblicano irlandese. Non solo la polizia inglese ha allora vergognosamente falsificato le prove in alcuni casi famosi pur di arrestare qualcuno, ma tutta la numerosa popolazione di origine irlandese residente in Inghilterra era sospetta e passibile di detenzione cautelare solo in quanto irlandese. Ciò non vuol dire che si debbano ora ripetere azioni illegali e discutibili contro la comunità islamica, ma dimostra che se si vuole davvero combattere un nemico giudicato molto pericoloso, le possibilità ci sono. Ma oggi sembra che l'unica minaccia che viene presa sul serio dai governi occidentali sia quella dei cambiamenti climatici, un tema su cui si buttano inutilmente ingenti risorse, che sarebbero meglio spese in misure per prevenire il terrorismo islamista.
Quanto poi agli stili di vita, diciamo la verità: sono già cambiati e stanno cambiando. Ormai ci si trova a dover convivere con questi attacchi terroristici e anche l'Italia non può pensare di restarne immune. La gente non ha ancora rinunciato a partecipare alle grandi adunate di massa, ma le vive con paura. Basti pensare ai due casi di questi giorni: il rinvio in Germania del grande concerto Rock Am Ring per una non meglio specificata "minaccia terroristica", con l'evacuazione di migliaia di giovani. Ormai basta poco, una minaccia generica, per far scattare tutte le procedure di sicurezza e relativa fuga della gente.
Molto peggio e drammatico quanto successo ieri sera in piazza a Torino, con decine di migliaia di persone a guardare la finale di Champions League tra Real Madrid e Juventus. Forse è stata l'esplosione di un petardo a innecsare il tutto: fatto sta che la paura di un attentato ha provocato un pericolosissimo fuggi fuggi generale, con un bilancio di 1.400 feriti, una decina dei quali in condizioni gravi.
È il segno che il terrorismo islamista sta ottenendo esattamente quel che vuole - far vivere nella paura per poi piegare la società alla propria volontà - e non saranno certo due parole sdegnate di circostanza a cambiare il corso della storia. È ora di cominciare a guardare la realtà in faccia: rendersi conto che è il terrorismo islamista e più in generale il radicalismo islamico a costituire la vera minaccia globale, non i cambiamenti climatici; smetterla di recitare la storiella dell'islam "religione di pace" tanto per essere politicamente corretti; esercitare un controllo vero sull'immigrazione e fermare in modo deciso quella illegale, che arricchisce anche gruppi terroristici.
E questo solo per cominciare.
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