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« Torna agli articoli di Andrea
« No alla rielezione indefinita del presidente. No alla progressiva trasformazione in uno Stato socialista. No alla sospensione del diritto all’informazione in caso di stato di eccezione». Dopo cinque mesi di polemiche, il Venezuela ha bocciato la riforma costituzionale promossa da Hugo Chavez : il 50,70% ha detto “no” al referendum, contro il 49,29% dei “sì”.
Numeri chiari, nonostante il margine ristretto. Poco dopo l’annuncio dei dati da parte della Commissione nazionale elettorale, Chavez è comparso per confermare i risultati. Con un certo nervosismo, cercando di non abbandonare il sorriso, il leader bolivariano ha detto che non interpreta il voto come una «sconfitta», ma come un nuovo «per ora».
In qualsiasi caso, ha annunciato, «continuiamo la battaglia, costruendo il socialismo».
Ma quella di domenica sera è una chiara sconfitta per Chavez . Di più: è il suo primo fiasco elettorale in oltre nove anni. Fino ad ora, infatti, le urne lo avevano sempre sostenuto.
Leggiamo un articolo scritto qualche giorno prima del referendum.
«IN GALERA LE GERARCHIE CATTOLICHE» di Andrea Tornielli
Caracas. Il presidente venezuelano Hugo Chavez minaccia di
incarcerare i principali rappresentanti della Chiesa venezuelana,
che criticano il suo progetto di riforma costituzionale: le alte
gerarchie cattoliche venezuelane, ha detto Chavez, «sono il demonio
e difendono gli interessi più marci». Il presidente ha anche
ipotizzato per la prima volta di abbandonare la carica di capo dello
Stato a fine mandato qualora il «no» prevalesse nel referendum
costituzionale del prossimo 2 dicembre. «Nel caso perdessimo - ha
dichiarato - dovremmo iniziare a pensare a chi potrà sostituirmi
quando nel 2012 scadrà l'attuale mandato». La riforma costituzionale
sottoposta all'approvazione popolare prevede tra l'altro la
possibilità per i presidenti di restare in carica per un numero
indefinito di mandati. Sulla base della carta fondamentale oggi in
vigore, Chavez sarebbe costretto a lasciare la presidenza al termine
del mandato attuale. Secondo alcuni sondaggi, la maggioranza dei
venezuelani sarebbe contraria alla riforma.
Monsignor Baltazar Porras, attualmente vicepresidente dei vescovi
latino-americani, ha risposto alle nostre domande sul referendum per la
riforma della Costituzione, che si terrà il 2 dicembre, e del clima
sempre più repressivo in cui vive il Paese…
"Chavez vuole pieni poteri e porta il Venezuela a un regime
oppressivo"
Parla Balthazar Porras, vicepresidente dei vescovi
latinoamericani: "Il referendum del 2 dicembre, se approvato,
indebolirà diritti civili e libertà"
«Quello del presidente Chavez rischia di diventare un vero e proprio
regime personalista e repressivo. La popolazione non è più
tutelata». Sono parole dure quelle che pronuncia monsignor Baltazar
Porras, arcivescovo di Merida, capitale dell'omonimo Stato nel nord-
ovest del Venezuela. Il prelato, attualmente vicepresidente dei
vescovi latino-americani, ha parlato con il Giornale del referendum
per la riforma della Costituzione, che si terrà il 2 dicembre, e del
clima sempre più repressivo in cui vive il Paese.
Che cosa pensa della riforma della Carta costituzionale che Chavez
intende fare?
«Ciò che sarà sottoposto a referendum non è una revisione della
Costituzione, ma una nuova Costituzione che di fatto conferisce
praticamente tutti i pieni poteri al presidente e al governo,
espropriando, nonostante le apparenze, gli spazi di partecipazione
del popolo. E le proposte possono essere accettate o respinte solo
in blocco, impedendo così qualsiasi opportuno discernimento tra i
vari articoli».
Perché la Chiesa definisce «moralmente inaccettabile» la riforma?
«Di fatto affievolisce la tutela dei diritti umani, aumentando la
discrezionalità incontrastata del governo; votare 60 articoli
raggruppati in due blocchi impedisce ogni scelta selettiva limitando
di fatto la libertà di espressione della volontà popolare, e inoltre
la campagna elettorale è fortemente manipolata».
Faccia degli esempi.
«La riforma indebolisce i diritti civili, perché limita le libertà e
aumenta la discrezionalità del potere: chi non è socialista e
bolivariano non è un buon venezuelano, e quindi può essere
perseguito. Inoltre l'esperienza comunista castrista è estranea alla
nostra cultura, perciò nessuno si augura avventure di questo genere;
le posizioni che si richiamano a Che Guevara sono percepite come
violenza e ingiustizia».
Qual è lo stato dell'informazione in Venezuela?
«Ogni giorno cresce il numero dei mass media direttamente finanziati
dal governo o appartenenti a suoi sostenitori. Le informazioni sono
sempre più a senso unico e i media liberi sono sottoposti a
limitazioni e pressioni, ad esempio per ottenere il cambio dei
dollari necessari per l'acquisto della carta o del materiale
televisivo, comprato all'estero. Per non parlare delle pubblicità
propagandistiche del governo che tutti i mezzi d'informazione sono
obbligati a pubblicare gratuitamente. I media liberi rischiano e
così spesso scatta l'autocensura».
Eppure si vedono di continuo manifestazioni popolari di sostegno a
Chavez…
«Lei deve sapere che la partecipazione alle manifestazioni promosse
dal governo è obbligatoria per tutti i dipendenti pubblici, che
altrimenti rischiano il posto di lavoro. Se invece partecipano,
viene loro assicurato il mezzo di trasporto, il cestino con il pasto
e perfino un indennizzo economico. Ecco perché si vede così tanta
gente in camicia rossa, come è accaduto di recente anche alla Coppa
America».
Cresce il numero delle violenze e delle uccisioni. Perché?
«Purtroppo ci sono troppe persone armate e la polizia talvolta
garantisce loro l'immunità. Ogni manifestazione pacifica, a causa di
questi elementi infiltrati, viene usata per giustificare la
repressione governativa. I morti assassinati sono circa 200 ogni
settimana, senza contare la cattura di ostaggi, le intimidazioni,
tutto nella connivente indifferenza del potere».
Come giudica quanto è avvenuto nei giorni scorsi a Santiago del
Cile, quando Chavez ha definito ripetutamente l'ex premier spagnolo
Aznar «un fascista», suscitando la reazione di re Juan Carlos?
«La forma in cui Chavez si è espresso, così autoritaria e
autocratica, ha reso evidente al mondo la crescente intolleranza che
noi venezuelani dobbiamo soffrire ogni giorno».
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