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C’è un sistema perfetto per annientare i cristiani e gli ebrei, senza lasciarne più traccia. Antico quanto basta per affermare che si tratta del metodo di sterminio più efficace, duraturo e sperimentato della storia. Quel meccanismo complesso si mette in moto gradualmente, a mano a mano che si applicano i princìpi della sharia, la legge coranica, e poco a poco soffoca le comunità non islamiche, riducendone inesorabilmente le dimensioni fino al nulla.
Si deve all’opera di Bat Ye’or, di cui esce ora in traduzione italiana un testo edito in francese nel 1991, Il declino della Cristianità sotto l’Islam. Dal jihad alla dhimmitudine (Lindau, pp. 576, euro 32), la descrizione storico-giuridica finora più accurata del processo di islamizzazione delle terre conquistate attraverso il jihad, la guerra santa.
Battaglie e imprese militari delle armate di Maometto e dei califfi suoi successori sono soltanto la premessa per dar vita a un’amministrazione in grado di mettere in ombra qualsiasi potenza colonizzatrice occidentale moderna.
PULIZIA ETNICA
Tutto ruota intorno al termine dhimmitudine, all’incirca traducibile con “apartheid” se quest’ultimo istituto giuridico non fosse che una pallida imitazione sudafricana della colossale operazione di pulizia etnica messa a punto dopo le invasioni dei musulmani nel Medio Oriente, in Africa, in Spagna e in Sicilia.
Dhimmi, letteralmente, significa “protetti”. Nella sostanza, indica le minoranze non islamiche appartenenti alle religioni del Libro, cioè i cristiani e gli ebrei, ai quali immediatamente dopo la loro sconfitta si applica un trattamento da cittadini di serie B.
Si inizia con un’imposizione fiscale discriminatoria che culmina nella jizya, un testatico dovuto dalla comunità degli “infedeli” ai nuovi dominatori. Sono questi ultimi a stabilire l’entità della somma, che rimane tale anche quando la popolazione assoggettata diminuisce numericamente. Così chi rimarrà fedele alla propria religione fatalmente vedrà aumentare la propria quota parte del tributo globale, fino a non poterne più sostenere l’onere. Anche per una ragione di mero calcolo economico, conviene convertirsi all’islam.
I musulmani, infatti, pagano individualmente la zakat, la tassa per il culto. Sono considerati cittadini di serie A. Ai dhimmi non è concessa nemmeno la proprietà fondiaria, ma soltanto la conservazione del possesso della terra, percepirne l’usufrutto ed ereditarla. Ma devono pagare il kharaj, l’imposta fondiaria. Perciò, quelli che un tempo erano imprenditori agricoli, si trasformano improvvisamente in lavoratori dipendenti, ai quali spetta mantenere le truppe d’invasione e rifornire le popolazioni arabe immigrate di cibo, vestiario e manufatti.
Il secondo ingranaggio, che scatta contemporaneamente, è la proibizione dell’apostasia. Si può abbandonare qualsiasi altra religione per convertirsi all’islam, ma il percorso inverso implica la morte. Ugualmente, a un “infedele” non è consentito contrarre matrimonio con una donna musulmana. Ovviamente, un musulmano può tranquillamente sposare (anzi è caldamente invitato a farlo) una donna di altra religione, poiché i figli saranno educati nella religione del padre, l’islam.
Va da sé che la manovra a tenaglia, così congegnata, ottiene lo scopo prefisso, cioè la scomparsa di tutto quanto testimonia l’esistenza di civiltà precedenti. Tutto dipende dall’intensità con cui si decide di azionare la leva del razzismo radicale. Ondate persecutorie, saccheggi sistematici e conversioni forzate si alternano con manifestazioni di tolleranza più o meno durature, sempre intese però a mantenere in vita le galline dalle uova d’oro, le comunità sottomesse che garantiscono il mantenimento gratuito ai dominatori musulmani, che a lavorare non ci pensano nemmeno.
LAVORI FORZATI
Perciò l’autrice, a cui si deve anche il termine “Eurabia”, descrive le dinamiche per le quali, quando abbisognava «l’esperienza dei cristiani in fatto di edilizia, arboricoltura e irrigazione - arti in cui i musulmani non eccellevano di certo, e che peraltro non praticavano - era opportuno farli insediare fra gli islamici per favorire lo sviluppo di quella città e indebolire gli infedeli». Un concetto di flessibilità, mobilità e delocalizzazione moderno, tanto quanto quello dei campi di lavoro organizzati dai nazionalsocialisti tedeschi e poi presi come esempio da comunisti russi e cinesi.
Senza l’opera di Bat Ye’or, che non fornisce soltanto un elenco freddo di date e avvenimenti, ma anche la cornice al cui interno si situano, molti episodi potrebbero apparire indipendenti. La realtà della dhimmitudine, al contrario, è il filo rosso, o meglio verde, che li collega, fino all’epoca contemporanea e ora minaccia l’Occidente dai ghetti dell’immigrazione musulmana. Le varie Dichiarazioni dei Diritti del Musulmano, scritte dai Paesi arabi in alternativa alla Carta dei Diritti dell’uomo approvata a Helsinki nel 1948, risalgono alla cultura della sharia tanto quanto la falsa tolleranza esercitata da 1.400 anni a questa parte dai governanti islamici.
Bat Ye'or, Il declino della cristianità sotto l’Islam. Dal jihad alla dhimmitudine, Ed. Lindau 2009, pp. 576, euro 32
Sconto su: http://www.theseuslibri.it
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