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« Torna agli articoli di Antonio Socci
Chissà se Corrado Augias e Vito Mancuso, che su "Repubblica" denunciano l'"operazione anestesia" della Chiesa sul cardinal Martini (specie sul "modo in cui Martini ha chiesto di morire", dice Augias), saranno sobbalzati ieri, al titolo di "Avvenire" che recitava "Accudimento non 'accanimento'".
Il direttore del giornale della Cei, Tarquinio – senza nominare Martini – negava che l'applicazione del sondino gastrico in caso di grave malattia incurabile sia "accanimento terapeutico" e negava che si tratti di cure "sproporzionate rispetto ai risultati attesi".
Aggiungeva: "so bene che qualcuno considera 'accanimento' dare da mangiare e da bere con un sondino a chi ne ha bisogno (e può ricevere utilmente cibo e acqua), ma non può provvedere da solo", ma "io sono tra coloro che giudicano questo gesto di cura e di amore del nutrire e idratare semplicemente l'esercizio di un assoluto dovere di umanità e di solidarietà".
Era la risposta a un lettore con moglie malata di Alzheimer, quindi non un commento sul caso del cardinale, ma quelle parole ora potrebbero essere lette in riferimento alla sua vicenda che ha fatto tanto clamore.
Infatti il medico che curava Martini, dopo la morte ha subito spiegato che egli, affetto da Parkinson, da questa estate "non è più stato in grado di deglutire nulla" e "non ha voluto alcun altro ausilio: né la Peg, il tubicino per l'alimentazione artificiale... né il sondino naso-gastrico. E' rimasto lucido fino alle ultime ore e ha rifiutato tutto ciò che ritiene accanimento terapeutico".
Dunque è accanimento o accudimento?
Non c'è solo questa diatriba sull'alimentazione e idratazione. Mancuso denuncia l'"operazione-anestesia" che la Chiesa starebbe facendo su tutta la figura di Martini: "A partire dall'omelia di Scola per il funerale, sulla stampa cattolica ufficiale si sono susseguiti una serie di interventi la cui unica finalità è stata svigorire il contenuto destabilizzante delle analisi martiniane per il sistema di potere della Chiesa attuale".
Dunque un "figlio spirituale" del cardinale, come Mancuso, lo elogia per il "contenuto destabilizzante" dei suoi pronunciamenti e protesta perché la Chiesa, sottolineando la fede cattolica di Martini, li starebbe anestetizzando.
Come stanno le cose?
In effetti, visto il coro scatenato dalla stampa laica per celebrare il prelato in chiave polemica, la Chiesa ha cercato di valorizzare Martini per le cose buone, ma – come ogni madre farebbe con un proprio figlio – ha steso un pietoso velo sui pronunciamenti più "destabilizzanti".
Tuttavia – sommessamente – ha messo pure dei punti fermi. Per esempio su "Avvenire" del 1° settembre è uscita un'intervista al cardinale Ruini dove la giornalista, Marina Corradi notava che su temi come fecondazione artificiale o unioni omosessuali "Martini sembrava più aperto alle ragioni di certa cultura laica" e "ha espresso pubblicamente posizioni chiaramente lontane da quelle della Cei".
Il Cardinal Ruini ha risposto: "Non lo nego, come non nascondo che resto intimamente convinto della fondatezza delle posizioni della Cei, che sono anche quelle del magistero pontificio e hanno una profonda radice antropologica".
Poche parole, ma pesanti e significative. Ricordano che nella Chiesa va seguito e ubbidito il magistero pontificio, non questo o quel vescovo che dice cose diverse.
Nel resto dell'intervista Ruini ha elogiato l'arcivescovo defunto per altre cose e ha sottolineato che dentro la Cei "non sono mai emerse divergenze profonde", concludendo che "Martini è stato un grande figlio della Chiesa; cercare di giocare la sua eredità contro di essa sarebbe un'operazione assai misera".
Come si vede c'è stato quell'atteggiamento di grande pietà e di amore che la Chiesa ha verso tutti, tanto più verso un suo alto ecclesiastico che ha dedicato la vita a Gesù Cristo, pur dicendo talora (anche) cose discutibili o controverse.
Per esempio l'ultima intervista di Martini, uscita postuma, come testamento spirituale, è stata lanciata dal "Corriere della sera" con questo titolo "Chiesa indietro di 200 anni". Erano parole del prelato.
Il vaticanista Sandro Magister ha notato che "le alte gerarchie della Chiesa l'hanno passata sotto silenzio".
A me questo silenzio pare un gran gesto di carità. Infatti è imbarazzante che un cardinale di Santa Romana Chiesa decida di congedarsi dal mondo con quello che forse nelle sue intenzioni era un grido di dolore sulla Chiesa, ma che ai più è sembrato in realtà un atto d'accusa.
Dove Martini sale in cattedra e prescrive a tutti, a partire dal Papa, cosa devono fare: "la Chiesa deve riconoscere i propri errori e deve percorrere un cammino radicale di cambiamento, cominciando dal Papa e dai vescovi".
Così oltretutto misconosce la straordinaria opera di purificazione della Chiesa che Benedetto XVI con immenso coraggio ha intrapreso fin da quando era cardinale.
Martini – oltreché cardinale – era anche gesuita e il connotato specifico dei gesuiti è proprio il voto di obbedienza al Papa, a difesa di Pietro e della Chiesa. Ma questa difesa non si è vista molto.
S. Ignazio di Loyola, fondatore dei gesuiti, nei suoi famosi "Esercizi spirituali", prescrive loro, per "avere l'autentico sentire della Chiesa militante", queste regole: "Deposto ogni giudizio, dobbiamo tenere l'animo disposto e pronto per obbedire in tutto alla vera sposa di Cristo nostro Signore che è la nostra santa madre Chiesa gerarchica. Lodare finalmente tutti i precetti della Chiesa, tenendo l'animo pronto a cercare ragioni in sua difesa e in nessuna maniera in sua offesa".
E ancora: "Dobbiamo essere più pronti ad approvare e lodare tanto le disposizioni e raccomandazioni quanto i comportamenti dei nostri superiori".
Ognuno può vedere cosa rimane di queste regole... Del resto, quando Martini denuncia che "la Chiesa è indietro di 200 anni", pretendendo che si adegui ai tempi e si omologhi al mondo, dimentica che compito della Chiesa è guardare indietro di duemila anni, convertendosi continuamente non alle mode mondane, ma alla Verità fatta carne. Venuta nel mondo duemila anni fa.
Diceva un grande convertito, Gilbert K. Chesterton: "Non abbiamo bisogno, come dicono i giornali, di una Chiesa che si muova col mondo. Abbiamo bisogno di una Chiesa che muova il mondo".
Infatti quelle confessioni protestanti europee che sono andate dietro al mondo (con tutte le sue fissazioni: dal sacerdozio femminile al matrimonio dei preti) sono diventate irrilevanti o si estinguono.
C'è pure un "dettaglio" dottrinale che ha fatto discutere. Martini, nell'intervista-testamento, sostiene che "tutte le regole esterne, le leggi, i dogmi ci sono dati per chiarire la voce interna e per il discernimento degli spiriti".
Giudizio che il professor De Marco definisce "equivoco" perché "un formula del genere" oggi ha "una recezione soggettivistica: il dogma (quello trinitario, ad esempio) sarebbe dato per 'chiarire' la voce della coscienza individuale".
Questa approssimazione equivoca galvanizza Mancuso fino a fargli scrivere che tale "centralità della coscienza personale" sulla Chiesa e sui dogmi corrisponderebbe all' "insegnamento del Vaticano II (vedi Gaudium et spes 16-17)".
Ma quei passi della Gaudium et spes dicono cose ben diverse e – ad esempio – sottolineano l'esistenza di "norme oggettive della moralità" e il problema della "coscienza erronea".
Sulle pagine dei giornali la teologia lascia il posto alle chiacchiere da salotto giornalistico. Che alimentano divisioni, mentre Benedetto XVI fa un titanico sforzo per evitare alla Chiesa lacerazioni, conflitti e (in certi casi europei) perfino rischi di scismi.
I salotti non capiscono la carità del Papa: "La carità è paziente, è benigna la carità... non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta" (1Cor 13).
Nota di BastaBugie: Vale la pena ricordare che la Congregazione per la dottrina della fede ha messo un punto fermo, sul controverso tema del "fine vita", in particolare sulla necessità o meno di alimentare e idratare pazienti in stato vegetativo. La Congregazione era stata chiamata a esprimere il suo parere da due quesiti, sollevati dai vescovi americani dopo il caso di Terri Schiavo, nel 2005. Ecco il testo ufficiale dei due quesiti.
PRIMO QUESITO: È moralmente obbligatoria la somministrazione di cibo e acqua (per vie naturali oppure artificiali) al paziente in "stato vegetativo", a meno che questi alimenti non possano essere assimilati dal corpo del paziente oppure non gli possano essere somministrati senza causare un rilevante disagio fisico?
RISPOSTA: Sì. La somministrazione di cibo e acqua, anche per vie artificiali, è in linea di principio un mezzo ordinario e proporzionato di conservazione della vita. Essa è quindi obbligatoria, nella misura in cui e fino a quando dimostra di raggiungere la sua finalità propria, che consiste nel procurare l'idratazione e il nutrimento del paziente. In tal modo si evitano le sofferenze e la morte dovute alla mancanza di alimentazione e alla disidratazione.
SECONDO QUESITO: Se il nutrimento e l'idratazione vengono forniti per vie artificiali a un paziente in "stato vegetativo permanente", possono essere interrotti quando medici competenti giudicano con certezza morale che il paziente non recupererà mai la coscienza?
RISPOSTA: No. Un paziente in "stato vegetativo permanente" è una persona, con la sua dignità umana fondamentale, alla quale sono perciò dovute le cure ordinarie e proporzionate, che comprendono, in linea di principio, la somministrazione di acqua e cibo, anche per vie artificiali.
Il Sommo Pontefice Benedetto XVI ha approvato le presenti Risposte e ne ha ordinato la pubblicazione il 1° agosto 2007.
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