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Le morti legate al clima sono diminuite del 99% negli ultimi cento anni; diminuiti pure gli incendi e uragani causati dal clima. Ma il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, nel suo discorso di apertura al Climate Ambition Summit di New York, un evento di due giorni a cui hanno partecipato le élite mondiali, ha dichiarato che «l'umanità ha aperto le porte dell'inferno».
Scienziati allarmisti hanno fatto previsioni climatiche catastrofiche che negli ultimi decenni, su modelli imprecisi e politicamente indirizzati del Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (Ipcc), facente capo all'Onu, sono state costantemente smentite. Tuttavia, invece di aprirsi al confronto scientifico con più di 1600 scienziati, di cui due premi Nobel, che negano l'allarmismo climatico e denunciano la palese politicizzazione e il prossimo impoverimento di miliardi di persone causato dalle speculazioni che lobby e plutocrati stanno facendo sul clima, Guterres ha detto che «il caldo orrendo sta avendo effetti terribili. Agricoltori sconvolti che vedono i raccolti portati via dalle inondazioni, temperature soffocanti che generano malattie e migliaia di persone che fuggono spaventate dall'infuriare di incendi storici», attribuendo la colpa ai combustibili fossili.
Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, non è stato da meno, chiedendo un aumento degli investimenti pubblici e privati in soluzioni energetiche verdi per contribuire a «rendere il mondo a prova di clima», aggiungendo che la sua amministrazione «ha trattato questa crisi come una minaccia esistenziale dal momento in cui ci siamo insediati, non solo per noi ma per tutta l'umanità». Al summit era invitata anche Jacinda Ardern, per la quale, ora che si è convertita alla cultura woke e globalista, la libera discussione nelle reti è diventata la peggiore minaccia per la lotta ai cambiamenti climatici e, di conseguenza, il maggior pericolo per l'establishment internazionale che aspira a governarci. La Ardern ha sottolineato che la libertà di parola è un'arma da guerra virtuale e «non possiamo permettere che la libertà di parola ostacoli la lotta contro "minacce" come il cambiamento climatico». Non si può vincere la guerra al cambiamento climatico se la gente non crede alla versione apocalittica del problema: l'unica soluzione è mettere a tacere chi ha obiezioni o argomenti scientifici contrari.
IL PROFESSOR JOHN CLAUSER
È stato così, infatti, per il premio Nobel 2022 per la Fisica, il professor John Clauser, a cui è stato ritirato l'invito al seminario del Fondo Monetario Internazionale sui cambiamenti climatici, per le sue posizioni scientificamente fondate e perciò scettiche sul catastrofismo della propaganda occidentale. Della libertà di parola, della libertà di ricerca e del confronto scientifico l'Onu e il suo segretario generale paiono non preoccuparsi troppo; del resto, la stessa censura ferrea aveva colpito centinaia di milioni di persone durante i lockdown e le restrizioni giustificate con il pretesto del Covid.
Però è necessario segnalare un salto di qualità nelle bugie propagandate nelle ultime settimane dai mass media mondiali, inclusi quelli pubblici e privati italiani. Tre fatti emblematici di una propaganda sempre costretta a mentire.
Primo: il tasso di incendi boschivi è diminuito dal 2001 in tutto il mondo. La narrazione sugli incendi disastrosi dovuti ai cambiamenti climatici, mentre erano causati principalmente da delinquenti incendiari o dall'incuria, ci è stata data come quotidiano companatico per tutti i mesi estivi, dagli incendi in Canada ai fumi che invadevano le città americane. Nelle scorse settimane, a tale proposito, sia Biden che Trudeau non avevano perso tempo nell'invitare i cittadini a riflettere sugli «impatti del cambiamento climatico» e a denunciare come «anno dopo anno, con il cambiamento climatico, assistiamo a incendi selvaggi sempre più intensi». Tutto ciò che ci hanno detto è palesemente falso. In realtà, i dati raccolti dal Wall Street Journal dimostrano che gli incendi delle foreste avvengono ad un ritmo sempre più basso e con minori estensioni negli ultimi decenni.
GLI URAGANI SONO MENO FREQUENTI, NONOSTANTE GRETA THUNBERG
Secondo: gli uragani stanno diventando sempre meno frequenti. Tutti ricordiamo i preparativi per l'avvento degli uragani estivi in Florida e le critiche di noncuranza e scetticismo climatico verso il governatore Ron DeSantis, un repubblicano impegnato anche nelle primarie del suo partito. Le accuse pubblicate dal New York Times, poi amplificate a dismisura, rimproveravano al governatore della Florida di non credere agli «scienziati che affermano che gli uragani che colpiscono il suo Stato sono intensificati dal riscaldamento globale causato dall'uomo». Ovviamente chi fossero questi scienziati interpellati dal New York Times non è dato sapere. Al contrario, il numero di uragani in Florida e complessivamente nel mondo, lo dimostrano i dati esposti al seminario internazionale tenutosi a Glasgow l'inverno scorso, è diminuito significativamente nell'ultimo secolo.
Che ne è però delle decine di migliaia di morti causati dai cambiamenti climatici? Anche questa narrazione, così in voga tra i protagonisti della novella, siano essi grandi ufficiali del Palazzo di Vetro o burocrati occupanti il Palazzo Berlaymont (sede della Commissione europea) o inquilini temporanei del Vaticano, è falsa.
Terzo. Nonostante l'oracolo dei cambiamenti climatici e della "Madre Terra", l'attivista Greta Thunberg, avesse twittato nel 2018, poi cancellato maldestramente quest'anno, che «il cambiamento climatico spazzerà via l'intera umanità» entro i prossimi cinque anni (dunque, entro il 2023), nell'anno in corso non si ha notizia dell'ecatombe globale tanto minacciata. Anzi, il dato più importante da tenere a mente è questo: le morti legate al clima sono diminuite del 99% in tutto il mondo negli ultimi cento anni, grazie alla diffusione dei combustibili fossili, della libertà del mercato e d'impresa e della genialità innovativa umana. Tre fatti emblematici su cui anche all'Onu dovrebbero riflettere.
Nota di BastaBugie: Eugenio Capozzi nell'articolo seguente dal titolo "Laudate Deum o laudate Gaia? La resa della Chiesa ai verdi" spiega perché la Chiesa ha imboccato la pericolosa strada verso l'ideologia ecologista. Una strada che può portare a conseguenze devastanti sulla stessa ragion d'essere della Chiesa.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 10 ottobre 2023:
L'esortazione apostolica Laudate Deum, dedicata alla "crisi climatica", con la quale significativamente papa Francesco ha voluto aprire il "Sinodo sulla sinodalità" di Roma, non si limita a inserirsi nella già consolidata scia dell'ubriacatura della Chiesa cattolica per l'ideologia ambientalista millenarista e i suoi dogmi sul "cambiamento climatico" antropocentrico, ma rappresenta lo spartiacque attraverso il quale il cattolicesimo viene trascinato in un territorio che con l'umanesimo cristiano è di fatto incompatibile, estremizzando una tendenza già manifestatasi con l'enciclica Laudato sì e in molti altri pronunciamenti pontifici.
Si tratta di un documento molto pericoloso, sia nel metodo che nel merito delle sue argomentazioni. Per quanto riguarda il primo aspetto, esso concentra la sua attenzione su temi esclusivamente politici, economici e scientifico-tecnologici, invocando il perseguimento di un obiettivo pratico e specifico, e dando così l'impressione di mettere da parte quello che sarebbe il compito fondamentale della Chiesa: la predicazione del kérigma, del messaggio di salvezza per tutti gli uomini che guarda alla vita sub specie aeternitatis e trascende ogni singolo tema del dibattito pubblico nella dimensione della storia, pur non disinteressandosi certo a esso.
Inoltre, nell'allocuzione il pontefice pretende di presentare argomentazioni irrefutabili in campo scientifico e tecnico senza averne alcuna autorità, e citando a supporto di esse fonti dichiarate affidabili su una base del tutto acritica, come quelle degli scienziati facenti capo al panel Ipcc dell'Onu (la cui stessa esistenza dipende da un'assunzione politica, quella dell'emergenza climatica, e non da un libero percorso di ricerca della verità), mentre ne rifiuta altrettanto aprioristicamente e acriticamente altre, cioè tutte quelle critiche rispetto alla tesi del cambiamento climatico di origine antropica.
Per quanto riguarda poi il merito, la Laudate Deum presenta una imbarazzante serie di asserzioni una più infondata e contraddittoria dell'altra. Si dichiara innanzitutto come fosse un dato acclarato, senza sentire il bisogno di citare alcuna fonte a supporto, che "il mondo che ci accoglie si sta sgretolando e forse si sta avvicinando a un punto di rottura", e che il cambiamento climatico produrrà un impatto sociale ed economico drammatico in tutto il mondo, i cui segni "sono lì, sempre più evidenti", fondandosi su una constatazione empirica che si considera automaticamente e universalmente condivisa, e mettendo nello stesso fascio il fantomatico cambiamento climatico con i ben più concreti e reali problemi legati all'inquinamento.
Si cerca poi di confutare i critici della teoria del cambiamento climatico antropico affermando che la stragrande maggioranza degli scienziati lo sostiene: dato assolutamente inventato, ricavato come è noto da una interpretazione statistica errata di un saggio di un decennio fa; e che comunque, quand'anche fosse vero, non dimostrerebbe certo che la maggioranza ha ragione, ma imporrebbe semmai una disamina attenta delle tesi degli uni e degli altri.
Si sostiene, ancora, che la differenza tra le oscillazioni della temperatura globale succedutesi in altre epoche e il processo oggi supposto in atto consisterebbe nella molto maggiore velocità di quest'ultimo: affermazione smentita dalle rilevazioni degli ultimi decenni, che hanno visto alternarsi periodi di crescita della temperatura ad altri di stasi, e dalla storia che presenta negli ultimi secoli periodi di variazioni termiche anche più repentine.
Infine e soprattutto, sulla base di queste affermazioni apodittiche ed errate, si chiede, in occasione della prossima COP28 di Dubai, che vengano istituite "forme vincolanti di transizione energetica che abbiano tre caratteristiche: che siano efficienti, che siano vincolanti e facilmente monitorabili". Si invoca, cioè, un accentramento delle decisioni politiche a livello sovranazionale che imponga una drastica accelerazione nei provvedimenti volti a ridurre le emissioni di anidride carbonica, nella convinzione che essi produrranno una diminuzione anche parziale della temperatura globale, e norme rigide che scavalchino i processi democratici di decisione stabiliti nelle singole nazioni in nome di un "supergoverno" globale su basi scientifiche e tecniche. Richiesta che è esattamente l'opposto della prevalenza dell'uomo sulla tecnocrazia che si dichiara essere il principio fondamentale di ispirazione della visione politica alla base dell'esortazione. Ed è in flagrante contraddizione con il multilateralismo che, in presenza di un mondo strutturalmente multipolare, si indica qualche pagina prima come necessaria stella polare delle relazioni internazionali.
In tale prospettiva, il papa arriva persino a giustificare gli atti provocatori dei movimenti ambientalisti radicali, in quanto essi "occupano un vuoto della società nel suo complesso, che dovrebbe esercitare una sana pressione, perché spetta ad ogni famiglia pensare che è in gioco il futuro dei propri figli"; dunque come modo, in mancanza di azioni efficaci dei governi, per risvegliare le opinioni pubbliche e le classi politiche.
Siamo di fronte, evidentemente, a una distorsione profonda di quella che dovrebbe essere la visione del mondo e dei problemi sociali e politici proposta dalla Chiesa cattolica, a partire dalla formulazione della sua dottrina sociale.
Di fronte alla secolarizzazione e al relativismo radicale dilaganti in tutto l'Occidente, che fino a qualche secolo o a qualche decennio fa era ancora la "cristianità", la Chiesa di papa Bergoglio sceglie non di cementare e ravvivare il proprio fondamento trascendente, ma al contrario di votarsi a un'idea puramente immanente di salvezza, trasformando la dottrina della cura per il Creato nell'adesione passiva a una delle più autoritarie ideologie nate dal relativismo secolare: quell'ambientalismo apocalittico e millenaristico che imputa all'egoismo e all'avidità dell'uomo una trasformazione catastrofica della natura che porterà alla propria estinzione, ed esige da lui di riparare a questo "peccato" attraverso espiazione e mortificazione nel suo stile di vita.
Dopo le seduzioni della "teologia della liberazione" negli scorsi decenni, per fortuna contenute e respinte sotto i pontificati di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, il cattolicesimo è piombato insomma, con l'ecologismo cieco ed estremista della Laudate Deum, in una vera e propria "teologia delle emissioni". Una strada che, se ancora perseguita senza correzioni, può portare a conseguenze devastanti sulla stessa ragion d'essere della Chiesa.
VIDEO: NO, NON CE LA BEVIAMO
Nel seguente video dal titolo "Ebollizione globale?" (durata: 16 minuti) Maurizio Milano si chiede se il mondo stia forse per finire, come sembrerebbe paventare la visione apocalittica portata avanti da Onu, Amministrazione Biden, Commissione Europea, World Economic Forum e movimenti ecologisti. La risposta è "No, non ce la beviamo". Il cattolico non si inginocchia di fronte alla dea Gaia, beffardo idolo neopagano dell'ideologia climatista, funzionale all'attuazione di un Reset completo del sistema economico, sociale e politico, nella prospettiva di una governance globale che mira a un socialismo verde. La vera ecologia dev'essere integrale, a partire dal rispetto per la natura umana, la vita, la famiglia. Partendo dal bene possibile e secondo una logica sussidiaria.
https://www.youtube.com/watch?v=ksyPfsH6XGc
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