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« Torna agli articoli di Caelsius Mars
Oggi la stampa nazionale rileva il dato del Rapporto sulle entrate tributarie della Ragioneria e del Dipartimento delle Finanze del ministero dell'Economia, secondo il quale le entrate tributarie dei primi 4 mesi del 2012 risultano inferiori di 3.477 milioni di euro rispetto alle previsioni annuali contenute nel Def, il Documento di Economia e Finanza. La differenza è del 2,9%. Infatti, il rapporto della Rgs evidenzia il fatto che "rispetto alle previsioni del periodo gennaio-aprile 2012 il gettito accusa un differenziale di -3.477 milioni di euro (pari a -2,9%). A tale scostamento contribuiscono le entrate del bilancio dello Stato per -3.140 milioni di euro (-2,7%) ed in particolare il gettito Iva che riflette fattori di natura congiunturale. In flessione anche i ruoli per -93 milioni di euro (-4,5%), le poste correttive per -160 milioni di euro (-2,2%) e le entrate tributarie degli enti territoriali per -84 milioni di euro (-1,2%)".
"Carta canta. Come volevasi dimostrare, più si aumentano le tasse, più diminuisce il reddito disponibile di famiglie e imprese, più si riduce il gettito per lo Stato. Verità banale, ma assolutamente attuale". Lo dice l'esponente del Pdl Renato Brunetta. "Certamente – aggiunge – il fenomeno è complesso e risente dell'andamento della congiuntura, ma la caduta di gettito (ricordiamo: -2,9%, ndr) nel primo quadrimestre 2012 è di gran lunga maggiore rispetto alla flessione del reddito (-1%) nello stesso periodo temporale. Questo vuol dire che il Paese non aveva bisogno nè di incremento della pressione fiscale nè di fisco spettacolo. E che la risposta dell'economia alla cura Monti è negativa. Il governo dovrebbe cominciare a riflettere, (oltre che a far meglio i conti, ndr)." In svariati post sull'argomento, nel nostro piccolo da sempre avevamo segnalato questo assurdo orientamento di Monti a tassare soltanto e ci chiediamo come faccia un docente di economia a non conoscere le curve di elasticità secondo le quali se di un prodotto si aumenta il prezzo di vendita, sino ad un certo limite si guadagna di più, dopo di che, superato il break-even point il crollo delle vendite fa drasticamente diminuire i ricavi, cosa ovviamente che vale pure per le tasse.
Al di là di certi limiti delle aliquote i consumi si contraggono, la produzione industriale e di servizi crolla e con esse il gettito fiscale. Glielo abbiamo detto tante volte al prof che era illusorio tentare di risanare il Paese con le tasse, ma lui niente, ha continuato a fare lo sceriffo di Sherwood. Quindi dobbiamo essere grati al prof non solo per le misure recessive che ha imposto al Paese facendolo passare da uno stato di difficoltà ad uno di crisi profondissima senza che si intravedano vie d'uscita, ma anche del fatto che le entrate dello Stato siano diminuite nonostante i salassi che ha imposto ad imprese e famiglie, ma non alle banche. Si conferma in tutta la sua evidenza l'inutilità dei sacrifici fatti e che dovremo fare. Il prof ed i suoi inutili compagni di governo non sanno veramente cosa fare, vanno avanti a casaccio, senza una strategia, senza uno straccio di piano di sviluppo in mente. Nessuna idea, eppure gliene abbiamo offerte tante, alcune a costo zero. Manco queste ha considerato. Una sarebbe quella di destinare tre punti dell'Iva alle famiglie ridistribuendo una ventina di miliardi di euro che sarebbero ossigeno per la ripresa dei consumi, e quindi di una domanda interna che sta ai minimi storici. Passera si premura di dirci che ci sono 28 milioni di italiani poveri. Grazie della notizia, comunque sono 32 milioni i poveri a voler sottilizzare, ed una misura come questa consentirebbe di alleviare da subito le sofferenze di un'ampia fascia della popolazione.
Un'altra è quella di ridurre al 10% le contribuzioni per i giovani assunti, anziché elevare alle stelle i costi dei contratti a termine, misura di nessuna efficacia e che invece di trasformare i precari in lavoratori a tempo indeterminato li ha convertiti in disoccupati senza prospettive. Grazie all'azione di questo governo negli ultimi mesi oltre 200.000 giovani under 30 hanno perso un posto di lavoro che avevano faticosamente trovato: un vero dramma esistenziale. Questi nuovi disoccupati hanno smesso di versare contributi sociali e irpef, per cui loro sono nel dramma e lo stato ci rimette, anche per questo il gettiti diminuisce. Basterebbe solo saper fare somme e moltiplicazioni per accorgersi che riducendo al 10%, o giù di lì, i costi di questi giovani per i datori di lavoro, perché l'intervento a loro favore si ripaghi nel giro di due soli anni, incrementando poi il gettito fiscale complessivo, oltreché creare i presupposti per ulteriori opportunità di lavoro. E poi il governo dovrebbe fare in modo che la PA paghi le imprese, no che si varano quattro decreti che seppelliscono sotto una montagna di burocrazia la possibilità di procedere sul serio ad eliminare l'insolvenza dello Stato. In ambito europeo, invece di allearsi con Hollande per destinare alle banche i fondi dell' EMS-salvastati Monti dovrebbe assumere l'iniziativa per non far considerare nel computo del deficit degli stati le risorse destinate a spese produttive, in modo da poter avviare una fase di rilancio e sviluppo in tutta Europa. Ed invece di piangere su uno spread che cresce perché è lui a non essere credibile, non il Paese, proponesse con forza di creare un monte europeo comune in cui far confluire tutti i debiti oltre il 60% del Pil, da far ripagare col concorso di tutti i paesi dell'Eurozone nel corso di 15-20 anni. Sono misure dettate dal buon senso e di cui tutti beneficerebbero, perché a quel punto si ripartirebbe da zero, tutti i Paesi tornerebbero improvvisamente ad essere virtuosi, l'euro e le economie dell'area si rafforzerebbero ed allora anche la Germania si convincerebbe a consentire alla Bce di stampare moneta ergendosi a banca prestatrice di ultima istanza e ad introdurre gli eurobonds. Per il rilancio, invece di dare ascolto ai suoi sprovveduti compagni di merende, basterebbe che Monti traesse i dovuti insegnamenti che la gente dell'Emilia gli sta impartendo giorno dopo giorno. Scoraggiati neanche da un tragico gioco dell'oca, per cui appena sembra di potersi rimettere in moto ecco un nuovo terremoto che ti fa tornare alla casella di partenza, ed è già tre volte che succede, i terremotati non si piangono addosso, non recriminano, non pietiscono aiuti. Non hanno chiesto soldi, né particolari provvedimenti, al di là della possibilità di foraggiare il bestiame e di poter irrigare i campi. Non hanno neanche chiesto che li si aiuti a ricostruire le case, ma solo di poter ricominciare a lavorare, senza essere intralciati da leggi e leggine, da cumuli burocratici che sarebbero loro a seppellire definitivamente Mirandola e S. Felice al Panaro più di quanto abbiamo fatto le macerie causate da tremendi effetti tellurici. Chiedono di poter riprendere a lavorare perché sanno che solo l'economia, le attività produttive, non le chiacchiere o lo spread basso, in una terra che produce un Pil di 1,9 miliardi di euro, quasi l'1,5% di quello nazionale, può offrire loro i mezzi e la voglia di trarsi fuori dalla tragica situazione in cui sono venuti a trovare. O pensa, prof, che sarebbe il caso di appioppare una bella tassa sul terremoto agli abitanti delle zone colpite, col gettito della quale poi aiutare gli stessi a risollevarsi? Certo che sarebbe una stupidaggine, prof, conveniamo con lei. Ma è esattamente quello che lei ha fatto con l'Italia.
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