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RIFLESSIONI SULL'ATTENTATO E SULL'ATTENTATORE DI NIZZA CHE HA FATTO STRAGE DI INFEDELI (SECONDO IL CORANO)
La guerra di religione continua, ma noi non abbiamo ancora capito che una fortezza assediata si difende soltanto sollevando il ponte levatoio, non abbassandolo
di Corrado Gnerre
 

Dopo l'attentato di Nizza torno a parlare di Islam, ripetendo concetti già detti, ma che - ahimé! - mi rendo conto vanno ancora una volta ricordati a motivo di ciò che si sta leggendo e si sta ascoltando in questi giorni. Mi limito a poche riflessioni sull'attentatore e sull'attentato.
 
L'ATTENTATORE
Si sta discutendo sulla strana tipologia dell'attentatore. Alcuni affermano che si tratta di un terrorista sui generis per il fatto che non si tratterebbe di un islamico vero e proprio e che non avrebbe mai praticato convintamente l'Islam. C'è chi dice che fosse dedito all'alcool, che non frequentasse mai la moschea, ecc... Può darsi, nel senso che al momento mi sembra non si possa ancora esser sicuri di nulla.
Ciò che però sfugge è che una simile disamina è relativa. Potrebbe essere importante se ci si riferisse ad altri contesti religiosi, ma per quanto riguarda l'Islam è relativa. E vediamo perché.
L'Islam non si configura come una religione incentrata sul concetto di vita interiore. Il che vuol dire che l'Islam, pur permettendo un ascesi, non ritiene questa come decisiva. Paradossalmente la pratica religiosa, pur esprimendosi all'interno di un patrimonio formale e rituale, fa appello anche ad una crescita interiore, se non altro a livello di coerenza tra convinzioni religiose e stile di vita. L'Islam ritiene sì fondamentale la pratica religiosa, ma non come pratica determinante. Ciò che conta è fare una scelta, una scelta per Allah e per il suo maggiore profeta che è Maometto. Di per sé questo basta. In un certo senso non c'è religione più semplice (e anche semplicistica) dell'Islam, almeno nella sua versione sunnita.
Ora, fa specie che l'attentatore di Nizza fosse un violento con i suoi parenti, un ubriacone, uno border-line, ecc... Ciò è del tutto irrilevante ai fini dell'atto definitivo, in questo caso dell'atto del cosiddetto "martirio": immolarsi per la Jihad uccidendo se stesso per uccidere quanti più "crociati" possibile. Anzi, proprio perché finora si è vissuti in un certo modo, cioè in maniera difforme alla legge islamica, una scelta definitiva per Allah e la Jihad può cancellare tutto e far sì che si diventi addirittura più "santi" di coloro che invece, pur professando coerentemente la fede, non riescono a decidersi per atti del genere.
Queste considerazioni ci fanno capire quanto fuorvianti siano due approcci: quello di valutare questi atti sganciandoli dal contesto religioso e quindi dalla conoscenza dell'Islam, e quello di (approccio ancora più ingenuo) considerare l'Islam come una religione tutto sommato simile al Cristianesimo.
 
L'ATTENTATO
Questo, per quanto riguarda l'attentatore. Ma per quanto riguarda l'attentato c'è da dire dell'altro. Solitamente si dice: "nessun Dio può volere e comandare simili gesti". Espressione che è vera e falsa nello stesso tempo. Vera, se ci riferiamo all'unico Vero Dio; falsa se ci riferiamo alla credenza in un Dio che Vero non è.
Il Cristianesimo e l'Islam sul rapporto Dio-Bontà non dicono affatto la stessa cosa. Mentre il Cristianesimo afferma che "Dio è buono", l'Islam dice che "Dio decide di essere buono"... e la differenza non è di poco conto.
Dire che "Dio è buono" significa affermare che Dio e Bene s'identificano e che il Bene è nella natura di Dio e quindi che Dio stesso non può essere anche Male, ma che quest'ultimo è una conseguenza dell'esercizio sbagliato della libertà da parte della creatura intelligente. Dire, invece, che "Dio decide di essere buono", vuol dire che la Bontà non è un attributo costitutivo della natura di Dio, bensì che Dio precede la Bontà stessa; pertanto se Dio avesse deciso il contrario, cioè che il Bene fosse stato Male e il Male fosse stato Bene, ciò che adesso riteniamo Bene sarebbe stato Male e ciò che adesso riteniamo Male sarebbe stato Bene.
Da qui la grande questione del rapporto tra Islam e violenza. Una questione che attiene non solo al Corano e alcuni suoi passaggi (problema già di per sé fondamentale e che non può essere trascurato), ma anche al modo di concepire Dio.
Che è poi il modo che costituisce il fondamento di qualsivoglia religione.

Nota di BastaBugie: Roberto de Mattei nell'articolo sottostante dal titolo "Nizza: la guerra di religione continua" fa notare, dopo l'attentato di Nizza, che una fortezza assediata si difende soltanto sollevando il ponte levatoio e non abbassandolo.
Ecco l'articolo completo pubblicato su Il Tempo il 16 luglio 2016:
Ha ragione Papa Francesco quando, da oltre un anno, afferma che è già in corso la "terza guerra mondiale", combattuta "a pezzetti", ma bisogna aggiungere, che si tratta di una guerra di religione, perché religiosi sono i moventi di chi l'ha dichiarata, e rituali sono perfino gli omicidi che in suo nome vengono perpetrati.
Francesco ha definito il massacro di Nizza un atto di "violenza cieca", ma la furia omicida che ha spinto il conducente del Tir a seminare la morte sul Lungomare di Nizza, non è un atto irrazionale di follia: nasce da una religione che incita all'odio e istiga alla violenza. Gli stessi moventi religiosi hanno provocato i massacri del Bataclan di Parigi, degli aeroporti di Bruxelles e di Istanbul e del ristorante di Dacca. Tutti questi gesti, per quanto barbari, non sono "ciechi", ma fanno parte di un piano lucidamente esposto dall'Isis nei suoi documenti.
Il portavoce dell'Isis Abu al-Adnani, con un audio diffuso a fine maggio su Twitter ha invitato ad uccidere in Europa in nome di Allah con queste parole: "Spaccagli la testa con una pietra, macellalo con un coltello, investilo con l'auto, gettalo da un luogo elevato, soffocalo o avvelenalo". Non diversamente si esprime il Corano nei confronti degli infedeli. Continuare a ignorarlo è segno, questo sì, di cieca follia.
Ci si illude che la guerra in corso non sia quella dichiarata dall'Islam all'Occidente, ma una guerra che si combatte all'interno del mondo musulmano e che l'unico modo per salvarsi sia di aiutare l'Islam moderato a sconfiggere l'Islam fondamentalista, Ma l'Islam moderato è una contraddizione perché nella misura in cui i musulmani si secolarizzano e si integrano nella società occidentale, cessano di essere musulmani, o diventano dei musulmani non osservanti, dei cattivi musulmani. Un vero musulmano può rinunciare, per motivi di opportunità, alla violenza, ma la considera sempre legittima nei confronti dell'infedele, perché così insegna Maometto.
La guerra in corso è una guerra contro l'Occidente, ma è anche una guerra contro il Cristianesimo, perché l'Islam vuole sostituire la religione di Maometto a quella di Cristo. Per questo l'obiettivo finale della conquista non è Parigi o New York, ma la città di Roma, centro dell'unica religione che, fin dalla sua nascita, l'Islam vuole annientare. La guerra a Roma risale alla nascita stessa dell'Islam, nell'VIII secolo. Hanno come obiettivo Roma gli arabi che e nell'830 e nel 846 occupano, saccheggiano e poi sono costretti ad abbandonare, la Città Eterna. Hanno di mira Roma i musulmani che decapitano gli 800 cristiani di Otranto nel 1480 e quelli che sgozzano i nostri connazionali a Dacca nel 2016.
Si tratta di' una guerra religiosa che l'Isis ha dichiarato contro l'irreligione dell'Occidente, e contro la sua religione, che è il Cristianesimo. Ma nella misura in cui il Cristianesimo si secolarizza spiana la strada al suo avversario, che può essere vinto solo da una società dall'identità religiosa e culturale forte. Come osserva lo storico inglese Christopher Dawson, è l'impulso religioso che fornisce la forza di coesione a una società e a una cultura. "Le grandi civiltà non esprimono dal loro seno le grandi religioni come una specie di sottoprodotto culturale; le grandi religioni sono la base su cui poggiano le grandi civiltà. Una società che ha perduto la sua religione è destinata presto o tardi a perdere la sua cultura."
Questa guerra religiosa è ormai una guerra civile europea, perché si combatte all'interno  delle nazioni e delle città di un continente invaso da milioni di migranti. Si sente ripetere che di fronte all'invasione dobbiamo costruire ponti anziché erigere muri, ma una fortezza assediata si difende soltanto sollevando il ponte levatoio e non abbassandolo. Qualcuno comincia a capirlo. Il governo francese ha previsto l'esplosione di una guerra civile destinata a svolgersi soprattutto all'interno dei grandi centri urbani, dove la multiculturalità ha imposto l'impossibile convivenza di gruppi etnici e religiosi diversi. Il 1 giugno 2016 un comunicato dello Stato maggiore ha ufficialmente ha annunciato la creazione di una forza convenzionale dell'esercito.«il Comando di Terra per il territorio nazionale" (COM TN)», destinata a combattere la jihad sul territorio francese. Il nuovo modello strategico, battezzato "Au contact", comprende due divisioni, sotto un comando unico, per un totale di circa 77.000 uomini destinati a fronteggiare la minaccia di una insurrezione islamica.
Contro questa minaccia occorrono le armi materiali, che si usano in ogni conflitto per annientare il nemico, ma servono soprattutto le armi culturali e morali, che consistono nella consapevolezza di essere gli eredi di una grande Civiltà che proprio combattendo contro l'Islam ha definito nel corso dei secoli la sua identità. Chiediamo rispettosamente e urgentemente a Papa Francesco, Vicario di Cristo, di essere la voce della nostra storia e della nostra tradizione cristiana, di fronte al pericolo che ci minaccia.

 
Titolo originale: Nizza e l'islam. Brevi riflessioni sull'attentatore e sull'attentato
Fonte: Civiltà Cristiana, 18/07/2016