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« Torna agli articoli di Corrado Gnerre
Quando si pensa al paradiso, tra i tanti interrogativi ci si chiede anche se le anime beate festeggino le nostre stesse feste: il Natale, la Pasqua, ecc... Alcune volte si sente dire: quel brav'uomo è morto ed è andato a festeggiare il Natale in Paradiso... Che pensare a riguardo? Sono ingenuità? O c'è qualcosa di vero?
Prima di tutto dobbiamo dire che il Paradiso cristiano non né una semplice prosecuzione di ciò che si vive su questa terra (questa concezione è degli islamici), né tanto meno qualcosa di totalmente separato e diverso rispetto a ciò che si vive su questa terra, come se fosse un azzeramento totale del vissuto terreno (questa concezione è tipica della religiosità orientale). No, il paradiso cristiano è da concepire come qualcosa che oltre la vita terrena, ma non totalmente distaccata da essa.
Detto questo, vediamo come si deve porre teologicamente la questione.
Nel paradiso il "tempo" (non a caso lo virgolettiamo perché se ne deve parlare solo in senso analogico), va inteso come una realtà non scandita dal movimento degli astri (come sulla Terra), ma unicamente dall'illuminazione di Dio.
La liturgia terrestre è ovviamente legata all'anno liturgico, il quale a sua volta è legato all'anno solare.
La liturgia celeste invece non è legata ai movimenti degli astri, ma a Dio. Più semplicemente possiamo dire che per le anime beate (che sono faccia a faccia con Dio) è sempre Natale, Pasqua, ecc... ma esse (le anime), proprio nella luce di Dio, colgono l'unione con il tempo della vita terrena e quindi la successione dell'anno liturgico terrestre, che segue, appunto, il movimento dei corpi celesti.
Insomma, i beati sanno bene che in quel momento nella vita terrena si sta celebrando il Natale o qualche altra festa. Si tratta di una conseguenza della beatitudine essenziale, precisamente dell'oggetto secondario di tale beatitudine (l'oggetto primario è Dio stesso).
Molti teologi affermano che i beati in Dio vedono tutte le cose. San Tommaso nella Summa (2, q. 10, a. 2) scrive che ciascun beato vede tutto ciò che lo riguarda. Giuseppe Casali nella sua Somma di Teologia Dogmatica scrive testualmente: "[Ogni] persona pubblica o privata vedrà tutte quelle cose che lo riguardavano in quello stato: quindi un Papa, un Capo di Stato, un capo di famiglia conosceranno in particolare tutte quelle persone o cose che erano loro affidate. Perciò i Beati in cielo vedranno i parenti, gli amici ancora in terra, li aiuteranno con la loro intercessione e ascolteranno le loro preghiere".
Ora, tutti questi elementi ci fanno capire quanto il Paradiso cristiano non vada poi concepito "lontano" dal sentire comune.
Lo ripetiamo: qui non si tratta di concepire il Paradiso in maniera banale, così come fanno i musulmani. Per l'Islam la gioia del beato è ciò che Dio dona; e Dio donerebbe i piaceri di questa terra portati all'estremo. Per il Cristianesimo, invece, la gioia del beato non è tanto ciò che Dio dona, ma soprattutto Dio stesso. E questo già basta per capire la differenza. Ciò però non toglie che il Paradiso cristiano non sia un annullamento, bensì una sublimazione di ciò che l'uomo sperimenta già nella sua vita terrena.
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