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« Torna agli articoli di Cristina Siccardi
L'omelia che Monsignor d'Ercole ha tenuto ad Ascoli Piceno il 27 agosto u.s. per i funerali di Stato in suffragio delle vittime del terremoto che ha colpito il centro Italia è il segnale che, anche in tempi di aperta apostasia, di commistioni sincretiche anticattoliche, di corruzione spirituale e morale, il coraggio della Fede viene invocato come unica e reale risorsa.
Parole retoriche, qualcuno potrebbe dire, oppure di un'età della Chiesa modernista che tutto infetta... e invece no, perché abbiamo ascoltato parole di Fede, parole di un Pastore che all'angoscia del proprio gregge ha dato risposte tratte dal patrimonio della Tradizione della Chiesa.
IL CORAGGIO DELLA FEDE
Il Vescovo di Ascoli Piceno ha invitato tutti a puntare al coraggio della Fede, come fece Giobbe. Il terremoto con la sua violenza può togliere tutto, eccetto il coraggio della Fede, «scialuppa quando ci si trova in un mare in tempesta».
Il Vescovo si è rivolto ai fedeli in questi termini: «Cari amici, mi rivolgo soprattutto a voi che siete diventati la mia famiglia. ''E adesso, vescovo, che si fa?ˮ. Quante volte in questi giorni, amici miei, mi son sentito ripetere questa domanda. Dai familiari delle vittime; da chi si ritrova senza famiglia e senza casa; dai giornalisti in cerca di notizie; dai parenti e dagli amici nell'obitorio fra le salme che aumentano con il passare delle ore e dei giorni. Domande spesso solo pronunciate con il pianto e lo sguardo perso nel nulla. Esiste una risposta? (...) Questa stessa domanda - ''E adesso che si fa?ˮ - l'ho rivolta in queste interminabili giornate di commozione e di strazio a Dio Padre, suscitato dall'angoscia di padri, madri, o figli rimasti orfani, dall'avvilimento di esseri umani derubati dell'ultima loro speranza. ''E adesso, Signore, che si fa?ˮ. Quante volte, nel silenzio agitato delle mie notti di veglia e d'attesa, ho diretto a Dio la medesima domanda: a nome mio, a vostro nome, nel nome di questa nostra gente tradita dal ballo distruttore della terra. Mi è venuto subito in mente l'avventura di Giobbe, questo giusto perseguitato dal male». La polvere, ha proseguito il Vescovo, è «tutto ciò che è rimasto a questa gente, Signore, dopo la tragedia. Tutto sembra diventato polvere (...) Un intero pezzo di storia adesso non c'è più. Polvere, nient'altro che polvere: la polvere che per Giobbe, dopo il dramma di una fatica disumana, diventa altare sul quale brilla la vittoria di Cristo».
SARETE ANCORA RICCHI SE NON AVRETE PERSO LA FEDE IN DIO
Da Giobbe alla citazione di uno scrittore cattolico, legato, per idee religiose e civili, alla gloriosa Tradizione cristiana, quella con la T maiuscola, fiera della sua identità, quella Tradizione che ha permesso, con la semina della Buona Novella, di raccogliere nel mondo abbondanti frutti miracolosi di vita, sia terrena che eterna. La frase guareschiana citata da Monsignor d'Ercole è stata estrapolata da un'omelia di Don Camillo, tenuta dopo un'alluvione a Brescello: l'acqua ha tutto ricoperto, ma non la voce della Fede: «Le acque escono tumultuose dal letto del fiume e tutto travolgono: ma un giorno esse torneranno placate nel loro alveo e ritornerà a splendere il sole. E se, alla fine, voi avrete perso ogni cosa, sarete ancora ricchi se non avrete perso la fede in Dio. Ma chi avrà dubitato della bontà e della giustizia di Dio sarà povero e miserabile anche se avrà salvato ogni cosa».
Il sisma, che ha tragicamente coinvolto molti paesi e molti abitanti, è simbolo dei terremotati giorni dell'età contemporanea, dove non soltanto l'ateo si rivolta contro le leggi divine, ma gli stessi ministri di Dio si contrappongono alla logica del diritto naturale e del diritto divino, alle Sacre Scritture, come alla professione di Fede, queste ribellioni dovrebbero far tremare i polsi di ogni persona che non ha occultato la coscienza: perdere un proprio caro, perdere la propria casa, perdere la propria attività lavorativa sono dolori terribili, ma sono temporanei, a fronte della perdita per sempre della propria e/o delle altrui anime. Per chi crede, esiste la Divina Provvidenza che agisce attraverso la virtù della speranza in Gesù Cristo, l'Agnello immolato per ciascuno, che ha portato la salvezza anche per le vittime del 24 agosto.
SILVIO PELLICO E PRIMO LEVI
Due figure letterarie sono emblematiche nell'aver avuto o non avuto fiducia nella Divina Provvidenza, rispettivamente Silvio Pellico e Primo Levi. Basta osservare il termine della loro vita per rendersene conto. Il cattolico Pellico, seppure fiaccato dal carcere dello Spielberg, morì in pace con se stesso e con il mondo: fu la Fede a salvarlo. Il non cattolico Levi non resse alla memoria della prigionia del campo di concentramento e si suicidò. Scrisse Pellico «Sia benedetta la Provvidenza, della quale gli uomini e le cose, si voglia o non si voglia, sono mirabili stromenti ch'ella sa adoprare a fini degni di sé». Aveva scritto Levi: «Se non altro perché un Auschwitz è esistito, nessuno dovrebbe oggi parlare di Provvidenza». Invece siamo ancora qui a parlarne, forte e chiaro. La invochiamo supplicanti. E grazie alla Divina Provvidenza, che ha già permesso la presenza di suoi «stromenti» (pompieri che hanno salvato vite, volontari che hanno dispiegato e dispiegano forze ed energie, milioni di euro raccolti con i soli sms...), su queste povere terre martoriate la polvere scomparirà per far spazio a case e chiese, come ha affermato Monsignor d'Ercole: «Le torri campanarie dei nostri paesi, che hanno dettato i ritmi dei giorni e delle stagioni, sono crollate, non suonano più. Ma un giorno, esse continueranno a suonare, riprenderanno a suonare».
Nota di BastaBugie: Rino Cammilleri nell'articolo sottostante dal titolo ''Cosa dicono quelle Madonne sopravvissute'' parla della statua della Madonna rimasta in piedi dopo il recentissimo terremoto nelle Marche. Nel precedente terremoto in Sudamerica si salvò, nella distruzione generale, non solo statua della Vergine ma anche la teca di cristallo che la conteneva. Cose del genere sono accadute in moltissime catastrofi, naturali e no.
Ecco dunque l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 2 settembre 2016:
Lo spaventoso tsunami che nel 2004 devastò le coste asiatiche arrivò a lambire le coste dell'India coinvolgendo anche il grande santuario cattolico di Vailankanni, dedicato alla Madonna e frequentato pure da indù e musulmani alla ricerca di grazie. Il mare raggiunse l'edificio e lo oltrepassò per oltre cinquecento metri. Ma neanche una goccia d'acqua vi entrò, lasciando indenni - e stupefatti - tutti quelli che vi si erano rifugiati.
L'anno scorso, a Madrid, l'estate eccezionalmente torrida favorì un incendio in una scuola militare. Le fiamme devastarono tutto e incenerirono il grande giardino. Ma lasciarono intatta la statua della Madonna che vi sorgeva, e pure i fiori delle aiuole intorno ad essa per un raggio di alcuni metri. Le foto su internet sono impressionanti e commossero tutti i soldati della base. Abbiamo visto tutti la statua della Madonna rimasta in piedi dopo il recentissimo terremoto nelle Marche. Nel precedente terremoto in Sudamerica si salvò, nella distruzione generale, non solo statua della Vergine ma anche la teca di cristallo che la conteneva.
Cose del genere sono accadute in moltissime catastrofi naturali, anche in alcune artificiali come le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki: cappelle mariane rimaste intatte, gesuiti intenti a dire il rosario salvi e senza danni da radiazioni (perfino un professore universitario giapponese, poi fattosi battezzare: stava guardando con curiosità un'immagine della Madonna su un libro in una biblioteca pubblica quando tutto si incenerì in un attimo, tranne lui e l'immagine). Nel 1902 una spaventosa eruzione del vulcano Mont Pelée distrusse la Martinica francese e fece un numero incalcolabile di vittime. Però la statua della Madonna del Parto, nel locale santuario di Morne Rouge, non ebbe alcun danno.
Il cataclisma generò una profonda impressione in tutto il mondo, ma pochi ricordarono che nel 1891 la stessa statua era stata l'unica cosa rimasta in piedi dopo il ciclone caraibico che aveva spazzato la città di Morne Rouge. Quel santuario era particolarmente significativo per la storia di Francia, perché lì era stata battezzata nel 1763 l'imperatrice Josephine Beauharnais, moglie di Napoleone.
Potremmo continuare con gli esempi, ma sempre resterebbe la mezza ombra: sufficiente luce per chi vuol credere e altrettanta oscurità per chi ha deciso di no. Il terremoto e lo tsunami che nel 1755 distrussero Lisbona e provocarono centinaia di migliaia di morti fino alla costa africana suscitarono un'ondata di sdegno ''filosofico'' in molti dei pensatori dell'epoca, come Rousseau e Voltaire. L'''illuminato'' marchese di Pombal, reggitore del Portogallo, ne colse l'occasione per espellere i gesuiti e costringere il Papa a scioglierli. Era il giorno di Ognissanti e i cattolicissimi portoghesi erano tutti nelle chiese. Che li seppellirono. Ciò per i philosophes costituiva la prova provata che Dio non esiste, o, se esiste, è un sadico.
Certo, talvolta neppure i santi sono indenni da sconcerto di fronte a cose del genere. Per esempio, due secoli prima, una spedizione militare condotta dal re portoghese Sebastiano era stata schiacciata dai musulmani in terra d'Africa, e santa Teresa d'Avila, che pur era una mistica, osò protestare con Gesù (col quale aveva frequenti colloqui). Si sentì rispondere che Lui aveva trovato quei crociati degni di comparire al Suo cospetto. La santa, capita l'antifona, da quel momento non provò più a chiedere a Dio conto del di Lui operato. In effetti, il credente sa che ci vuole fede. Cioè, fiducia. Anche quando tutto congiura per farla perdere.
Il non credente, invece, ha come orizzonte solo questa, di vita, perciò una Madonna che resta in piedi quando tutti, bambini compresi, sono caduti, per lui è solo espressione di egoismo da parte della Divinità, e indifferenza alle umane sorti. Per il credente, invece, è un segno ben preciso: questa vita non ha tutta l'importanza che noi le diamo, quella eterna è ben più importante e, anzi, la sola che veramente conta. Una Madonna miracolosamente intatta è il segno inequivocabile che il Vangelo dice il vero, e che l'unica cosa che rimane in piedi in mezzo allo sfacelo è la Speranza (virtù teologale). L'alternativa è una sola: la disperazione. Che è l'unica cosa che rimane al non credente.
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