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« Torna agli articoli di Fabio Bernabe
Il “Corriere della Sera”, autorevole voce del laicissimo establishment cultural finanziario italiano, dava un giudizio univoco sul significato politico dell’elezione del Presidente della Regione Lazio fino a pochi giorni prima del cd. “pasticcio” della presentazione della lista PDL a Roma.
Un “pasticcio” che comunque non si sarebbe dato se non vi fosse stato l’intervento di militanti della Lista Bonino e, a seguire, di un magistrato che successivamente ha ricevuto i giornalisti del TG 3 in uno studio dei palazzi giudiziari nel quale le telecamere del TG 3 hanno documentato la presenza di un quadro con l’effige del “Che” Guevara.
Secondo gli analisti di questo establishment dichiaratamente anti italiano (la necessità di avere a Palazzo Chigi un Presidente del Consiglio “anti italiano” è dichiarata in un articolo di Piero Ostellino del 5 novembre 2009 sul “Corriere della Sera”), la quasi certa vittoria della Poverini avrebbe fatto della Regione Lazio un laboratorio politico della “destra” postberlusconiana di Fini, alleata a Casini e a Massimo D’Alema, come testimoniato dalla presenza dell’UDC fra le liste di sostegno alla Polverini e dalla scelta della candidata di dare la regia della propria campagna elettorale in mano al dalemiano Claudio Velardi.
Questa “destra” postberlusconiana, che si affretta a dichiarare, per bocca della finiana direttrice de “Il Secolo d’Italia” Flavia Perina, che “dire ‘destra’ o ‘sinistra’ non ha più senso” e che si autodefinisce “riformista, pragmatica, postideologica, laica e modernizzatrice”, insomma “à la page”, piace molto all’establishment culturalfinanziario (anti)italiano, che la oppone a Silvio Berlusconi, reo di essere un “arci-italiano”, un populista, ossia di curarsi più del consenso del Popolo Italiano, che teoricamente in una Democrazia dovrebbe essere il soggetto sovrano, che del consenso dei vari “poteri forti” italiani ed internazionali.
La felix culpa di malaccorti militanti di base della Sinistra, non al corrente dei machiavellismi dei vertici, ha di nuovo bloccato l’attacco a Berlusconi, allo stesso modo in cui un esaltato della stessa base di Sinistra armato di un Duomo in miniatura bloccò inconsapevolmente, come ebbe a lamentarsi il medesimo “Corriere della Sera”, il primo tempo dell’assalto portato nel 2009 con l’ausilio dell’”Economist”, del “Financial Times” e di altri mezzi di comunicazione di massa controllati dall’establishment.
L’eliminazione della lista PDL del collegio elettorale romano, farcita di finiani di peso, ha lasciato sotto shock il fronte laico e riformista, e dato al “populista arci-italiano” l’occasione di prendere in mano le elezioni nel Lazio e cambiare letteralmente il senso politico della situazione.
Coerentemente al suo stile, il “populista arci-italiano” ha chiamato gli elettori alla “scelta di campo” allo scontro frontale con la visione del mondo di Emma Bonino, una donna che al contrario dell’incolore Polverini, scivolata dal tiepido sostegno di Fini al possente abbraccio di Berlusconi, ha un cuore ed una mente Radicali, ha provati e potenti alleati come George Soros e le sue milionarie fondazioni, insomma è in grado di dare una impronta profonda all’attività della Regione Lazio nei vasti campi d’azione che la riforma federalista fatta anni fa dal CentroSinistra ha riservato ai poteri regionali.
E’ vero che la pseudo Destra postberlusconiana ha ideali e (dis)valori perfettamente sovrapponibili a quelli pannelliani, e perciò ha perfettamente centrato il problema politico Ilvo Diamanti, corsivista de “la Repubblica”, quando il 14 marzo 2010, dopo aver ricordato che “anche in questa occasione, dunque, le elezioni ‘regionali’ hanno assunto un significato politico ‘nazionale’” avverte che con la manifestazione del 20 marzo il PDL marcia contro se stesso, ossia è una manifestazione della Destra populista ed arci-italiana, cioè Cattolica, familista, ostile alla droga ed al matrimonio omosessuale, oggi guidata da Berlusconi, contro la Sinistra ma anche contro la pseudoDestra filo-establishment, una “destra civile” guidata da “un leader più amato dagli elettori dell’opposizione che da quelli del suo partito”.
E’ per questo valore nazionale della manifestazione e delle elezioni nella Regione Lazio che il Presidente della Camera ha dichiarato che per definire l’idea della manifestazione ci vorrebbe una parolaccia volgare e che Giuliano Ferrara, ambiguo direttore de “Il Foglio Quotidiano”, in prima pagina il 12 marzo 2010 fa propri i dubbi di chi definisce l’idea “una tremenda cazzata”.
E’ per lo stesso motivo che autorevoli esponenti dell’establishment (anti)italiano, come i dirigenti della Fondazione ItaliaFutura, promossa da Luca Cordero di Montezemolo, lanciano, nel Corriere della Sera del 12 marzo 2010, un appello all’astensione dal voto, perché secondo gli ambienti dell’establishment è dannoso votare Berlusconi, il quale gridando “al complotto comunista (e delle élite) (…) rende impossibile l’assunzione di scelte di fondo per il futuro del nostro Paese”.
Possiamo non cogliere l’occasione di lanciare il nostro voto contro coloro che vogliono omologare la Destra ad un laicismo materialista e nemico dei legittimi interessi degli Italiani?
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