« Torna agli articoli di Fe


BENEDETTO XVI FA UN PASSO AVANTI VERSO LA BEATIFICAZIONE DI PAPA PIO XII DICHIARANDOLO VENERABILE
Hitler non sarebbe d'accordo (progettava infatti di invadere il Vaticano)
di Roberto Festorazzi
 

L’abortita invasione nazista del Vaticano, che fu pianificata nell’estate del 1943 senza mai essere portata a compimento, viene ora alla luce in tutti i suoi dettagli impressionanti grazie a un documento inedito quanto clamoroso. Una carta scampata alla distruzione e alla sistematica sparizione-predazione di tutti i documenti politici e militari del Terzo Reich. Un solo foglio, ma pesante come un macigno, appartenente ai dossier più segreti degli apparati di intelligence dell’Alto Comando della Wehrmacht (O.K.W.).
Questo documento dimostra in modo inequivocabile che il Führer voleva occupare la Santa Sede con un brutale atto di forza e che solo all’ultimo istante, tra il 26 e il 27 luglio 1943, decise di rinunciarvi. Si tratta sostanzialmente di una mappa della Città del Vaticano, contenente l’indicazione dei punti strategici da conquistare attraverso un blitz. La cartina in scala, evidentemente, non venne realizzata a fini turistici, essendo redatta su carta intestata dei servizi segreti militari del Supremo Comando della Wehrmacht.
L’AZIONE NEI DETTAGLI
Il piano fu elaborato, con ogni probabilità, nell’ambito dell’Operazione Alarico, ovverosia il progetto strategico di un’invasione dell’Italia da parte dei tedeschi, in caso di sganciamento di Mussolini dalla guerra dell’Asse. Prospettiva più che concreta, quest’ultima, che prese forma tra la primavera e l’estate del 1943, e che per un soffio non giunse al suo coronamento per determinazione dello stesso Duce.
La sfiducia votata contro Mussolini, da parte del Gran Consiglio del fascismo, il 25 luglio ’43, le sue dimissioni e il suo arresto debbono per forza di cose essere interamente riletti alla luce del fatto che il ricatto dell’Operazione Alarico pesò moltissimo sulla decisione del Duce (concordata dallo stesso dittatore con il re Vittorio Emanuele III) di “farsi da parte” per impedire la brutale occupazione della Penisola da parte degli “alleati” germanici. Questo è chiaro: Mussolini non venne affatto “deposto”, ma scelse consapevolmente di dimettersi.
Il nuovo documento, oltre che per i suoi contenuti esplosivi, è assai interessante anche per la storia che lo riguarda. Questo foglio, infatti, ci è pervenuto attraverso un capo partigiano milanese, che riuscì a impadronirsi del materiale di scarto di un grosso lavoro di fotoriproduzione di documenti bellici avvenuta a Lambrate, roccaforte rossa di Milano, negli anni Cinquanta.
L’esponente della Resistenza fece avere il materiale - proveniente quasi certamente dagli archivi mussoliniani e comprendente anche una dichiarazione del maggio 1945 riguardante la morte del Duce - al fratello del senatore missino Giorgio Pisanò, Paolo. Questi, dopo attenta verifica, stabilì i dettagli tecnici dell’operazione di fotocopiatura, condotta in gran segreto, con apparecchiatura d’avanguardia, da parte dei reduci del fronte partigiano. I documenti, cinque o sei in tutto, sono sicuramente autentici, anche se la loro qualità non è sempre eccellente, trattandosi di scarti di lavorazione, per definizione imperfetti.
È appunto il caso della piantina del Vaticano, che svela, dopo quasi settant’anni, i particolari del piano di invasione della sede papale. Il foglio riporta un timbro di registrazione, che prova la provenienza ultima del documento: si tratta di un’indicazione protocollare che rinvia agli Archivi della Repubblica sociale italiana, il restaurato governo mussoliniano nato su pressione di Hitler nel settembre ’43. Questo dato è molto importante, perché ci dimostra che il Duce era molto bene informato su quanto facesse il suo alleato-rivale Hitler.
Di recente, la pubblicazione da parte della Libreria Editrice Goriziana dei rapporti stenografici di guerra relativi alle riunioni avvenute nel quartier generale del Führer, a partire dal 1942, illustra che il dittatore con la svastica era, anche a questo riguardo, spietato. Hitler, nel corso del rapporto serale del 25 luglio 1943, con i capi militari, ringhiò che se ne infischiava di conservare il benché minimo scrupolo nei confronti del pontefice regnante, Pio XII, e che avrebbe stanato senza indugi «quel branco di porci» asserragliato nel territorio della Santa Sede. Avrebbe messo le mani sull’intero corpo diplomatico rappresentato in Vaticano, rapito il Santo Padre e depredato l’Archivio segreto del papa (in Palazzo San Carlo), notoriamente rigurgitante di dossier riservati.
Che cosa sarebbe potuto accadere, ce lo svela finalmente questa cartina “parlante” dei servizi segreti militari germanici. Il contenuto della mappa si srotola infatti come la trama di un film d’azione. Due gruppi d’assalto, uno a quanto pare guidato da un tenente che si chiamava Lensing, o giù di lì, avrebbero fatto irruzione nel territorio della Santa Sede, attraverso i suoi varchi principali: l’ingresso di Sant’Anna, quello della Scala Regia e la stazione ferroviaria. L’occupazione dei binari avrebbe consentito di avviare su rotaia il carico di prigionieri e di materiali prelevati in Vaticano. Una volta violata l’extraterritorialità dello Stato pontificio, si sarebbe fulmineamente proceduto, con chirurgica violenza e dimostrazione di geometrica potenza, all’occupazione dei punti nodali di rilevanza strategica: il Palazzo del Governatorato e la stazione di trasmissione vaticana, l’emittente radiofonica del papa.
LA CALATA DEI VISIGOTI
L’occupazione della Santa Sede, secondo i piani, avrebbe dovuto procedere in simultanea con la calata dei nuovi Visigoti in Italia. La terza divisione corazzata granatieri del Reich avrebbe dovuto procedere alla conquista manu militari di Roma e dunque del resto dell’Italia centrosettentrionale, attraverso l’impiego di divisioni paracadutate. L’ora “x” dell’Operazione Alarico sarebbe dovuta scattare la notte tra il 26 e il 27 luglio 1943, ma Hitler, all’ultimo momento, decise di sospendere l’invasione, anche se non rinunciò completamente a quella folle idea.
Probabilmente, egli giudicò esoso e non proporzionato allo scopo - quello di “tenere il fronte” in Italia - lo sforzo di una totale presa militare della Penisola. Pezzi di questa colossale e mancata operazione della seconda guerra mondiale tuttavia sopravvissero e furono attuati in seguito. La “resurrezione” neofascista della Repubblica sociale italiana consentì a Hitler di conseguire i suoi obiettivi dietro il paravento della residua sovranità, a un livello simulacrale, del restaurato governo (in forma repubblicana) del Duce nel Centro e nel Nord del Paese. Una finzione tragica, per gli italiani, e utile, per i nazisti. Il prezzo di questa pericolosa illusione fu altissimo: una guerra civile che insanguinò la Penisola e le cui cicatrici sono ancora oggi del tutto evidenti.

 
Fonte: Libero, 15/10/09