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IN 60 ANNI DI REPUBBLICA SOLO UN PARTITO HA CAMBIATO LA COSTITUZIONE
di Franco Bechis
 

Quindici modifiche, anche robuste, alla Carta costituzionale. Sono altrettante le rivisitazioni del documento principale che costituisce la Repubblica italiana, a dimostrare come sia tutt'altro che intoccabile e la sua rigida difesa si sia sempre attenuata negli anni per cercare di plasmarla alle esigenze dei tempi. Modifiche sostanziali, da quelle sulle regioni alle regole sulle amnistie, dall'immunità parlamentare all'elezione diretta di cariche, dal voto sugli italiani all'estero al federalismo. Gli stessi politici che ieri volevano sfilare a Roma al grido «non si tocca la Costituzione» sono stati fra i principali protagonisti di tutte le modifiche di questi anni. Possibili a una condizione: che ci fosse il sì del vecchio Pci e dei suoi eredi (...) Da quando c'era la più forte dc fino alle rare volte in cui il centrosinistra è riuscito a votare insieme a Silvio Berlusconi in ognuna delle 15 modifiche c'era la firma (e il successivo voto) di un esponente erede della tradizione comunista. Tanto per fare un nome ancora in voga, nelle modifiche degli ultimi venti anni c'è più volte il timbro di Anna Finocchiaro Fidelbo, una volta come parlamentare del pci, poi del pds, poi dei Ds fino ai giorni nostri. L'unica modifica reale alla Carta passata divenuta tale a semplice maggioranza parlamentare porta ancora una volta la firma degli eredi del partito comunista, ed è il più robusto maquillage mai effettuato: quello del 2001 che ha introdotto il federalismo sostituendo ben nove articoli della carta “intoccabile”. La statistica quindi dice che gli slogan di questi giorni restano tali e non hanno alcun attinenza con la storia e la realtà. La Costituzione si può toccare, perché già si è toccata. E si può farlo (sarebbe opportuno di no, ma si può) anche a semplice maggioranza, perché questo è già avvenuto e si presume non sia diritto naturale riservato ai rappresentanti di una sola parte del paese. Come la storia e il diritto insegnano, al di là delle opportunità del momento, che non è scandalo criticare decisioni del presidente della Repubblica. Non solo è stato possibile in passato, ma un partito (il vecchio pci, poi pds) per tre volte è andato assai al di là delle critiche politiche, tentando la spallata alla massima istituzione della Repubblica: con Antonio Segni, con Giovanni Leone (attraverso una campagna poi rivelatasi del tutto infondata) e infine con Francesco Cossiga. Via i falsi slogan. E dopo quel che è successo una modifica sulla responsabilità dei decreti legge oggi è necessaria. Si sono divisi i costituzionalisti, è utile a tutti chiarire.

 
Fonte: 11.02.09