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« Torna agli articoli di Giuliano Guzzo
Non che manchino né mancassero, naturalmente; però le ragioni per opporsi alla legalizzazione delle cosiddette "droghe leggere" continuano ad aumentare. E anche ora che il governo è caduto e quindi tutte le discussioni e le proposte di legge sono rimandate, eventualmente, alla prossima legislatura, crediamo sia opportuno porre ugualmente un'attenzione particolare contro qualsiasi volontà, anche non parlamentare, di sdoganamento del consumo di droga.
A rafforzarne il numero di ragioni contrarie è la voce più autorevole in assoluto, quella della letteratura scientifica, da cui arrivano sempre nuovi elementi di riflessione che non possono in alcun modo lasciare indifferenti. L'ultimo spunto a questo riguardo è stato da poco pubblicato sul BMJ Open Respiratory Research ed è uno studio che francamente impressiona; anzitutto per l'ampiezza.
PROBABILITÀ DI ESSERE RICOVERATI: 22% IN PIÙ
Sì, perché con questo lavoro si son considerati i dati delle cartelle cliniche nazionali di oltre 30.000 residenti dell'Ontario, in Canada, di età compresa tra i 12 ei 65 anni e per un periodo di sei anni. L'esame effettuato è quindi stato di notevole consistenza ed ha consentito di portare alla luce qualcosa di molto grave. Da questa ricerca, infatti, è emerso come, rispetto alle persone che non facevano uso di marijuana, i consumatori abituali di cannabis avessero il 22% in più di probabilità di recarsi al pronto soccorso o di essere ricoverati in ospedale. Un esito molto grave e che, statisticamente, ha resistito anche all'aggiustamento di oltre 30 fattori confondenti, quali cui l'uso illecito di droghe, l'uso di alcol e il fumo di tabacco.
Possiamo quindi essere ragionevolmente sicuri che quel 22% di accessi alle strutture ospedaliere non è stato determinato anche dall'uso di "droghe leggere", come incautamente chiamate, ma proprio da quelle. Lapidario, davanti a cotanta evidenza, il commento dell'autore dello studio, il dottor Nicholas Vozoris, ricercatore del dipartimento di medicina dell'Università di Toronto: «L'uso di cannabis non è così innocuo e sicuro come alcuni potrebbero pensare. Le lesioni fisiche - e subito dopo le criticità respiratorie - sono state la principale causa di visite al pronto soccorso e ricoveri in ospedale tra i consumatori di cannabis».
TRE FATTI SIGNIFICATIVI
Ora, questo lavoro canadese appare rilevante per almeno tre motivi, che passiamo subito ad esporre.
Il primo è perché conferma come la cannabis tutto sia fuorché qualcosa che, se consumato, non produce ricadute sulla salute: ne determina eccome, e pure gravi.
In seconda battuta, questa nuova ricerca evidenzia come il consumo di sostanze stupefacenti non sia mai un fatto che interessa il singolo, dato che le sue conseguenze pesano poi sull'intera comunità; a meno che, ovviamente, non si abbia il coraggio di dire che saturare il pronto soccorso con ricoveri evitabili sia qualcosa di irrilevante.
Infine, terzo punto, l'indagine di cui sopra merita d'essere considerata perché, come si diceva all'inizio, va ad arricchire un insieme di ricerche già significativo e pressoché unanime rispetto alle sue conclusioni. Si può qui per esempio ricordare come, secondo un lavoro di coorte su oltre 200.000 soggetti tra i 10 ed i 24 anni di età uscito nel gennaio dello scorso anno su JAMA Pediatrics, l'uso massiccio di marijuana da parte di adolescenti e giovani adulti con disturbi dell'umore quali depressione e disturbo bipolare, è stato collegato a un aumento del rischio di autolesionismo, tentativi di suicidio e morte.
Poco dopo questo lavoro, sempre nel 2021, un lavoro uscito sul Journal of Adolescent Health, la cui principale autrice è la professoressa Carol J. Boyd dell'Università del Michigan, ha osservato come l'uso di cannabis fosse associato non ad uno bensì a tutti e cinque i sintomi respiratori negativi considerati in quello studio. Con tali premesse, non sorprende dunque che il consumo regolare di certe sostanze sia associato a maggiori ricoveri o accessi al pronto soccorso - francamente, stupirebbe il contrario.
Invece sorprende che vi sia ancora chi spesso tenta, con ragionamenti acrobatici quanto inconsistenti, di ricondurre l'assunzione di marijuana a fattore individuale. Posto infatti che anche fosse così non sarebbe qualcosa da salutare positivamente - una società dove il bene del prossimo e la sua salute non mi stanno a cuore, semplicemente, cessa di essere una società -, è vero l'esatto contrario: il consumo di cannabis è sempre e comunque un fenomeno sociale; perché collettive, e spesso drammatiche come abbiamo visto, sono le sue conseguenze. Sottovalutarlo è da irresponsabili.
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