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« Torna agli articoli di Giuliano Guzzo
Il Natale si avvicina, nelle città fervono i preparativi per addobbi e luminarie e nelle case si inizia a respirare un clima d'attesa. Purtroppo, però, non c'è solo questo. L'Avvento infatti da alcuni anni coincide con una polemica che ciclicamente si ripresenta: quella contro i regali sessualmente tipizzati ai bambini. Bambole rosa alle bimbe e camioncini ai maschietti, assicurano i corifei del pensiero dominante, sarebbero diseducativi, perfino pericolosi; e ormai c'è purtroppo chi ci crede.
Una testimonianza al riguardo viene in questi giorni dalle cronache, a proposito della scelta di Emily Ratajkowski, 31 anni, supermodella e attrice statunitense che ha recentemente condiviso una preoccupazione quanto meno originale: il figlioletto Sylvester Apollo, nato nel marzo, gioca molto con i camion, pare gli piacciano proprio. E dove sta il problema, uno si chiederà? In effetti, ciò non costituisce affatto un problema. Eppure, Ratajkowski - che dopo la separazione con il marito, Sebastian Bear-McClard, è una mamma single - lo è.
È PAZZESCO, ADORA I CAMION
Lo ha detto lei stessa, mentre dialogava nel corso di una recente intervista: «È pazzesco, Sly adora i camion. Si entusiasma così tanto, ama giocare con qualsiasi cosa con le ruote». Di qui la preoccupazione materna, verso quello che evidentemente considera qualcosa di anomalo: «Questa mattina gli ho ordinato una bambola e un servizio da tè perché mi sono detta: "Tutto questo va bilanciato"». «Mi piace l'idea», ha aggiunto la super top model, «di imporre il minor numero possibile di stereotipi di genere su mio figlio».
Ora, le contraddizioni delle parole di Emily Ratajkowski sono varie e di massima evidenza. Anzitutto perché se il figlioletto adora i camion - senza che nessuno, tanto meno la madre, lo abbia spinto in tal senso, è evidente come di mezzo non ci sia alcuno stereotipo, bensì una preferenza naturale; in secondo luogo, va rilevato come se una imposizione ci sia è proprio quella della bella modella e attrice nel momento in cui si è messa in tesa di rifilare una bambola e un servizio da tè al piccolo Sylvester Apollo senza che questi ne avesse fatto, a quanto è dato capire, alcuna richiesta.
Detto ciò, vale la pena ricordare un aspetto sul tema che evidentemente non solo Ratajkowski ma anche tantissimi altri sembrano ignorare, e cioè che le differenti preferenze, tra maschi e femmine, verso i giocattoli sessualmente tipizzati, ecco, sembrano avere una base biologica. Vanno in questa direzione numerosi elementi, a partire dal fatto che siffatte differenze preferenze insorgono - e si osservano - già nei primi mesi di vita dei piccoli, quando cioè non solo i vituperati stereotipi di genere, ma neppure le conoscenze più elementari sull'esistenza sono state trasmesse ai neonati.
I PICCOLI VANNO LASCIATI LIBERI
Non solo: analoghe differenze sia nelle preferenze dei giocattoli sia, cosa ancora più importante, nello stile di gioco, sono state osservate anche nei primati, animali molto vicini all'uomo ma che, per ovvie ragioni, è difficile immaginare condizionati dagli stereotipi di genere. Ancora, si può aggiungere che se il figlioletto di Emily Ratajkowski avesse avuto - ma non l'ha avuta - una preferenza per le bambole anziché verso «qualsiasi cosa con le ruote», come ha, non ci sarebbe dovuto essere nessun motivo di allarme. Non bisogna infatti confondere le preferenze ludiche, non di rado transitorie, dell'infanzia con l'identità di genere o altro.
Ciò che infatti i paladini del pensiero gender si ostinano a non capire, infatti, non è solo che - come si diceva poc'anzi - bambini e bambine spesso e volentieri hanno preferenze diverse nei giochi (senza ciò, letteratura alla mano, abbia chissà quali ricadute negative nell'età adulta), ma anche che, molto semplicemente, i piccoli vanno lasciati liberi. Sì, liberi di divertirsi e di giocare come e con cosa meglio credono, senza imposizioni ideologiche di sorta. L'infanzia, almeno quella, resti libera dalla politica!
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