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CREAZIONE DELLA VITA IN LABORATORIO?
La bufala della prima cellula artificiale: ecco come i giornali hanno pompato una modesta scoperta scientifica
di Andrea Galli
 

Un risultato, «al di là del clamore mediatico che ha portato a interpretazioni anche fantasiose sulle reali conseguenze degli esperimenti fatti, che costituisce un traguardo importante nell’ambito della microbiologia, dell’ingegneria genetica e delle biotecnologie e mette a disposizione una nuova opportunità per trarre informazioni sulla 'vita', pur essendo ben altra cosa che la 'creazione della vita', fosse anche solo di una piccola cellula batterica». Così scrivono in un comunicato Giovanna Riccardi e Marco Gobbetti, rispettivamente presidente e vice-presidente della Società Italiana di Microbiologia Generale e Biotecnologie Microbiche (Simgbm), su Synthia, la nuova cellula sintetizzata dal gruppo di lavoro guidato da Craig Venter. I biologi offrono quindi una loro analisi di quanto presentato lo scorso 20 maggio sulla rivista Science : «Il gruppo di Venter ha sintetizzato chimicamente e messo insieme pezzo dopo pezzo l’intero genoma di un batterio (Mycoplasma mycoides, parassita polmonare di alcuni ruminanti) per poi introdurlo nella cellula di un batterio di una specie simile (Mycoplasma capricolum), cellula che era stata privata del suo corredo genetico originario. È importante rilevare che la cellula ricevente è di origine naturale e solo il genoma, che costituisce soltanto una piccola ma importantissima parte della cellula è stato sintetizzato inizialmente per via chimica».
«Gli scienziati hanno (ri)costruito il genoma 'artificiale' copiando il genoma di un batterio vivente già noto... Lo stato della tecnica e della conoscenza non consente di inventare 'ex novo' un intero genoma per la costruzione di un organismo completamente sintetico. Leggere un testo e copiarlo è tutt’altra cosa che averlo capito e interpretato; ancora adesso il funzionamento, anche di un organismo semplice come un batterio, è ben lontano dall’essere compreso nel suo complesso e ancor più lontano dal poter essere re-inventato».
«Per mettere insieme i diversi pezzi di Dna sintetizzati chimicamente e ottenere una quantità di genoma sintetico sufficiente per le manipolazioni genetiche, i ricercatori hanno usato un altro microrganismo, il lievito di birra (Saccharomyces cerevisae), come fabbrica cellulare... Per funzionare, il Dna ha bisogno di una macchina molto complicata, la cellula; questa macchina è costruita in base alle istruzioni impartite dal Dna stesso. Per il momento Venter e i suoi sono riusciti a 'copiare' in laboratorio il Dna di un microrganismo, ma è come se avessero impiegato una 'macchina usata' per farlo funzionare (ovvero un altro microrganismo privato del suo Dna naturale)».

 
Fonte: Avvenire, 3 giugno 2010