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La “Nota informativa” della Congregazione per la Dottrina della Fede pubblicata martedì 20 ottobre “circa gli ordinariati personali per anglicani che entrano nella Chiesa Cattolica” rappresenta una piccola rivoluzione nell’accostamento all’ecumenismo e s’inserisce pienamente nel magistero di Benedetto XVI. Offre anche un modello per il futuro ritorno alla Chiesa Cattolica di altri gruppi dottrinalmente vicini, ma con cui permangono divergenze sul piano disciplinare e liturgico.
Riassunto delle puntate precedenti: dopo il Concilio Ecumenico Vaticano II molte diocesi cattoliche, e molti esperti di ecumenismo, hanno scoraggiato il ritorno di singoli protestanti, ortodossi e anche anglicani alla Chiesa Cattolica. Accogliere oggi singole persone o gruppi, si diceva, avrebbe irritato i dirigenti delle comunioni o Chiese cristiane separate e avrebbe reso più difficile domani l’integrale ritorno a Roma di queste realtà. Benedetto XVI ha sempre avuto molti dubbi su questo accostamento, ritenendolo tipico di una sorta di “ultra-ecumenismo” che rischia di scadere nel relativismo. Sul piano teorico, non incoraggiare o addirittura ostacolare queste conversioni implica l’idea secondo cui è indifferente essere cattolici oppure protestanti, anglicani e così via. Nell’enciclica “Caritas in veritate” il Papa ha invece precisato che la dottrina della libertà religiosa proclamata dal Vaticano II “non significa indifferentismo religioso e non comporta che tutte le religioni siano uguali”. Sul piano pratico, Benedetto XVI sa bene che la piena unione con la maggioranza delle denominazioni separate da Roma nel loro insieme è un obiettivo talmente difficile da doverlo considerare umanamente impossibile. Gli anglicani – come ricorda la Nota – ci hanno messo del loro, prima ammettendo al sacerdozio e all’episcopato le donne, poi accogliendo e perfino celebrando i matrimoni omosessuali.
A questo punto il Papa ha detto basta: e la Nota permette di accogliere non solo singoli anglicani, ma interi gruppi anche molto numerosi – gli interessati sarebbero centinaia di migliaia, se non milioni – che rifiutano il sacerdozio femminile e le unioni omosessuali. Questi gruppi – ed è qui la novità – potranno mantenere le loro peculiarità liturgiche e i loro pastori anglicani sposati, che – rimanendo sposati – saranno ordinati ricorrendone le condizioni sacerdoti cattolici, anche se solo i celibi potranno diventare vescovi. Infatti per la Chiesa Cattolica il celibato sacerdotale è una questione puramente disciplinare, che ammette deroghe, mentre l’esclusione delle donne dal sacerdozio è una questione dogmatica e non tollera eccezioni.
La Nota rappresenta non solo la fine di un “ultra-ecumenismo” relativista, ma anche un modello per accogliere nella Chiesa Cattolica gruppi molto numerosi di fedeli – per esempio intere Chiese ortodosse e, perché no, il tradizionalismo lefebvriano – che potranno conservare le loro particolarità liturgiche e spirituali e i loro vescovi. A patto, naturalmente, di aderire integralmente alla dottrina cattolica e di riconoscere l’autorità del Papa.
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