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Aiutata dalla difesa che quasi l'intero Parlamento ha fatto dell'operato del Ministro degli Interni Angelino Alfano sul caso di Alma Shalabayeva e della sua bambina di 6 anni, il ministro degli Esteri Emma Bonino prova a sfilarsi dalla sua evidente responsabilità politica. Lo fa in occasione della riunione del Consiglio Affari Esteri dell'Unione Europea e dice che "ci sono ancora dei punti oscuri che altre istituzioni devono chiarire". Addossa, quindi, l'intera responsabilità sul Ministero degli Interni e sgomita nel tentativo di smarcarsi. Aggiunge:"per quello che seguo in solitario e con grande attività dal primo giugno, di fronte a istituzioni del Paese che continuavano a ripetere che tutto era regolare, la mia preoccupazione è stata difendere questa signora". Come? Non si comprende, visto che "quella signora", con la sua bambina, è stata espulsa dal nostro Paese senza un plausibile motivo.
Anche se fosse vero che, come dice di aver fatto, ha avvertito tutti – innanzitutto Presidente del Consiglio e Ministro degli Interni – di quel che stava accadendo, perché non ha convocato una conferenza stampa per difendere i diritti umani di "quella signora" o, ancora, perché non ha chiesto – neanche questo, risulta – formalmente a Letta d'intervenire? Ora, si dice preoccupata nel trovare "soluzioni che non indeboliscano la posizione italiana in Kazakistan e che possano dare adito a misure di rappresaglia da parte del governo di Nursultan Nazarbayev" e attacca l'ambasciatore kazako in Italia ("non lo riceverà più nessuno", dice), dopo che questi ha osato non presentarsi ad una convocazione del Ministero degli Esteri, facendo sapere che era in vacanza. Lo sberleffo lo riceve proprio dal Kazakistan, che ha convocato l'ambasciatore italiano in quel Paese. Lei, la Bonino, intanto, "sta valutando la situazione". Si accinge a "scendere in campo", dopo due mesi dagli avvenimenti che hanno ridotto in frantumi il prestigio internazionale dell'Italia, in termini di serietà e di buon governo. Il 24 luglio esporrà i fatti in Senato. Intratterrà i senatori sulla gestione "politica" del caso da parte del suo Ministero.
Non è, peraltro, l'unico "caso" sul quale dovrebbe dire qualche parola. Troppi sono stati, in questi mesi, i "casi" nei quali si è avuta l'impressione che il Ministro degli Esteri abbia assunto posizioni bizzarre, diciamo così. L'altro giorno si è espressa sul caso dei due marò italiani sequestrati in India contro tutte le norme del diritto internazionale. "Ci stiamo lavorando, sono molto fiduciosa", ha detto, aggiungendo che saranno a casa entro Natale. Qualche settimana fa, aveva sentenziato: "La strada da seguire è quella del processo rapido: non verremo meno dall'affermare le nostre convinzioni sul diritto internazionale, ma dobbiamo trovare ora il modo di riportarli a casa". Le nostre "convinzioni sul diritto internazionale" sarebbero quelle di accettare il processo in India, che ci rassicura sul fatto che non applicherà la pena di morte, anche se l'antiterrorismo sta ancora indagando. Non si capisce come faremo a far valere il diritto internazionale, se viene accettato il giudizio in India e non in Italia. Comunque, all'umiliazione di una condanna certa da scontare in Italia, occorreranno ancora due mesi di indagini.
Si dirà: la vicenda dei marò appartiene al precedente Governo e al precedente Ministro degli Esteri. Questa giustificazione – che peraltro non sta in piedi – non vale per la vicenda dell'aereo sul quale viaggiava il presidente boliviano Evo Morales, che si vede rifiutare il permesso di sorvolare lo Stato italiano dal Ministro degli Esteri, nonostante un accordo precedente con il quale l'Italia aveva invece concesso l'autorizzazione e configurando, quindi, una palese violazione delle norme che sovrintendono il diritto internazionale. La motivazione addotta è stato il sospetto che sull'aereo del presidente della Bolivia viaggiasse Eduard Snowden, il protagonista dello scandalo Datagate, al quale, peraltro, il Ministero degli Esteri italiano aveva negato di prendere in considerazione la richiesta d'asilo, dichiarando che la richiesta non poteva essere accolta "perché si sarebbe messa in crisi la fiducia tra alleati".
Che dire, poi, dell'Egitto, dove Emma Bonino ha trascorso qualche anno della sua vita e che conosce bene? Nel mese di giugno, intervenendo alla Camera sulle proteste in corso in Turchia, il Ministro degli Esteri italiano dichiarava: "Ma quale primavera araba? Piazza Taksim non è piazza Tahrir. E i turchi non sono arabi". La Bonino difende il regime illiberale di Erdogan, chiedendo da anni che la Turchia entri in Europa – importa poco se rispettando i diritti umani - e nello stesso tempo lancia uno strale contro coloro che volessero criticare le rivolte dei Paesi arabi: libere e democratiche e da non paragonare a niente e a nessuno. ''Il regime mantiene pieno controllo sull'economia, sui servizi segreti, sulla tv. Però resto ottimista su ciò che sta accadendo nella società. La democrazia non è un concetto, ma un processo: e ogni giorno si registrano novità impensabili fino a pochi mesi fa'', diceva la Bonino quando in Egitto c'era ancora Mubarak e i "Fratelli Musulmani" si preparavano a conquistare il potere. "Fino ad oggi – aggiungeva - si andava in piazza contro Israele, la guerra in Iraq, gli Stati Uniti, ma ora si manifesta per le riforme". Abbiamo visto il risultato delle riforme operato dai "Fratelli Musulmani". La popolazione allo stremo e il popolo "costretto" a tornare in piazza. Qual è la posizione politica italiana nei confronti di questi processi? O di quel che avviene in Siria, dalla quale due milioni di persone – la maggior parte bambini – sono stati costretti a fuggire negli ultimi due anni? Non è dato sapere.
Un disastro, la politica estera italiana di questi mesi. Ma, attenti, per molti non si può dire. Anzi, non si deve dire, perché le credenziali della Bonino devono rimanere intatte, anche per la prossima "scalata" al Quirinale. Noi dobbiamo dirlo, però. Anche e soprattutto a nome di coloro che non possono dirlo. A nome di tutti coloro che vengono assassinati dalla legge 194, di cui l'attuale Ministro degli Esteri è stata tra le principali artefici. Almeno su questo tema, la Bonino continua ad avere le idee chiare: "l'esercizio dell'obiezione di coscienza – sostiene - non può limitare l'esercizio della libertà di coscienza, non può di fatto impedire a un utente di accedere a un servizio che gli è dovuto, non può rappresentare un alibi per chi ha responsabilità nella gestione del servizio sanitario". In linea con quella cultura così diffusa nel Parlamento italiano, che certamente lei, con la sua lista che ha conquistato lo 0.19%, rappresenta così degnamente anche a livello internazionale.
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