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I risultati di voto delle amministrative dell'11 giugno 2017 hanno dato vita al solito battage mediatico su vincitori e vinti con i candidati del Centrodestra, Centrosinistra e Movimento 5 stelle, tutti impegnati a spiegare e difendere le ragioni e la bontà del proprio esito elettorale. In tale consueto balletto post-voto, l'unico risultato che non lascia adito ad alcuna più o meno fantasiosa o pragmatica lettura politica è quello del sindaco, area Pd, di Lampedusa e Linosa Giusy Nicolini, spodestata a sorpresa dal suo storico avversario di partito Salvatore Martello, detto Totò, presentatosi con la Lista civica Susemuni (Alziamoci).
Lo scrutinio nei confronti della Nicolini è infatti implacabile. L'ex segretaria di Legambiente, con i suoi 908 voti, si è dovuta accontentare addirittura di un terzo posto, dietro a Totò Martello, trionfante con 1.566 voti, e Filippo Mannino, il giovane assicuratore e giornalista scelto dal Movimento Cinque Stelle, che ha raggiunto quota 1.116 preferenze. Ultima classificata, la candidata della Lega Nord, Angela Maraventano, fermatasi a 231 voti.
IL FALLIMENTO DELLA POLITICA DELL'ACCOGLIENZA
La sconfitta della Nicolini rappresenta emblematicamente il fallimento della politica dell'accoglienza attuata in questi anni dal primo cittadino di Lampedusa. La popolazione dell'isola siciliana, appartenente all'arcipelago delle Pelagie, ha infatti scelto Martello per avviare un deciso cambio di strategia sul tema dei migranti. Una brusca inversione di rotta annunciata e confermata dal sindaco neoeletto che a caldo ha dichiarato: «adesso sul piano dell'accoglienza, o meglio dell'organizzazione dell'accoglienza, deve cambiare tutto. (...) Le nostre braccia restano aperte, ma vogliamo prima sapere quali sono le regole date: quanti ne possono arrivare, quanto tempo debbono restare, dove debbono stare».
Un riferimento esplicito alla controversa gestione dell'hotspot, del Centro di contrada Imbriacola, ad appena quattro chilometri dalle spiagge, circondato da reti metalliche e agenti di guardia, dove Martello promette di andare a fondo: «Non ne possiamo più di vedere sciamare i migranti ovunque. Debbono dirci se da quel Centro si può entrare o uscire senza problemi. Stabiliamo le regole. Si dica se reti metalliche e poliziotti servono solo per non fare entrare i lampedusani nel Centro accoglienza».
L'inequivocabile verdetto dei quattromila lampedusani affluiti in massa ai seggi, con una percentuale che ha sfiorato il 79%, assume un profondo e duplice significato politico. Da un lato, come detto, esso rappresenta un'evidente e sonora bocciatura della politica, senza se e senza ma, dell'accoglienza ai migranti, portata avanti negli ultimi anni da Giusy Nicolini. Dall'altro, evidenzia l'abissale scollamento esistente tra paese legale e paese reale, o potremmo dire, in questo caso, tra isola legale e isola reale.
INCENSATA DA TUTTI, ECCETTO CHE DAL POPOLO
Fino a ieri la Nicolini era infatti incensata da tutti come il candidato modello e la sua poltrona appariva salda ed intoccabile. Voluta da Matteo Renzi nella segreteria nazionale del Pd, ad ottobre 2016, l'oramai ex sindaco di Lampedusa era stata una delle quattro donne scelte come «simbolo dell'eccellenza italiana» per accompagnare l'allora premier Renzi alla Casa Bianca per la cena con l'ex presidente degli Stati Uniti, Obama.
Ma il suo apice, la Nicolini lo aveva raggiunto appena due mesi fa, ad aprile, quando assieme all'Ong francese SOS Méditerranée, era stata insignita del prestigioso premio Houphouet-Boigny per la ricerca della pace dell'Unesco «per la sua grande umanità e il suo impegno costante nella gestione della crisi dei rifugiati e della loro integrazione dopo l'arrivo di migliaia di rifugiati sulle coste di Lampedusa e altrove in Italia».
Nel ricevere il riconoscimento la Nicolini aveva così commentato: «questo premio è un grande onore per me, per Lampedusa e per i lampedusani. In un momento in cui c'è chi chiude le frontiere e alza muri parlando di una invasione che non c'è essere premiati con questa motivazione ci fa sperare in una Europa solidale, dove l'umanità non è sparita. È su questi valori, su questi principi che si fonda l'Europa. Diversamente rischiamo di naufragare anche noi insieme a profughi e migranti che tentano di attraversare il Mediterraneo».
Quindi la sindaca aveva ricordato a questo proposito l'invito all'accoglienza lanciato da Papa Francesco in occasione della sua prima visita pastorale, avvenuta a Lampedusa nel luglio del 2013, esortando i governanti e la popolazione europea a seguire le indicazioni papali in materia di immigrazione: «È l'unico che ha le idee veramente chiare. Speriamo che il suo insegnamento illumini anche le menti dei governanti e degli europei che nei prossimi mesi andranno a votare».
Evidentemente i cittadini lampedusani, vittime della sua ottusa politica dell'accoglienza non l'hanno ascoltata e alla prima occasione utile hanno svelato l'inganno dell'immaginaria ed ideologica isola che non c'è, facendo vedere a tutta l'Italia da che parte sta l'isola reale.
Nota di BastaBugie: Gianandrea Gaiani nell'articolo sottostante dal titolo "Morti nel Mediterraneo, le responsabilità delle Ong" parla dell'aumento delle imbarcazioni dedite al soccorso dei migranti illegali che provoca un aumento dei morti in mare, perché incoraggia gli scafisti ad abbandonare la gente in mare. L'agenzia europea Frontex pubblica le cifre da capogiro dei guadagni dei trafficanti di esseri umani.
Ecco dunque l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 17 giugno 2017:
Se ne è accorto anche il New York Times. L'aumento delle imbarcazioni dedite al soccorso dei migranti illegali, che dalla Libia puntano a raggiungere l'Italia e l'avvicinarsi delle barche delle Ong alle coste libiche hanno determinato un forte incremento delle morti in mare.
Che "salvare i migranti ne faccia morire di più" lo avevamo scritto già in più occasioni su NBQ spiegando con i trafficanti mettono in mare imbarcazioni sempre più scadenti e prive di carburante destinate ad andare alla deriva, sovraccariche, dopo pochi chilometri. Il New York Times rileva come le Ong arrivino a ridosso delle acque territoriali libiche e non nel Canale di Sicilia. "Prima del 2014, i salvataggi in mare avevano luogo vicino alle coste italiane. Alla fine dell'anno, si sono spostati sempre più a sud e dal 2015 verso la sponda libica. Ora le operazioni avvengono sul confine delle acque territoriali libiche" - osserva il quotidiano statunitense.
Naturalmente, tutto questo ha incoraggiato e incentivato le partenze, con imbarcazioni sempre più fatiscenti, rendendo il viaggio degli stessi migranti, seppur più breve, molto più pericoloso: "Le operazioni di soccorso dei migranti vicino alla costa libica hanno salvato centinaia di persone in mare. Ma questo ha introdotto un incentivo potenzialmente mortale, incoraggiando altri rifugiati a rischiare di mettersi in viaggio e gli scafisti a far partire un numero maggiore di navi". Un dato di fatto già analizzato in passato da Frontex come ha evidenziato il 15 giugno un articolo de Il Giornale. Secondo il quotidiano newyorkese, infatti, i trafficanti di esseri umani ora utilizzano bagnarole o gommoni e carburante appena sufficiente a raggiungere il confine delle acque territoriali libiche. "In questo modo gli scafisti possono spegnere il motore e scappare verso la Libia su un'altra imbarcazione, lasciando i migranti alla deriva fino all'arrivo dei soccorsi. I gruppi che monitorano la crisi dei migranti si aspettano che il bilancio delle vittime superi quello dello scorso anno". Aspetti già più volte sottolineati qui in Italia da chi scrive questo articolo ma che i fautori "dell'invasione" di immigrati illegali africani e islamici fingono di non comprendere.
Circa le soluzioni, il buonista New York Times scivola nel banale parlando di "migliorare le condizioni di vita nei paesi di provenienza o risolvere la crisi libica". Cose che richiederebbero anni o decenni e non sarebbero certo risolutive quanto un blocco degli sbarchi e i respingimenti in Libia dei migranti soccorsi che scoraggerebbero chiunque dal pagare i trafficanti e rischiare la propria vita, se non vi fossero possibilità di sbarcare in Europa.
Un quadro concreto della situazione lo ha fatto nei giorni scorsi il direttore dell'agenzia europea Frontex, Fabrice Leggeri, alla France Presse. In Grecia arrivano ormai solo "80 o 100 persone ogni giorno", a fronte dei circa "2.500 arrivi giornalieri" prima dell'accordo con la Turchia, dichiara il direttore dell'agenzia Ue. Tra coloro che arrivano dall'Africa attraverso il Mediterraneo centrale e la Libia, invece, il numero è aumentato dall'anno scorso di oltre il 40 per cento. La maggior parte di questi migranti proviene dall'Africa occidentale: si tratta soprattutto di senegalesi, guineani e nigeriani. "Non sono i più poveri a lasciare, perché devono essere in grado di pagare i trafficanti", ha sottolineato Leggeri stimando per i trafficanti di esseri umani un business tra i 4,7 e i 5,7 miliardi di euro nel solo 2015.
Questi profitti sarebbero scesi di quasi due miliardi di euro l'anno scorso. I maggiori trafficanti utilizzano i soldi guadagnati per intraprendere altre attività criminali che richiedono un investimento iniziale: "traffico di droga, traffico di armi o anche il finanziamento del terrorismo, non possiamo escluderlo", ha detto Leggeri. I fondi vengono talvolta spostati tramite il servizio di trasferimento di denaro Western Union, specialmente in Africa occidentale. In Africa orientale, i trafficanti utilizzano più spesso "hawala", un sistema informale di pagamento basato sulla fiducia che è molto più difficile da tracciare rispetto ai trasferimenti bancari.
Anche Leggeri sottolinea che il salvataggio in mare incoraggia la migrazione e, allo stesso tempo, il guadagno dei contrabbandieri che sovraccaricano le loro barche assicurando ai migranti che, una volta usciti dalle acque libiche, verranno soccorsi. "Non ci sono mai state così tante navi che pattugliano il Mediterraneo come nel 2016... purtroppo non ci sono mai stati così tanti morti, 4.000 decessi, secondo l'Oim", ha sottolineato Leggeri.
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