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GIANFRANCO RAVASI PAPA? UN RISCHIO CLAMOROSO
Il cardinale ama la fede simbolica e mette tra parentesi il fatto che i Vangeli narrino fatti storici
di Leandro Mariani
 

Questo ritrattino del cardinale Gianfranco Ravasi inizia con la seguente dichiarazione d'intenti. Dato che il sunnominato cardinale figura tra i papabili più amati dai media per il prossimo conclave e dato che nel corso degli anni ha dato prova di scivolare malamente su questioni dottrinali di capitale importanza, non si vorrebbe che l'eventuale elezione a Pontefice andasse a ricoprire con il sigillo dello Spirito Santo tutto ciò che il Nostro ha detto e fatto in questi decenni.
Detto questo, il ritrattino inizia con la citazione di un giornalista che di sicuro non gli è ostile. Giusto un anno fa, il 28 febbraio, su "Europa", Aldo Maria Valli descriveva il cardinale Ravasi così: «(…) firma articoli su giornali e riviste di ispirazione cristiana ma anche su testate laiche come "Il Sole 24Ore" (dove ha un seguitissimo blog), è spesso al centro di iniziative culturali (l'ultima, in ordine di tempo, la "Biblioteca universale cristiana" promossa dal settimanale dei Paolini e aperta con un volume, Che cos'è l'uomo?, firmato, manco a dirlo, dallo stesso Ravasi), gira le università di mezzo mondo per promuovere il "Cortile dei Gentili" (una sorta di nuova Cattedra dei non credenti voluta da Benedetto XVI), passa con disinvoltura da una tavola rotonda a una conferenza, scrive recensioni a getto continuo, pubblica libri a ritmi vertiginosi, conduce trasmissioni tv e, non contento, è stato il primo cardinale ad adottare Twitter come abituale strumento di comunicazione diventando in poco tempo un punto di riferimento per tantissimi followers (quasi 14 mila) non solo cattolici, non solo cristiani e non solo credenti. (…) Ma come fa a produrre così tanto?», gli ho chiesto una volta. «Semplice» – ha risposto con understatement – «dormo pochissimo e di notte scrivo».
Ma la domanda da fare sarebbe stata un'altra: Con tutti questi impegni come fa, eminenza, a trovare tempo anche per pregare? O per dir Messa? O per confessare? O per visitare gli infermi? O per assistere i poveri? O per fare il catechismo?. A meno che l'egregio Aldo Maria non abbia trovato come risposta uno dei numerosissimi libri del Cardinale, che si intitola Cinque minuti con Dio. Basta solo fare due conti. La libreria online Amazon accredita a Ravasi 325 titoli. Anche eliminando eventuali ristampe e doppioni, si scende a circa 250 titoli: se il cardinale ha cominciato a produrre appena uscito dalla terza ginnasio saltando la fase delle poesie adolescenziali, fanno 4 libri e rotti all'anno. E che libri. Per fare un esempio, nel suo recente Guida ai naviganti (Mondadori), quando parla del peccato originale, dice che si tratta soltanto di «un'apparente narrazione storica».
E spiega che tale narrazione contiene «eventi e una trama, che hanno però un valore simbolico, filosofico-teologico, quindi sapienziale ed esistenziale». Insomma, il libro della Genesi non intenderebbe «spiegare cosa sia successo alle origini, ma (…) individuare chi è l'uomo nel contesto della creazione: (…) Si risale all'archetipo (…) non per narrare cosa sia accaduto nel processo di ominizzazione in senso scientifico o per scoprire gli atti di un singolo individuo primordiale, ma per identificare nella sua radice iniziale lo statuto permanente di ogni creatura umana».
C'è da chiedersi che fine faccia il principio cardine della dottrina cattolica, riaffermato con forza da Pio XII, secondo il quale tutto il genere umano ha la sua – reale e storica, altro che simbolica – origine in una comune coppia di progenitori, i quali realmente si macchiarono della colpa originale, e realmente, per via genetica, trasmisero il peccato originale a ogni uomo di ogni tempo. Senza questa verità, la dottrina del peccato originale, e quindi della redenzione di Cristo, evapora. Il 31 marzo del 2002, fece scalpore, e forse costò al Nostro il ritardo nella nomina episcopale, un articolo pubblicato sull'inserto culturale del "Sole 24Ore" con il titolo Non è risorto, si è innalzato. Si era a ridosso della Pasqua e, naturalmente, si parlava di Gesù. Ne seguì una polemica e, come accade sempre in questi casi, tutta la colpa ricadde sul povero titolista.
Ma nell'articolo si leggeva: «L'ascensione-esaltazione-innalzamento non è, quindi, da concepire in termini materialistici o "astronautici", ma secondo categorie metafisiche e teologiche: fra l'altro, in tutte le culture il cielo è l'area della divinità perché trascende l'orizzonte terreno, è il simbolo della superiorità e diversità di Dio rispetto all'uomo. (…) Ora comprendiamo perché gli evangelisti si sono rifiutati di ridurre quello che avviene al sepolcro di Cristo entro i confini di una rianimazione di cadavere e siano invece ricorsi a linguaggi più profondi e simbolici».
Insomma, che i Vangeli narrino fatti storici, al Presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura proprio non va giù. Tanto da censurare persino il Papa. Lo ha fatto nell'introduzione all'edizione illustrata del Gesù di Nazaret di Benedetto XVI. Là dove il Papa nella prima edizione scriveva «Ho voluto tentare di presentare il Gesù dei Vangeli come il Gesù reale, come il Gesù storico in senso vero e proprio», Ravasi riportava solo mezza frase: «Ho voluto fare il tentativo di presentare il Gesù dei Vangeli come il Gesù reale». Il Gesù storico è sparito con questo commento: «Notiamo l'aggettivo "reale": non è automaticamente sinonimo di "storico", perché noi sappiamo che molti eventi non sono registrati, suscettibili d'essere documentati e verificabili storicamente, anche se risultano profondamente reali. In Gesù coesistono varie dimensioni, storiche, mistiche e trascendenti».
Anche sulla questione omosessuale pare che il cardinale Ravasi abbia, o almeno abbia avuto, idee, per così dire, eccentriche rispetto al magistero. Nel 2004, l'editrice Ancora pubblicò un libro di don Domenico Pezzini, noto allora per essere animatore del gruppo di omosessuali credenti "La fonte" e più tardi per una condanna a dieci anni di carcere per violenza sessuale su un giovane immigrato. Il libro si intitolava Le mani del vasaio. Un figlio omosessuale: che fare? e sosteneva tesi piuttosto ardite, tanto da dover essere riscritto per intere parti a causa delle forti proteste del mondo cattolico e della stessa Congregazione per la dottrina della fede.
Il libro di don Pezzini riportava la prima versione, quella contestata, ma l'allora monsignor Ravasi elogiò il lavoro di don Pezzini sul solito "Sole 24Ore" e anche sul mensile cattolico "Letture", dove scrisse: «Tre sono le stelle che orientano il suo impegno, e che si riflettono anche in queste pagine: accogliere, comprendere, aiutare. Detta così, questa trilogia sembra generica e moralistico-paternalistica; la lettura delle pagine del libro e le testimonianze finali, compreso il bel messaggio del Comitato pastorale statunitense per il matrimonio e la famiglia».
A coronamento di tutto questo non è possibile non citare "Il cortile dei Gentili", la ribalta universale con quale Ravasi celebra il suo incontro con il mondo. Qui tiene le liturgie mediatiche in cui compare nelle vesti di gran sacerdote della resa del cattolicesimo alla debolezza del pensiero mondano. Ma lo fa con grandeur, con charme, come si conviene al vero trionfatore postmoderno. Da gran principe del "cattolicismo", ha predicato pubblicamente gli esercizi all'ateo presidente della repubblica Giorgio Napolitano: contraltare laico della predicazione degli esercizi spirituali al Papa appena terminata. Per farsi un'idea del "Cortile" conviene farsi un giretto nel suo sito internet. Non fosse che per ascoltare l'inno, che si intitola Tu ignoto e propone ritornelli come questo : «Tu Ignoto, Tu Ignoto,/ chi sei, da dove vieni?/ Tu Ignoto, Tu Ignoto,/ sono io simile a Te o forse Tu a me?/ Tu Ignoto, Tu Ignoto,/ parliamo un poco e camminiamo insieme». Da un aspirante Papa, ci si aspetterebbe che ci facesse fischiettare qualche certezza in più.

 
Fonte: Corrispondenza Romana, 27/02/2013