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« Torna agli articoli di Leone Grotti
«Ho lavorato in molti paesi, tra cui Bosnia, Congo, Sud Sudan, Somalia e Centrafrica. Ma non ho mai visto niente del genere. Non riesco a capire tanta disumanità. Mi sono sentita male». Così Zainab Bangura, rappresentante speciale dell'Onu per i crimini sessuali nelle zone di conflitto, ha parlato a Middle East Eye, descrivendo le atrocità compiute dallo Stato islamico sulle donne rapite in Iraq e Siria.
Bangura ha visitato di recente i campi profughi dove vivono decine di migliaia di persone scappate dalla guerra in Siria e Iraq. L'inviata dell'Onu ha incontrato molte donne, rapite dall'Isis e poi scappate, che le hanno raccontato le loro traversie. Nelle mani dei terroristi islamici si troverebbero ancora tra le 3.000 e le 5.000 donne, appartenenti soprattutto alla minoranza yazida, perseguitata in Iraq perché considerata eretica e colpita nell'agosto del 2014, con la conquista di Sinjar.
«Dopo aver attaccato un villaggio - racconta Bangura - l'Isis ha separato le donne dagli uomini, giustiziando questi ultimi e i bambini a partire dai 14 anni. Donne e madri sono state divise; le donne sono state denudate e dopo un test di verginità, sono state esaminate [e classificate in base a] bellezza e dimensioni del seno. Le più giovani e quelle considerate più belle venivano inviate a Raqqa con i prezzi più alti».
VENDUTA PER 22 VOLTE
Secondo l'inviata dell'Onu, c'è una precisa gerarchia: «Gli sceicchi hanno la prima scelta, poi vengono gli emiri e infine i combattenti. Spesso se ne prendono tre o quattro ciascuno e le tengono un mese o giù di lì, fino a che non si stufano e le rispediscono al mercato. Le schiave vengono vendute all'asta, i compratori tirano sul prezzo in modo selvaggio, facendolo abbassare se le ragazze sono piatte o bruttine».
Una delle storie più terribili riguarda una ragazza «venduta per 22 volte e un'altra, fuggita una prima volta, che ci ha raccontato che uno sceicco dopo averla ripresa le ha scritto il suo nome sul dorso della mano per mostrare che lei era la sua "proprietà"».
I membri dello Stato islamico trattano le donne proprio come animali: «Stupri, schiavitù sessuale, prostituzione forzata e altri atti di brutalità estrema vengono commessi. Abbiamo sentito di una ragazza di 20 anni bruciata viva perché si era rifiutata di compiere un atto sessuale estremo. Ma siamo venuti a conoscenza di altri atti sessuali sadici. Fatico a capire la mentalità di persone che commettano simili crimini».
TORNA LA SCHIAVITÙ COME PREVEDE IL CORANO
Sono gli stessi terroristi ad aver spiegato la loro mentalità a riguardo nel quarto numero della rivista jihadista, Dabiq. Scrivono gli islamisti: «Dopo la cattura, le donne yazide insieme ai loro bambini sono state divise tra i combattenti dello Stato islamico che hanno partecipato alle operazioni di Sinjar. In seguito, un quinto delle schiave sono state trasferite nel centro dello Stato islamico per essere divise come khums», cioè la quinta parte del bottino che Maometto storicamente teneva per sé e per la comunità. «Questa riduzione in schiavitù di famiglie politeiste è la prima probabilmente da quando è stata abbandonata la sharia. (...) Le yazide schiavizzate ora sono state vendute ai soldati dello Stato islamico».
La schiavitù forzata delle donne eretiche non viene solo presa come un fatto positivo, ma anche giustificata alla luce dell'islam: «Bisogna ricordare che rendere schiave le famiglie degli infedeli e prendere le loro donne come concubine è un aspetto stabilito in modo chiaro dalla sharia. E se qualcuno la negasse o la prendesse in giro, negherebbe e prenderebbe in giro i versi del Corano e le narrazioni del Profeta, e di conseguenza diventerebbe un apostata».
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