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« Torna agli articoli di Leone Grotti
Si può certamente essere contrari all'aborto in Francia. Basta non dirlo. Il succo del ragionamento del ministro francese per i Diritti delle donne, Laurence Rossignol, sarà presto messo nero su bianco in una legge prevedendo multe e arresti per i contravventori.
Il nuovo delitto che il ministro vuole inserire nel progetto di legge sull'uguaglianza e la cittadinanza si chiama "reato di intralcio all'aborto", già esistente in Francia, e sarà esteso ai siti internet che diffondono informazioni «fuorvianti» sulla realtà dell'interruzione di gravidanza. Ad oggi il reato, introdotto per la prima volta nel 1993, prevede una sanzione fino a due anni di carcere e 30 mila euro di multa ed è applicabile a chi impedisce alle donne o ai medici l'accesso a cliniche e ospedali per l'aborto o a chi «esercita pressioni morali e psicologiche, minacce o atti intimidatori» verso di loro.
Il reato è stato già esteso una prima volta nel 2014 per punire gli atti intimidatori contro le donne che si informano sulla realtà dell'aborto in un ospedale o in un centro di pianificazione familiare o in un altro centro di informazione. Per il ministro Rossignol, «il reato ha funzionato molto bene, non perché ci siano state molte condanne ma perché queste azioni sono sparite, senza dubbio per la paura dei gendarmi».
VIETATO DISSUADERE LE DONNE
L'operazione per chiudere la bocca a chiunque osi manifestare un pensiero contrario all'aborto, però, non è ancora conclusa: «Essere ostili all'aborto è un'opinione che chiunque può esprimere liberamente e attraverso tutti i mezzi nel nostro paese», concede benevola il ministro. «Ma attirare le donne su siti internet presentati come siti di informazione, che usano un vocabolario e un'immagine giovane, moderna per poi fornire false informazioni, fuorvianti, al solo scopo di dissuadere le donne dall'abortire, colpevolizzandole, questo è inaccettabile. Si chiama manipolazione».
Chi insomma scrive su un sito internet che l'aborto è un omicidio, che causa danni psicologici (e a volte fisici) alle madri, ma anche ai padri, e che ci sono altre soluzioni oltre all'interruzione di gravidanza, «manipola» le donne e va messo a tacere. Ma a chi si riferiva il ministro? Ad esempio a siti come afterbaiz.com, che riporta spesso le testimonianze di donne famose che scelgono di abortire o non abortire. Mostrando sempre, in ogni caso, che la scelta è controversa e dolorosa.
NON SERVE RIFLETTERE
In un paese dove si verifica un aborto ogni quattro nascite, cioè 218 mila interruzioni di gravidanza nel 2015 a fronte di 810 mila nascite, questi discorsi non si devono fare. Nessuno, cioè, deve poter anche solo insinuare che l'aborto non è l'unica scelta di fronte a una gravidanza difficile o indesiderata. Negli anni il governo socialista di François Hollande è riuscito a rendere l'aborto un «diritto fondamentale» a tutti gli effetti, abolendo addirittura l'obbligo di riflessione di sette giorni tra il colloquio con un medico e quello con un secondo medico, con la scusa che «stigmatizza le donne che hanno già deciso». Come se su un tema così importante non si potesse cambiare idea. Per la cronaca, per rifarsi il seno è ancora in vigore un obbligo di riflessione di due settimane.
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