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Succederà nel 2022: in Europa e in tutto l'Occidente il Natale non verrà più celebrato, i riti dell'Avvento saranno posticipati in primavera, presepi, stelle e babbi natale perderanno ogni fascino per grandi e piccini. Al posto della stella cometa, splenderà nel cielo un grande pallone multicolore, dirette non stop sulla World Cup con la notte santa della vigilia in collegamento planetario con lo stadio di Doha per la finalissima. A riscaldare i cuori non ci saranno il bue e l'asinello, ma i 30 gradi all'ombra del Quatar. Con la benedizione dell'islam e sotto la protezione dei potenti sceicchi delle petromonarchie del Golfo. É la pura realtà, mica il fantasioso sequel di Soumission II, La Partita Finale di Michel Houellebecq (il suo romanzo, tra l'altro, è proprio ambientato nel 2002). E a questa partita finale, Gli Stati arabi si stanno preparando da tempo, insieme ai vertici del bureau mondiale del calcio: Fifa, Uefa, Comitato esecutivo, Federazioni e singole società calcistiche nazionali.
In Qatar i Mondiali si giocheranno fra il 19 novembre e il 23 dicembre e non, come al solito in estate, per il fatto che a luglio le temperature arrivano a sfiorare i 50 gradi. Una bolgia infernale più che una partita di calcio. Scartata la finestra estiva, sono state bocciate altre soluzioni perché incompatibili con altri importanti appuntamenti sportivi (Giochi olimpici invernali e altro). A maggio poi, periodo suggerito dai club, fa già troppo caldo. Ci sarebbe la primavera. Scherziamo? Non se ne parla proprio, hanno subito obiettato i qatarini: nel 2022 il ramadan, mese sacro dell'islam, cade proprio ad aprile e mica si può giocare a calcio mentre milioni di musulmani pregano e digiunano. Meglio dunque (per loro) un Mondiale sotto l'Albero e davanti alla grotta di Betlemme. Tutti d'accordo: messe a tacere anche le proteste delle Federazioni che non volevano interrompere i campionati per sei o sette settimane. Problema risolto con la promessi di indennizzi milionari: da quelle parti il denaro non manca.
Silenziate e insabbiate anche le accuse di corruzione e brogli nell'assegnazione dei Mondiali al Paese arabo. Allora si parlò di commissari corrotti e da sostanziose mazzette, 5 milioni di dollari, per comprare il voto favorevole dei delegati africani. L'indagine della Commissione etica della Fifa, però, non riscontrò «alcuna violazione di norme e regolamenti» e la cosa si chiuse lì. Resta la grana dei diritti umani, ma pure questa è stata monetizzata. Per costruire stadi e infrastrutture a tempo di record, il Qatar ricorre a operai di 42 diverse nazionalità (Nepal e India) pagati niente e spesso ricattati col ritiro del passaporto. Già adesso le vittime nei cantieri sarebbero già mille, il prezzo del Mondiale potrebbe essere di 4mila vite, alla fine. Ma per i dollari degli sceicchi e i futuri investimenti in quell'area dove la sabbia vale oro, questo e altro. E nell'altro c'è pure lo spostamento obbligato dei giochi a ridosso del Natale per non intralciare il ramadan islamico. E chi se ne importa dei cristiani e delle loro feste sacre.
QUATTRINI E FANATISMO
Lo Stato islamico ha appena rapito centinaia di cristiani assiri in Siria, tagliato la gola ai copti, bruciatele chiese e deportato le popolazioni cristiane dell'Iraq, abbatte le croci come fossero piante velenose. In Europa noi le rimuoviamo e aboliamo riti e tradizioni millenarie solo per compiacere Allah. Ora anche il calcio, diventato business planetario, si sottomette al peloso e ipocrita rispetto a dell'unica religione che mette insieme quattrini e fanatismo, petrolio e terrore, società quotate in Borsa e indifferenza ai diritti umani più elementari. Ed è davvero scandaloso che proprio al Qatar l'Occidente regali il dono di grandissimo valore di diventare la vetrina del calcio mondiale: tra i Paesi arabi, il Qatar è stato e probabilmente continui a essere, uno dei maggiori finanziatori del Califfato dell'Is, nonostante partecipi alla Coalizione degli Stati del Golfo contri lo Stati islamico. Doppio gioco, recentemente messo alla scoperto anche dalle accuse di terrorismo rivolte da Egitto e Giordania.
Sottomissione volontaria anche se non gratuita che ha spinto qualche mese fa i dirigenti della squadra di calcio del Real Madrid di accogliere la richiesta della Banca nazionale di Abu Dhabi di rimuovere la croce dorata posta in cima al suo celebre stemma. Meglio non innervosire gli sceicchi. Così come il Barcellona, sponsorizzato da Qatar Airways, durante una tournée in Medio Oriente aveva sostituito la croce di San Giorgio stampata sulla maglietta con una linea rossa verticale. La stessa croce cancellata da alcuni gate dell'aeroporto di Heathrow o dai taxi di Blackpool e Cheltenham, in Inghilterra. In Turchia, l'Inter fu accusata per aver indossato una maglia speciale, in occasione del centenario, in cui una grande croce rossa campeggiava su sfondo bianco. Troppo in stile templare e "islamofoba", per i maomettani turchi. Grandi compagnie come Swatch, Tissot e Victorinox, hanno eliminato la croce della bandiera svizzera dalle pubblicità nei Paesi arabi e asiatici.
In Norvegia, la Nrk, la televisione pubblica, ha censurato, per "offesa all'islam", la sua anchorwoman di punta, Kristin Saellmann, per essersi presentata alle telecamere con un crocifisso al collo. Nelle missioni internazionali, i mezzi della Croce Rossa hanno rinunciato al loro storico logo e non è detto che prima e poi anche la Ue toglierà dalla sua bandiera le stelle gialle su sfondo blu. Ricordano troppo la Vergine Maria e la sua corona di dodici stelle. Domanda finale: come si comporteranno gli arbitri di Doha quando qualche giocatore, prima della partita, si farà il segno della croce in diretta mondiale? In Arabia Saudita quel gesto costa la galera. Perché non invitare i calciatori europei a dare un bel bacio al crocifisso ogni volta che scendono in campo?
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