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LA SHARIA È ARRIVATA ANCHE DA NOI
L'Inghilterra apre al codice religioso islamico e in Italia...
di Magdi Cristiano Allam
 

Che l’Occidente odi se stesso è dimostrato principalmente dalla sua sottomissione agli islamici. Nel luglio 2008 Lord Nicholas Addison Phillips, Lord Chief Justice, capo del sistema giudiziario di Inghilterra e Galles, quindi la figura giuridica più importante della Gran Bretagna, ha sostanzialmente legittimato la sharia, sostenendo che «non c’è alcuna ragione per cui i principi della sharia o di qualunque altro codice religioso non debbano fornire le basi per una mediazione o per altre forme di composizione delle dispute». A suo avviso, la legge islamica potrebbe essere usata per risolvere dispute e liti familiari. Si tratta di fatto di un ulteriore passo in avanti del sistema ideologico del multiculturalismo verso l’accreditamento di un doppio o multiplo binario giuridico per coloro che condividono lo stesso spazio fisico, con una legge per gli autoctoni e la sharia per i musulmani, proprio perché si considerano appartenenti a identità collettive differenziate se non conflittuali.
In precedenza l’arcivescovo di Canterbury Rowan Williams, il primate della Chiesa anglicana, si era espresso a favore dell’adozione della sharia nel codice britannico. E, sempre sulla scia dell’islamicamente corretto, il governo laburista di Gordon Brown ha di fatto riconosciuto la poligamia accordando gli assegni familiari alle mogli poligame. Ecco come la Gran Bretagna, massima espressione del multiculturalismo, del relativismo etico e dell’islamicamente corretto, si sta sottomettendo sempre più all’arbitrio del terrorismo dei taglialingua islamici, illudendosi che così facendo riuscirà a salvare la pelle dal terrorismo dei tagliagola, che ormai è un prodotto autoctono e i cui attori sono cittadini britannici.
Ed è del tutto singolare e contraddittorio che Lord Phillips specifichi che l’applicazione della sharia in Gran Bretagna non dovrà contrastare la legge britannica, aggiungendo che «chi vive qui è soggetto alla giurisdizione dei tribunali britannici». Qualcuno gli dovrebbe ricordare che il Common Law e la sharia sono semplicemente incompatibili, perché lo Stato di diritto europeo, che si fonda sulla fede e la cultura giudaico-cristiana, ha posto al centro della sua concezione giuridica il principio dell’inviolabilità della persona, mentre per la sharia la persona non ha diritti autonomi ed è invece sottomessa ad Allah, alla società, alla tribù e alla famiglia. Così come deve essersi scordato che i tribunali islamici esistono in Gran Bretagna sin dal 1982 ed emettono sentenze sulla base della sharia su questioni attinenti al diritto della famiglia e alle dispute patrimoniali.
La posizione di Lord Phillips è stata sostanzialmente avallata dal portavoce del ministero della Giustizia, che ha dichiarato: «La legge inglese, che è basata sulla condivisione dei valori di uguaglianza, ha la precedenza su ogni altro sistema legale. Il governo non ha intenzione di cambiare la sua posizione anche se è disposto a considerare la legge islamica in casi di diritto civile come questioni di eredità e conflitti domestici». Un gioco di parole che si traduce di fatto nel sì alla sharia in seno alla legge britannica.Ma anche nel nostro paese stiamo andando in questa direzione. In diversi casi i tribunali italiani hanno di fatto accettato di accondiscendere alle regole della legge islamica. Una sentenza del tribunale di Bologna (decreto del 13 marzo 2003, giudice Arceri) ha riconosciuto indirettamente la validità della poligamia in Italia per i musulmani che hanno contratto matrimoni nei loro paesi d’origine, «essendo irrilevante il comportamento tenuto all’estero dallo straniero la cui legge nazionale riconosce la possibilità di contrarre più matrimoni». Nell’ottobre 2008 la Corte d’appello di Cagliari ha riconosciuto di fatto la validità del divorzio islamico, accogliendo la richiesta di un cittadino egiziano di convalida del ripudio nei riguardi della moglie avvenuto in Egitto. La Corte d’appello ha riconosciuto «efficace nell’ordinamento italiano il provvedimento di divorzio, ordinando la trascrizione del provvedimento egiziano nel Registro di Stato civile del Comune di Cagliari». In realtà si tratta del cosiddetto talaq, vale a dire il «ripudio» che l’uomo compie verso la donna pronunciando tre volte la formula rituale «talaq» (io ti ripudio) e consegnandole un attestato di ripudio.

 
Fonte: 28 aprile 2009