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UN MARZIANO CI DESCRIVE
Umani brava gente: solo, non tollerano il silenzio
di Marina Corradi
 

Metti che un marziano, un giorno, si incammini per una nostra città, dovendo riferire ai suoi capi, in una galassia lontana, degli usi degli indigeni in questa provincia della Via Lattea.
Lo straniero si avvia per le strade della prima mattina, tra il traffico e gli autobus affollati, e frettolosi passanti con il giornale sottobraccio. Niente di strano, pensa il marziano, anche sul suo pianeta si va di fretta, a quell’ora. Bambini assonnati con lo zaino in spalla trascinati da genitori in ritardo. Cani ipernutriti strattonati col guinzaglio da padroni impazienti. Anche da noi va così, sorride fra sé lo straniero, tutto l’Universo è paese. E va a bersi un caffè al bar.
Nel locale la radio è a tutto volume. Borsa, meteo, pubblicità martellano sgradevolmente le delicate orecchie dell’alieno. Esce in fretta, infastidito, e pericolosamente lo sfiora un grosso fuoristrada dal cui abitacolo viene una musica al massimo volume. Lo straniero vorrebbe chiedere un’indicazione, si è perso, ma tutti quelli che incrocia stanno parlando al cellulare. Un altro, cui rivolge la parola, non gli risponde nemmeno, estraniato dalla cuffia dell’iPod. Affamato, il marziano entra in un supermercato. Anche qui musica, canzonette e un dee-jay che parla, parla, parla del nulla e ride, senza riprendere fiato.
Annota il forestiero nel suo bloc notes digitale: «Pianeta Terra: gli abitanti paiono ragionevoli e laboriosi; tuttavia, sembrano non sopportare il silenzio».
L’osservazione dell’alieno, che casualmente ho incrociato e con cui ho fatto due chiacchiere, mi ha colpito. In effetti è sempre più raro trovare un locale pubblico, un ipermercato, un parrucchiere dove non ti inseguano le note e le parole di una radio, e dediche alla fidanzata, e previsioni del tempo, e oroscopi, e dibattiti sul gas serra. Ogni argomento va bene, ogni melodia già sentita mille volte è bene accolta, ogni jingle molesto di pubblicità è tollerato: tutto, purché non il silenzio. Sali su un taxi all’alba. «All’aeroporto», dici assonnata, sono le sei e già la radio è al massimo, dibattono, discutono, orbitano sul nulla. Ma non le dà fastidio la radio sempre accesa?, chiedi al tassista. Ti guarda nello specchietto retrovisore, considera perplesso la domanda: «Fastidio? No, mi fa sentire meno solo».
E parliamo, parliamo, il cellulare incollato all’orecchio; e ascoltiamo, ascoltiamo, la tv sempre accesa in soggiorno, anche se non la guardiamo. Sembra che abbiamo un comune nemico da cacciare. Come un intollerabile vuoto che occorre colmare, non importa come. Lo spazio di un’incognita, di un’attesa che non ci è più sopportabile – giacché non sappiamo cosa aspettare. E dunque quello spazio aperto crea un’ angoscia, che bisogna affannosamente seppellire.
L’alieno è ritornato nella sua galassia. Ha riferito: «Terrestri, brava gente. Solo, stranamente intolleranti del silenzio. Si direbbe, quasi, che ne abbiano paura».

 
Fonte: Avvenire, 23 ottobre 2008