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« Torna agli articoli di Massimo Introvigne
I preti pedofili esistono. Come ha ricordato il Papa, sono "una vergogna" per la Chiesa e nei loro confronti non è giustificata nessuna tolleranza. Ma vi è anche un'altra categoria che non dev'essere dimenticata in questo lungo venerdì santo della Chiesa: quella dei preti accusati ingiustamente. Dal tentativo nazista di screditare la resistenza della Chiesa tedesca al regime moltiplicando le accuse di pedofilia – quasi tutte false – agli studi legali miliardari americani che sparano accuse talora davvero insensate al solo scopo di spillare quattrini alla Chiesa, c'è una storia parallela di calunnie che, per i sacerdoti che le subiscono, costituiscono un vero martirio.
Ricorre quest'anno il decimo anniversario di una vicenda dolorosissima che ha coinvolto un sacerdote italiano, don Giorgio Govoni (1941-2000). Questo parroco della Bassa Modenese – un parroco esemplare, amatissimo dai suoi parrocchiani – è accusato nel 2007 da un'assistente sociale, che afferma di avere intervistato tredici bambini, di guidare un gruppo di «satanisti pedofili» che praticherebbero riti satanici in diversi cimiteri tra Mirandola e Finale Emilia, violentando e talora uccidendo bambini (di cui peraltro non si sono mai trovati i corpi). Rinviato a giudizio, è ritenuto colpevole dal pubblico ministero che chiede per lui quattordici anni di carcere. La Curia di Modena si schiera fin dall'inizio con lui e ne sostiene la difesa, facendo appello anche a chi scrive, il quale crede di avere dimostrato in una perizia di parte il carattere assolutamente inverosimile delle accuse. Ma, dopo l'arringa del pubblico ministero, don Giorgio muore stroncato da un infarto nell'ufficio del suo avvocato il 19 maggio 2000.
La morte del sacerdote estingue le accuse contro don Giorgio, ma la sentenza nei confronti dei coimputati mostra che i giudici del Tribunale di Modena credono nonostante tutto agli accusatori. La situazione però si rovescia in sede di appello, interposto anche dai difensori del sacerdote defunto per riabilitarlo almeno post mortem. L'11 luglio 2001 la Corte d'Appello di Bologna dichiara che nella Bassa Modenese non è mai esistito un gruppo di «satanisti pedofili» e che don Giorgio è stato ingiustamente calunniato sulla base di fantasie indotte in bambini molto piccoli da un'assistente sociale che ha letto una certa letteratura su casi americani. Nel 2002 la sentenza di appello è confermata dalla Corte di Cassazione, con soddisfazione delle autorità ecclesiastiche e dei parrocchiani che hanno sempre visto in don Giorgio un eccellente sacerdote travolto da accuse inventate.
Ogni anno i suoi parrocchiani, spesso con la presenza del vescovo di Modena, si riuniscono sulla tomba di don Giorgio. Io, che l'ho conosciuto personalmente, sono rimasto sia edificato dalla sua testimonianza di sacerdote e di uomo d'intensa preghiera, sia spaventato dalla facilità con cui chiunque – magari per essersi scontrato con un'assistente sociale sulla gestione di alcune famiglie in difficoltà – può essere umanamente e moralmente distrutto da accuse infamanti immediatamente riprese dai media prima di ogni verifica. Ricordare a dieci anni dalla morte don Giorgio Govoni non assolve certamente nessun sacerdote davvero colpevole di abusi. Ma ci ricorda che esistono pure i fabbricanti di calunnie. Anche nei loro confronti è giusta la tolleranza zero.
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