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« Torna agli articoli di Riccardo Cascioli
Si prova sempre un certo dolore quando si vede lo Ior (Istituto per le Opere di religione) occupare le pagine di cronaca per motivi poco edificanti. Il motivo è evidente: la Banca Vaticana dovrebbe custodire al meglio, far fruttare, tutti quei beni che persone e aziende le affidano perché possano aiutare le opere di religione e di carità, la missione della Chiesa. In passato lo Ior fu coinvolto in faccende molto gravi, poi iniziò la stagione del cammino verso la pulizia interna e la trasparenza esterna, per adeguarsi alle norme anti-riciclaggio applicate in Europa: misure peraltro necessarie per uno Stato, come la Città del Vaticano, che ha ufficialmente adottato l'euro.
Ora un episodio increscioso ci rivela che quel cammino si è bruscamente interrotto: la Banca d'Italia ha bloccato tutti i Pos (il servizio di pagamenti con Bancomat) all'interno del Vaticano, un'ottantina di esercizi commerciali inclusi i Musei vaticani. Il motivo originale sta nel fatto che i Pos, collegati con la Deutsche Bank, erano stati collocati senza autorizzazione della Banca d'Italia; ma soprattutto è stata respinta la richiesta di "sanatoria" da parte della banca tedesca perché, dice la Banca d'Italia, «nella Città del Vaticano mancano sia una regolamentazione bancaria sia il riconoscimento europeo di "equivalenza" antiriciclaggio». Infatti – secondo la ricostruzione del Corriere della Sera - ci sono circa 40 milioni di euro passati su un conto alla Deutsche Bank, di cui però non si conosce l'intestatario.
Ma allora che fine ha fatto la famosa legge 127, in vigore dal 1° aprile 2011, che doveva servire a rientrare nella lista delle banche "buone"? E come mai nel luglio scorso la segreteria di Stato vaticana ha presentato trionfalmente il rapporto Moneyval, ovvero l'esito dell'ispezione delle autorità bancarie europee, lasciando credere che la strada verso la piena riabilitazione dello Ior fosse ormai un'autostrada? Domande che ogni buon fedele ha diritto di rivolgere a chi tiene le redini dell'amministrazione della Chiesa.
Noi possiamo provare a ricapitolare velocemente gli avvenimenti degli ultimi anni, a partire da quel 23 settembre 2009 in cui Ettore Gotti Tedeschi entra come presidente dello Ior, voluto dal segretario di Stato Tarcisio Bertone. Gotti Tedeschi viene nominato allo scopo di portare a termine l'operazione trasparenza, e in effetti già dai primi mesi si vede l'accelerazione impressa, anche se non tutto fila liscio. Il passaggio più importante avviene comunque il 30 dicembre 2010, con la promulgazione della legge – la 127 appunto – che punisce il riciclaggio di denaro sporco e il finanziamento del terrorismo. La legge è poi entrata in vigore il 1° aprile successivo e istituisce tra l'altro l'Autorità di Informazione Finanziaria (Aif), chiamata a vigilare sull'osservanza delle leggi: a presiederla è il cardinale Attilio Nicora, una solida formazione in diritto ed economia.
Ma passano pochi mesi e la Legge 127 viene modificata con un colpo di mano, all'insaputa del presidente dello Ior, Gotti Tedeschi, e del presidente dell'Aif, il card. Attilio Nicora, con un indebolimento oggettivo delle norme anti-riciclaggio, incluso il ridimensionamento dei poteri dell'Aif. Le modifiche entrano in vigore a fine gennaio 2012, ma la vicenda mette in rilievo la spaccatura tra il segretario di Stato cardinale Tarcisio Bertone da una parte e Nicora e Gotti Tedeschi dall'altra. E' un conflitto interno – che si arricchisce poi di ulteriori elementi di divisione - che culmina nella cacciata di Gotti Tedeschi dal vertice dello Ior nel maggio 2012, peraltro con un comunicato di una durezza senza precedenti (e senza che la Commissione cardinalizia abbia ratificato la decisione, il che blocca la nomina del successore). La Segreteria di Stato cerca di accreditare l'idea che la vicenda Gotti Tedeschi non c'entri con l'impegno di rendere trasparente la procedura per i flussi di denaro, e in questa prospettiva darà poi ampio rilievo alla valutazione positiva da parte di Moneyval.
Ma il comunicato della Banca d'Italia ci racconta un'altra storia: in realtà, Moneyval pur riconoscendo i progressi compiuti, «segnala nell'occasione come non sia ancora provata la presenza di un effettivo regime antiriciclaggio nello Stato della Città del Vaticano». Inoltre la Segreteria di Stato fa una serie di mosse che sembrano fatte apposta per suscitare sospetti in Bankitalia: negli ultimi mesi figure molto apprezzate in Bankitalia e scelte dal card. Nicora, sono state estromesse dal Consiglio di Sovrintendenza dello Ior (Giovanni De Censi, presidente del Credito Artigiano), o emarginate, come l'avvocato Francesco De Pasquale (spostato da direttore dell'Aif a consigliere), e Alfredo Pallini, vice direttore dell'Aif.
Insomma, c'è un alleggerimento evidente nella lotta al riciclaggio. E contrariamente a quanto è stato comunicato, il giudizio di Moneyval contiene luci e ombre: apprezza la legge 127 perché prima del 2010 non c'era alcuna norma anti-riciclaggio. Ma esprime anche dei rilievi negativi per le modifiche (peggiorative) apportate al testo della Legge antiriciclaggio.
In questo quadro non può stupire la decisione della Banca d'Italia di bloccare tutti i Pos in Vaticano: i nodi vengono al pettine e c'è da attendersi che altro venga fuori prossimamente. Resta la questione posta all'inizio: davanti a questi eventi coloro che hanno maggiore responsabilità nell'amministrare i beni della Chiesa dovrebbero dare delle spiegazioni ai fedeli.
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