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CI VOGLIONO CONFONDERE LE IDEE SUL CASO ALFIE
Il Potere non perdona chi ha tentato di mettersi di traverso e quindi, ucciso Alfie, comincia a colpire chi lo ha difeso (inoltre ricordiamo la cronaca degli ultimi giorni nel famigerato ospedale e in cambio di cosa il padre ha negoziato il suo silenzio stampa)
di Riccardo Cascioli
 

Alfie non è stato ancora sepolto, ma la gara per confondere la memoria di quanto è successo è già in pieno svolgimento.
A dare la linea ci aveva già pensato il giudice Hayden nell'ultima udienza da lui presieduta ad Alfie già staccato dall'apparecchio che garantiva la ventilazione: comprensibile la difficoltà dei genitori ad accettare la tragica condizione di Alfie, purtroppo ci sono alcuni che hanno approfittato per strumentalizzare. E ovviamente, eroici i medici dell'Alder Hey che hanno sopportato tutto questo pur prodigandosi in tutte le maniere per Alfie e la famiglia.

TUTTA UN'ALTRA STORIA
Peccato che in quelle ore stesse andando in scena tutta un'altra storia, come abbiamo abbondantemente documentato giorno per giorno, ora per ora. Non importa, la teoria dei "poveri genitori strumentalizzati" ha avuto successo e dopo la morte di Alfie è diventata un ritornello. Lo ripetono i grandi giornali - il The Guardian ha dedicato pure una mini-inchiesta alla scoperta degli strumentalizzatori -; lo sostiene anche il cardinale Vincent Nichols, primate cattolico della Chiesa inglese; lo sostengono esimi medici che non fanno che tessere le lodi di questo ospedale modello che sarebbe l'Alder Hey.
Secondo questa teoria, va da sé che i genitori facciano fatica ad accettare quello che comunque è ineluttabile. Si può forse discutere se staccargli i sostegni vitali un giorno prima o un giorno dopo - dipende da come vengono preparati i genitori - ma non c'è discussione sul fatto che Alfie doveva morire; lasciarlo in vita sarebbe stata una crudeltà inutile. Anzi, dovremmo prendere a modello il sistema sanitario britannico che è così preciso nei protocolli e così attento nel seguire ogni situazione del genere.
È possibile che tra qualche giorno, a forza di ripetere queste spiegazioni, molte persone alla fine si adatteranno, forse penseranno di aver sognato a proposito delle violenze subite da Alfie e del tormento inflitto ai genitori. Allora è bene ricordare sempre la semplice realtà: per quanto addolorati, Thomas e Kate, non hanno mai messo in discussione la gravità della malattia di Alfie (peraltro mai definita) né si sono mai nascosti il fatto che la sua aspettativa di vita sarebbe stata piuttosto limitata. Ma volevano che la durata della vita di Alfie fosse decisa dal Signore e non dai protocolli dell'Alder Hey.
La lunga battaglia legale è su questo che si è sviluppata, e sulla possibilità dei genitori di portare Alfie in un'altra struttura sanitaria disposta a rispettare la sacralità della vita. Nessun accanimento terapeutico, nessuna sofferenza inflitta ad Alfie, solo il rispetto dovuto ad ogni persona, sana o malata che sia.

UNO SCONTRO TRA DUE CONCEZIONI DELL'UOMO
Il problema vero è tutto qui, nello scontro tra due antropologie, come è stato detto. Credere che la vita vada rispettata dal concepimento fino alla morte naturale e una concezione della vita legata alla sua efficienza o capacità di fare, sono due modi diametralmente opposti di accostarsi alla persona e certamente causano due modi molto diversi di curare un malato. Appare perfino ovvio che se si crede che sotto un determinato standard la vita non abbia più alcun valore, non sia degna, ciò genera anche decisioni cliniche conseguenti: chi continuerebbe a spendere denaro per qualcosa che non vale nulla?
Certe espressioni di comprensione del dolore dei genitori - vedi giudici e medici dell'Alder Hey - sono in realtà il falso pietismo di chi è convinto che quei genitori sono dei poveretti, così attaccati a una vita che non vale nulla. E quindi cercano soltanto di trovare il percorso migliore per far loro digerire che gli ammazzeranno il figlio, ovviamente secondo un protocollo sanitario approvato da un Comitato etico che rende tutto così giusto.
Eppure abbiamo ben visto in cosa consiste questo protocollo, abbiamo rivissuto ieri con l'articolo della nostra Benedetta Frigerio quei cinque giorni di violenze contro Alfie e i suoi genitori [vedi nota di BastaBugie in fondo a questo articolo].
Non dimentichiamolo, perché chi oggi vuole oscurare quanto è realmente accaduto sta preparando lo stesso trattamento per tutti quanti sono in condizioni analoghe a quelle di Alfie. Non c'era nessun accanimento terapeutico, a meno che non sia considerato tale dare la possibilità di respirare, nutrirsi e idratarsi a chi è disabile grave.
Vale a dire che se era giusto che Alfie morisse in quel modo, allora lo stesso vale per quelle decine di migliaia di disabili gravi che solo in Italia sono tenuti in vita da supporti vitali. È qui che vogliono arrivare, è qui che punta anche la nostra legge sulle Dat (Dichiarazioni anticipate di trattamento).
La vicenda di Alfie è stata strumentalizzata? No, semplicemente c'è un popolo che ha compreso la posta in gioco, e ci sono associazioni e professionisti parte di questo popolo che si sono messi a disposizione per aiutare la famiglia Evans; o hanno fatto una battaglia culturale per far conoscere la vicenda e far comprendere l'importanza di salvare quel bambino dalle grinfie di chi lo voleva morto subito. Ma il Potere non perdona chi ha tentato di mettersi di traverso, e allora ecco che ora, ucciso Alfie, cominciano a colpire chi lo ha difeso.

Nota di BastaBugie: Benedetta Frigerio nell'articolo sottostante dal titolo "Ecco come hanno fatto morire Alfie" racconta la cronaca degli ultimi giorni nel famigerato ospedale. Alfie ha retto la rimozione dei sostegni vitali, ma l'Alder Hey ha negato l'ossigeno portato poi al piccolo senza autorizzazione. Il piccolo non è stato alimentato per 36 ore e l'infezione al polmone non è stata curata ma era comunque stabile, tanto che Thomas era convinto di avere quasi un piede fuori dall'ospedale che ha negoziato il silenzio della stampa in cambio di più apporti vitali. Poco prima della morte al piccolo sono stati somministrati dei farmaci.
Ecco dunque l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 1° maggio 2018:
È vero che la cosa più scandalosa accaduta al piccolo Alfie Evans è che sia stato intubato e ventilato per 15 mesi e che gli sia stata negata la tracheotomia, perché ad un mese dal ricovero (dicembre 2016) si è deciso che doveva morire senza neppure provare a fare una diagnosi. Infatti, anche se i giornali hanno scritto che Alfie era affetto da una malattia mitocondriale non c'è uno straccio di esame clinico che lo dimostri.
È poi sicuramente sconcertante il fatto che i tubi della ventilazione di Alfie furono sostituiti oltre 5 mesi dopo la loro applicazione e che perciò furono trovati pieni di muffa, come suo padre ha mostrato con un plico di foto (alcune da noi pubblicate) che provano le numerose negligenze dell'Arder Hey Hospital di Liverpool. Prove che hanno colpito profondamente anche Mariella Enoc, presidente del Bambin Gesù, a cui è stato negato di entrare nella stanza di Alfie dall'ospedale inglese. Insomma è vero tutto ciò, ma Alfie non è morto solo per questo.
Alfie una volta rimossa la ventilazione ha subìto un trattamento tremendo. Essendo che i suoi polmoni erano abituati a dilatarsi meccanicamente, i medici avrebbero dovuto "svezzarlo" per non provocarne la morte immediata. Cosa che comunque non si è verificata anche se dopo lo stop delle macchine il piccolo aveva contratto un'infezione polmonare.
Per questo Alfie, come aveva spiegato a Thomas un medico italiano con cui era in contatto, avrebbe avuto bisogno di una terapia antibiotica immediata che gli è stata negata. Eppure, nonostante tutto questo, il piccolo ha respirato comunque senza alcun aiuto per ore, dato che medici gli avevano negato anche la mascherina necessaria ad aiutare la sua respirazione comunque autonoma.
Perciò, la sera di lunedì 23 aprile, dopo la rimozione della ventilazione alle 22.15 italiane, Thomas ha lanciato un appello chiedendo che qualcuno portasse dell'ossigeno in ospedale, ma la barriera di polizia all'entrata ha impedito qualsiasi intervento esterno. A quel punto uno dei legali della famiglia, Pavel Stroilov, è corso all'Alder Hey Hospital chiamato da Thomas. Mentre Stroilov entrava hanno cercato di seguirlo altre sei persone, una con la mascherina in mano che ha provato ad entrare con lui senza successo. Questa ha però pensato bene di lanciare la mascherina sopra la testa degli agenti, permettendo al legale di portarla ai genitori di Alfie. A quel punto il piccolo, che aveva già dimostrato una stazza da leone, smentendo l'avvocato dell'ospedale, Michael Mylonas, che in udienza aveva rassicurato il giudice Hayden sul fatto che la morte di Alfie sarebbe stata immediata alla rimozione della ventilazione, è stato aiutato a respirare.
Ma, ancora una volta, i medici hanno provato a privare il bambino anche della mascherina, con la scusa che non proveniva dall'Alder Hey. E per ben due volte hanno dato ordini di staccarla, finché Thomas non ha fatto notare che il protocollo di morte approvato dal giudice Hayden non parlava né di privazione dell'ossigeno né di sospensione della nutrizione. Per la stessa ragione Thomas ha ottenuto che il piccolo, privato della nutrizione per ben 36 ore fosse alimentato. Sì, Alfie è rimasto senza cibo per 36 ore, un tempo lunghissimo per un bambino così piccolo, il cui cuore aveva già sostenuto uno sforzo enorme dopo la rimozione violenta della ventilazione senza svezzamento.
Inoltre, quando poi l'alimentazione è stata fornita era comunque a livelli bassi. Il bambino è vissuto minacciato dai medici e difeso dai suoi genitori per 4 giorni, aprendo di tanto in tanto gli occhi, reagendo. Così, per silenziare la stampa l'ospedale ha promesso a Thomas più ossigeno e più sostegni vitali. Due ore prima di morire la saturazione dell'ossigeno era a circa 98 e i battiti di Alfie erano a circa 160, tanto che Thomas era convinto che lo avrebbero lasciato andare presto a casa (così gli aveva detto l'amministrazione ospedaliera nel pomeriggio di venerdì). Prima di morire, mentre Thomas era uscito un istante, lasciando Kate in dormiveglia e un altro familiare in stanza, un'infermiera è entrata e ha spiegato che avrebbe dato al bimbo quattro farmaci (non si sa quali) per curarlo. Dopo circa 30 minuti la saturazione è scesa a 15. Due ore dopo Alfie era morto.
Non sappiamo quanto Alfie sarebbe vissuto se appropriatamente aiutato e curato, non sappiamo se esami approfonditi sarebbero giunti a formulare una diagnosi e quindi a trovare una cura, non sappiamo nemmeno se Alfie era ridotto in quelle condizioni per qualche responsabilità interna ad un ospedale il cui curriculum passato è a dir poco mostruoso. [...]
Quel che è certo però è che non possiamo dire che il bambino sia morto solo per la rimozione dei sostegni vitali.
Come aveva scritto il noto genetista e direttore scientifico dell'Ospedale Bambin Gesù, Bruno dalla Dallapiccola, «il piccolo Alfie non potrà resistere a lungo senza l'apporto di sostanze nutrizionali attraverso flebo. Senza l'apporto nutrizionale, infatti, la sopravvivenza può variare da poche ore a qualche giorno». Certo «la durata della sopravvivenza è condizionata dalle condizioni di partenza del paziente», sebbene nel caso di Alfie «non possiamo pronunciarci con certezza». Ad ogni modo, aveva concluso Dallapiccola, «indipendentemente dal fatto che il piccolo continui a respirare autonomamente, ora la mancanza di apporto nutrizionale rappresenta un'emergenza».
Anche Angelo Selicorni, noto genetista italiano, due giorni dopo la rimozione della ventilazione era intervenuto così: «Staccato dalle macchine il bambino ha "resistito" per ore senza "alcuna intenzione di morire"». Questa svolta, ha continuato «pone qualche dubbio sulla "terminalità" del suo stato».
Alfie già affaticato e sottoposto a trattamenti violenti è stato privato del tutto dell'antibiotico necessario a curare l'infezione e poi del cibo e dell'ossigeno per troppe ore. Chi non vuole prendere posizione si nasconde dietro al mantra del "caso troppo complicato" i cui confini sarebbero difficili da stabilire. Ma forse manca il coraggio di guardare la realtà e di affermare che qui siamo davanti ad un caso di accanimento eutanasico palese? È chiaro che se per i medici la vita di Alfie era "futile", quindi un peso e un costo che non valevano la pena di essere sostenuti, l'approccio clinico verso di lui non poteva che essere fino alla fine quello di eliminarlo. Come ha scritto sempre Selicorni: «Se io considero la vicenda di Alfie un disvalore, una storia umana inutile, senza senso, non posso che pensare che prima ne pongo fine e meglio è».
Una fantasia? Nel 2012 erano scoppiate numerose polemiche a causa di denunce effettuate da pazienti coinvolti nel Liverpool Care Pathaway, il programma di trattamento fine vita allora in vigore in Gran Bretagna. Una infermiera dell'Alder Hey, Bernadette Loyd, stanca di vedere casi simili, aveva scritto al ministero della salute denunciando i modi con cui bambini e neonati muoiono. «Morire di sete è terribile, ed è inconcepibile che dei bambini debbano morire così. I genitori si trovano a un bivio e si sentono quasi costretti a scegliere questa via perché i medici dicono che i loro bambini avranno pochi giorni di vita. Ma predire la morte è molto difficile e ho visto anche un gruppetto di bambini che sono tornati a vivere, dopo che il Lcp era stato avviato e interrotto». «Ho anche visto morire bambini morire terribilmente di sete perché l'idratazione viene sospesa fino a quando non muoiono. Ho visto un ragazzo di 14 anni con il cancro morire con la lingua incollata al palato, quando i medici si sono rifiutati di idratarlo. La sua morte è stata vissuta con angoscia da lui e da noi infermieri. Questa è l'eutanasia che entra dalla porta anteriore». Il Sistema sanitrio nazionale aveva risposto alla Loyd senza entrare nel merito: «Le cure per il fine vita devono soddisfare i più alti criteri professionali e bisogna sapere stare accanto ai genitori del bambino durante il processo decisionale».
Ecco cosa ha fatto il martirio di Alfie, oltre che convertire tanti cuori: ci ha costretti a unirci contro un mostro, a guardare alla brutalità di un sistema eugenetico travestito da democrazia. Un sistema con un potere illimitato sulla persona e considerato una religione civile dalla politica e dalla giustizia inglesi. Un potere che schiaccia tante altre vite fragili e che diffonde una mentalità utilitaristica che bisogna cominciare a combattere se non si vuole fare la stessa fine. Ma chissà, forse la storia di Alfie svelerà molto di più, perché a molti resta una domanda: cosa giustifica l'accanimento dell'ospedale terrorizzato dall'idea che il piccolo fosse trasferito altrove? Cosa ha fatto tremare l'Alder Hey Hospital?


DOSSIER "L'EUTANASIA DI ALFIE EVANS"
Cultura della vita contro cultura della morte

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Titolo originale: Parola d'ordine: confondere le idee sul caso Alfie
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 02-05-2018