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PER UNA RINASCITA DELLA POLITICA CRISTIANA IN ITALIA
Radici Cristiane si avvia a celebrare con il suo trentesimo numero, tre anni di vita e di crescente successo editoriale, di cui desideriamo ringraziare i lettori e gli abbonati, che sono la vera forza della nostra rivista.
di Roberto De Mattei
 

Noi vorremmo che ciascuno di essi si sentisse impegnato nella necessaria opera di rinascita e di restaurazione sociale del nostro Paese, che non va delegata ad una classe politica in disfacimento, ma va assunta, in prima persona, secondo le proprie possibilità, da ogni cittadino italiano. Ogni uomo e ogni famiglia, con la sua visione del mondo e con il suo esempio, può infatti influenzare e plasmare la società intera, in misura molto maggiore di quanto ci viene fatto credere.

Il fenomeno dell’“antipolitica”, che sempre più si impone nel nostro Paese, non è solo italiano, ma europeo. Esso esprime la crescente disaffezione e sfiducia dei cittadini nei confronti delle classi politiche oggi dominanti. I partiti, storicamente nati dai club della Rivoluzione Francese, hanno perduto il loro potere di rappresentanza. La gente si è resa conto che nel sistema politico la selezione avviene a rovescio.

L’astensione aumenta ovunque e chi si reca alle urne non premia, ma “punisce” i partiti che detengono il potere. Infatti, per questo nuovo fenomeno, al contrario di quanto accadeva un tempo, nelle competizioni elettorali i partiti di opposizione tendono a prevalere su quelli di governo. È accaduto in Spagna, in Germania, in Italia, accadrà forse in Gran Bretagna. In Francia, Sarkozy si è affermato soprattutto contro il Presidente Chirac, che però appartiene allo stesso schieramento politico. Quando poi i governi ricorrono a referendum, risultano sonoramente battuti, come è accaduto in Francia e in Olanda, nel 2005, per il Trattato costituzionale europeo.

Uno dei motivi per cui i Capi di Stato e di Governo, riuniti nel 2007 a Berlino e poi a Lisbona,
hanno accuratamente tolto dal Trattato europeo ogni riferimento alla parola “Costituzione”, è proprio l’esigenza di evitare quei referendum popolari che in alcuni Paesi si renderebbero necessari se il Trattato avesse una valenza costituzionale.

Ma in certi Paesi, come in Italia, le cose vanno oltre. Il fenomeno che prende nome dal comico Giuseppe (Beppe) Grillo – bene analizzato da Corrado Gnerre in questo numero della rivista – esprime in maniera lampante la protesta dell’opinione pubblica contro una politica considerata lontana dai valori e dagli interessi della gente. Questa crisi di fiducia si era già rivelata negli anni di “Tangentopoli”, ma da allora la speranza di un autentico cambiamento è miseramente naufragata.

La crisi dei partiti accompagna la storia italiana fin dall’Unità – basti pensare alla stagione del
“trasformismo” – ed è stata la causa di false soluzioni, come la dittatura fascista. Oggi Grillo è
portavoce di un malessere radicale, ma rischia di incanalare su un binario cieco una legittima indignazione sociale.

All’indomani della Seconda Guerra Mondiale, Pio XII auspicava in Italia la formazione di una
nuova classe dirigente e affidava alle élites cattoliche, ossia ad uomini di forti principi, di elevata educazione e di autentica formazione religiosa e morale, il compito della ricostruzione cristiana dell’ordine sociale. Il prof. Plinio Corrêa de Oliveira, nella sua opera Nobiltà ed élites tradizionali analoghe nelle allocuzioni di Pio XII al Patriziato e alla Nobiltà italiana (Marzorati, Milano 1993), ha magistralmente commentato i discorsi del Pontefice romano all’aristocrazia romana, mostrandone tutta l’attualità alla fine del XX secolo.

Le élites a cui si riferivano il Pontefice e il pensatore brasiliano non avevano nulla a che fare
con le attuali oligarchie o “poteri forti”: esse non si contrapponevano al popolo, ma ne interpretavano anzi le aspirazioni più profonde. Tra élite e popolo non c’è contraddizione, perché l’élite, al contrario dell’oligarchia, è una classe dirigente che subordina i propri interessi a quelli più generali del popolo, cioè al bene comune. Quando una classe dirigente si corrompe, da élite si trasforma in oligarchia, finanziaria, partitocratica, o di altro genere, ma sempre caratterizzata dal fatto di perseguire non gli interessi della nazione, ma quelli personali o di un gruppo.

Tutti i partiti e i movimenti rivoluzionari, nel corso della storia, usano richiamarsi al “popolo” o al “proletariato” contro le élites, salvo poi costituirsi in ferrea “nomenklatura” ovunque vadano al potere. Quando poi il “popolo” recalcitra e rifiuta di seguire la “avanguardia illuminata”, viene coperto di disprezzo e raffigurato come “plebe” credula e ignorante.

Il comico Grillo però è un “guru” che non viene screditato, ma anzi lusingato e rafforzato
dall’“establishment” politico e mediatico, che immagina di servirsene per portare avanti un progetto di trasformazione radicale della società che incontra resistenze sempre maggiori da parte dell’opinione pubblica.

Il compito di chi guida una nazione dovrebbe essere quello di richiamarsi ai grandi principi culturali e morali e di elevare, nel linguaggio e nei contenuti, le aspirazioni del popolo. Ciò che oggi accade è esattamente il contrario.

Personaggi come Grillo, fanno appello alle peggiori passioni del popolo, a cominciare dall’invidia, per spingerli ad una protesta caotica e priva di contenuti.

Qualcosa di analogo accadde durante la Rivoluzione Francese, quando gruppi di facinorosi,
mossi da agitatori occulti, emersero dai bassifondi per abbattere la Bastiglia. Ben diversa fu la reazione degli “insorgenti” contro la Rivoluzione Francese. Essi fecero appello alle tradizioni religiose e patriottiche del popolo italiano e proclamarono la loro fedeltà alla Chiesa e ai legittimi sovrani. Il cardinal Ruffo creò dal nulla un’armata cristiana, sconfisse il potente esercito di Napoleone, entrò vittorioso a Napoli, riconsegnò il potere al Re detronizzato, e si ritirò nell’ombra, dopo aver assolto il suo compito.

Il termine di “sanfedismo” bolla da allora ogni reazione del popolo cattolico in nome dei propri principi religiosi e morali. Oggi, lo scontro in atto non è armato, ma ideologico e culturale, eppure lo spirito del giacobinismo continua ad aleggiare in Italia e in Europa, sotto forma di una dittatura del relativismo che avanza.

Benedetto XVI, nel suo discorso del 5 ottobre ai membri della Commissione Teologica Internazionale, ha affidato ai cattolici il compito di difendere quella legge naturale che costituisce la base dell’ordine sociale. Occorre che i cristiani e tutti gli uomini di buona volontà,
si rendano consapevoli di questa alta missione. Le epoche di grandi crisi esigono grandi impegni. Radici Cristiane vuole offrire uno strumento ai suoi lettori, e ad essi chiede aiuto per espandere la sua influenza nella società italiana.

 
Fonte: Radici Cristiane, Novembre 2007