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Spettabile redazione di BastaBugie,
non riesco proprio a star zitta ma l'articolo sui compiti a casa [leggi: I COMPITI A CASA PER I BAMBINI SONO INUTILI, clicca qui, N.d.BB] è veramente una ridicolaggine! Insegno da 15 anni in scuole sia a tempo pieno (40 ore) e in altre a tempo normale (27 ore). La differenza di rendimento (migliore in quelle normali) è palese e la fa il fatto che quelli del tempo normale, che hanno più compiti rispetto a quelli a 40, sono più rilassati e si esercitano di più in un luogo diverso dal contesto classe. Che la si faccia finita con questa grandissima ipocrisia dei compiti a casa che sono inutili, dite la verità che è solo quella che i genitori non hanno più tempo per seguirli e che il fine settimana vuol essere dedicato allo svago. Non date la colpa ai compiti, datela al fatto che oggi tutti i genitori lavorano e/o devono lavorare, il che è anche comprensibilissimo, ma girar la frittata no!
Confermo, straconfermo e riconfermo che i compiti a casa aiutano ad assumere responsabilità, sottolineo l'importanza del potersi confrontare con qualcuno (che di solito è il genitore) su ciò che si è fatto e non fatto in mattinata, sforzare (verbum orribilis) la memoria a ripescare ciò che si è sentito in classe.
Non si vogliono più i compiti? Siate onesti e non si ci azzardi poi a far critiche perché "il programma non va avanti" "perché ai miei tempi si era già fatto questo e quell'altro" (frasi mantra sempre in bocca in almeno la metà dei genitori).
Si dovrebbe parlare poi dell'ossessione dei genitori che vogliono il figlio perfetto con i compiti perfetti. Un bambino normale (sì uso quest'aggettivo) inoltre, dovrebbe esser seguito da vicino nei compiti fino in 2a massimo 3a primaria; se poi lo si deve ancora seguire è perché o ci sono dei problemi o i genitori hanno l'ansia di farli andar con i compiti assolutamente esatti (cosa che a mio parere non è necessaria, in quanto cartina di tornasole per noi insegnanti). Per quanto mi riguarda dopo la 3a ci si dovrebbe invece limitare a controllare se sono stati fatti. Mi chiedo poi come mai dalle medie in avanti tutte queste lamentale inizino miracolosamente a sparire...
Lo ripeto: trovo veramente disonesto intraprendere una campagna contro i compiti a casa, andando a screditare ulteriormente il corpo insegnante già ormai considerato agli ultimi anelli della catena evolutiva, quando invece il problema ha radici e motivazioni ben differenti.
Non c'è più tempo, questo è il vero problema.
Mi scuso per la fretta che si paleserà sicuramente dalle mie parole, nonché per la veemenza... spero che diate la possibilità ai lettori di BastaBugie di leggere pareri anche di coloro che la pensano in maniera diametralmente opposta su questo argomento.
Per il resto... vi ringrazio per il lavoro che fate!
Giulia
Gentile redazione di BastaBugie,
premesso che leggo sempre i vostri articoli apprezzando molto il vostro lavoro, che sono stato abbonato del Timone e ho la medaglietta del Beato Marco d'Aviano, in merito all'articolo di cui in oggetto vorrei apportare una breve riflessione.
Come insegnante (lingua spagnola, prima alle "medie" ed ora alle "superiori") mi trovo in disaccordo circa il risultato finale di Harris Cooper. Non ho effettuato decennali studi di ricerca in merito, ma sto in mezzo ai ragazzi quotidianamente da anni, e parlo con i loro genitori.
Come spesso la vita ci insegna, gli estremismi colgono solo l'estremo, appunto, del bersaglio. Non sono i compiti in sé, ad essere dannosi, ma i troppi compiti. La mia intelligenza si rifiuta di credere che qualche lettura o qualche conticino, di tanto in tanto, possano essere dannosi. Aiutano invece a sviluppare autonomia, oltre che rinforzare qualche concetto. Chiaro, tutto in proporzione all'età. Anche le mie maestre mi lasciavano dei compiti, magari non tutti i giorni, cose semplici; eppure, vi assicuro, ho avuto un'infanzia giocosa (mia madre, quando tornavo a casa mi dava del "selvatico") e andavo a scuola volentieri.
Andrebbe invece posta l'attenzione sulla quantità di compiti assegnata, questo è il vero, reale problema. Come insegnante, ho visto e vedo tutt'oggi, colleghi assegnare fiumi di compiti per i pomeriggi a casa e dare piccole biblioteche da leggere durante le vacanze estive. Questo sì, porta agli effetti dannosi descritti nell'articolo, non un compito di per sé. Sono infatti convintissimo che, rispetto ai decenni passati, ci sia stato un inasprimento scellerato nella pratica dell'assegnazione dei compiti a casa, e che questo sia dannoso. Il problema è però la quantità dei compiti assegnati, non nei compiti in sé. Non è dannosa una bistecca, è dannoso mangiare una mucca intera in una settimana.
Insomma, è vero che esiste un problema "compiti a casa", che molti insegnanti hanno perso il senso dell'equilibrio in merito, e non si ricordino più i tempi in cui studiavano loro (ricordo la frase di una collega, mentre correggeva i compiti della vacanze assegnati: "mio padre mi ha detto di smetterla, di dare tutto questi compiti ai miei alunni, e che io non ne avevo così tanti), è altresì vero che, se la reazione a questo problema sfocia nel "niente compiti", si passa dalla padella alla brace. Dal morire di troppi compiti, al morire per mancanza di compiti. Un po' come curare l'indigestione con l'inedia.
Non facciamo danni, per favore, e restiamo razionali. I compiti servono. Oggi, tuttavia, c'è un'emergenza compiti perché se ne assegnano troppi. Parliamo di questo, allora. Si organizzino corsi di formazione per docenti, che insegnino l'equilibrio in tal senso. Non facciamo i talebani, però.
Chistian
Cari Giulia e Chistian,
l'articolo sui compiti a casa ha sollevato molte voci contrarie, ed abbiamo ricevuto tante mail ricche e ben argomentate di cui le vostre due sono solo un esempio.
In generale possiamo essere d'accordo con i lettori, sulla necessità di sviluppare l'autonomia nello studio e approfondire gli argomenti svolti in classe.
L'articolo che abbiamo pubblicato però non è una voce isolata, ma una delle tante, autorevoli, che a nostro avviso partendo dalla realtà osservata hanno il giusto merito di invitare a riflettere.
A tutti piacerebbe che i compiti fossero un esercizio equilibrato che consolida quanto appreso, che dà modo alle famiglie di seguire i progressi e agli alunni di imparare l'autonomia...ma non è così.
La realtà è che la prassi dei compiti ormai è indiscussa e diffusa nel tempo breve come nel tempo pieno, nei fine settimana e nelle vacanze, senza rispetto del tempo del riposo cui i bambini, come chiunque altro, hanno bisogno.
Nessun adulto sano di mente pensa che lavorare tutti i giorni della settimana per più di otto ore al giorno sia un modo bello di vivere il lavoro, ma dai bambini si pretende spesso questo.
I bambini vanno a scuola per molte ore (nel tempo pieno sono 8, quanto un impegno lavorativo di un adulto, molte scuole a tempo breve hanno dei rientri pomeridiani), escono stanchi, a volte (spesso) hanno attività extrascolastiche da portare avanti come sport o lo studio di lingue straniere.
Nel momento in cui si siedono alla scrivania essi non sono nello stato d'animo migliore per esercitarsi, né per crescere nella propria autonomia, anzi collegano allo studio questo stress negativo che resta l'impressione più forte nella propria esperienza scolastica.
I compiti svolti così sono pressoché inutili: non permettono il consolidamento e la riflessione, perché si impara davvero solo quando si è ben disposti, fisicamente ed emotivamente. Anzi, soprattutto a chi è meno "bravo", instillano la certezza di non essere tagliati per la scuola, e generano odio per lo studio.
L'autonomia e la maturità nella gestione del proprio tempo libero scaturiscono dalla graduale crescita della volontà di mettersi alla prova e di impegnarsi per qualcosa che appassiona e piace... È la motivazione intrinseca che può portarli lontano, non l'imposizione di qualcosa di troppo pesante per la loro età.
E' importante ricordare questa gradualità, perché nessuno dice che alle superiori i ragazzi non debbano studiare e fare i compiti a casa, richiesti per l'impegno importante dei loro studi. Però per raggiungere questo obiettivo (e sono ancora tanti quelli che non ce la fanno, abbandonano prima oppure - forse peggio - continuano a trascinarsi odiando tutto quello che fanno a scuola) occorre educare i piccoli a vivere bene il proprio tempo libero.
Tutte le schede di lettura compilate per imposizione, per presentare il compito alla maestra, non hanno mai aggiunto un lettore appassionato alla schiera dei pochissimi che amano leggere... Quanto sarebbe più affascinante guidare i ragazzi a "scegliere" un libro da leggere nel proprio tempo libero!
Ma il tempo libero per far sbocciare le passioni e l'impegno deve essere davvero libero!
Forse abbiamo paura a lasciare tempo libero ai nostri bambini e ragazzi? Pensiamo che lo utilizzerebbero davanti alla tv o allo smartphone? Allora dobbiamo essere onesti e ripensare al nocciolo del problema senza cercare di risolverlo con i compiti.
La verità è che i bambini hanno bisogno di noi!
A scuola, hanno bisogno di maestre che siano messe in condizioni di dedicarsi a loro completamente, e che non abbiano il tarlo del "tempo che manca". Se le maestre avessero classi meno numerose, meno burocrazia, meno cose da fare (che si moltiplicano a discapito dell'approfondimento) probabilmente riuscirebbero a far esercitare i bambini in classe, seguendoli mentre fanno bene e mentre sbagliano, rendendosi meglio conto delle lacune e dei problemi.
A casa hanno bisogno di genitori con cui confrontarsi serenamente nel tempo libero, con cui vivere, sperimentare, mettere in pratica quello che hanno imparato, senza che essi si trasformino impropriamente in docenti (cosa che mette in difficoltà anche loro).
Si possono ripassare le divisioni su una scheda alla scrivania ma anche aiutando la mamma a calcolare le dosi per una torta.
O meglio ancora, si può riscoprire l'importanza di una vita trascorsa un po' di più all'aria aperta (pediatri e medici denunciano da tempo questo problema, e i rischi anche sulla salute che ne derivano: obesità infantile e mancanza di vitamina d).
I bambini in età di scuola primaria non hanno ancora sufficiente autonomia per fare i compiti da soli. Forse alcuni ne sono capaci, ma si tratta in genere dei bambini più dotati che magari non ne hanno neanche bisogno, o quelli con famiglie più attente e presenti.
I bambini in difficoltà invece da soli non ce la fanno, e si trovano frustrati dal compito assegnato. Quando poi le difficoltà dell'alunno derivano da una situazione famigliare svantaggiata, i compiti diventano anche discriminanti: chi è bravo perché seguito continuerà ad essere seguito a casa e il divario anziché diminuire, aumenterà.
Invece il compito della famiglia è ben altro, in termini di educazione e guida, molto più alto, e alla portata di ciascuna famiglia perché è un compito naturale alla portata di ogni padre e ogni madre che non debbano atteggiarsi a insegnanti.
Compito della scuola, e della società è piuttosto quello di lasciare intatto lo spazio della famiglia, affinché questo compito possa esplicarsi, e non tentare di controllare anche il tempo libero attraverso i compiti.
Qualcuno ci ha scritto ironizzando come se fosse una follia il lasciare libero da compiti addirittura il sabato e la domenica... ma non comprendiamo davvero perché ai bambini dovrebbe essere negato il riposo settimanale che per gli adulti è un diritto ma anche - ci si permetta - spazio da dedicare alla famiglia a Dio anche cristianamente parlando (e quante famiglie ci raccontano di dover mettere alla scrivania il bambino di domenica perché magari si è andati al mare, o dai nonni!).
Per concludere, quello che resta sono i risultati dei test internazionali che pongono l'Italia ai primi posti quanto a tempo dedicato ai compiti a casa e agli ultimi per risultati scolastici.
Sotto gli occhi abbiamo adolescenti che fuggono la lettura e assimilano ogni apprendimento a fatica e disinteresse invece che all'entusiasmo e alla curiosità. Moli di compiti alla primaria e alle medie non ci hanno risparmiato lo spettacolo di laureati che ai concorsi fanno grossolani errori di ortografia.
Forse è il momento di porsi sinceramente delle domande.
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