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Una sola dose di vaccino non basta a proteggere in modo adeguato dal Covid-19. È quanto emerge dai dati diffusi da Israele, che ha già vaccinato 2,2 milioni di persone, oltre il 25 per cento della popolazione. Secondo la responsabile dei servizi di salute pubblica del ministero della Salute, dottoressa Sharon Elrai-Price, il 17 per cento degli israeliani in terapia intensiva in condizioni gravi aveva ricevuto la prima dose del vaccino.
Ad oggi, circa 4.500 persone in Israele sono state diagnosticate positive al coronavirus dopo aver ricevuto la prima dose del vaccino. Di queste, 375 sono state ricoverate in ospedale e sono in condizioni gravi o gravissime. Tra loro, 244 sono state trovate positive nella prima settimana dopo la vaccinazione, 124 nella seconda e 7 più di 15 giorni dopo la prima dose.
«Una sole dose del vaccino Pfizer e Moderna non basta a offrire una protezione sufficiente», ha quindi dichiarato durante una conferenza stampa Elrai-Price, criticando quanti hanno proposto, a causa della mancanza di un numero adeguato di vaccini, di immunizzare con una sola dose il maggior numero di persone possibile.
L'Istituto norvegese di salute pubblica, invece, ha messo in dubbio la ragionevolezza e la convenienza di vaccinare le persone più fragili e anziane della società. Su 35.000 persone circa immunizzate, 23 molto anziane sono morte poco dopo aver ricevuto il vaccino a causa di effetti collaterali comuni. «Per i più fragili», ha dichiarato l'Istituto, «anche gli effetti collaterali più blandi possono avere conseguenze gravi. Per chi non ha grandi aspettative di vita, i benefici del vaccino potrebbero essere marginali o irrilevanti».
La Norvegia sta dunque riflettendo sulla possibilità di non immunizzare le persone più anziane. I dati raccolti sono stati trasmessi a Pfizer, che li ha giudicati in linea con quanto scoperto dai propri studi.
Nota di BastaBugie: Tommaso Scandroglio nell'articolo seguente dal titolo "L'etica in soccorso del medico che non vuole vaccinarsi" fa notare che sempre più medici non vogliono farsi vaccinare e sconsigliano il vaccino anti-Covid ai propri pazienti. Le associazioni di categoria minacciano perfino l'espulsione dall'Ordine. Ma l'etica è dalla loro parte. E per ora anche la legge.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 14 gennaio 2021:
Sempre più medici non vogliono farsi vaccinare e sconsigliano il vaccino anti-Covid ai propri pazienti. Ad esempio, in Alto Adige il numero di «obiettori» tra medici e personale nelle Rsa è così alto che si è deciso di iniziare subito a vaccinare non i medici, come era stato preventivato, bensì gli over 80. Per Filippo Anelli, presidente della Federazione degli ordini dei medici (Fnomceo), sarebbero almeno un centinaio i ribelli in camice bianco e Anelli non esclude, a loro carico, una possibile radiazione dall'ordine.
Il presidente della Fnomceo però distingue il medico che non vuole vaccinare i propri pazienti da quello che non vuole vaccinarsi: «I medici no vax sono quelli che negano la validità del vaccino. Questo è incompatibile con la professione. Non è una cosa possibile. I medici sono parte integrante della comunità scientifica. In questi casi l'Ordine interviene comminando sanzioni, che arrivano anche alla radiazione. Molti medici no vax - in passato - sono stati radiati. Diversa la questione di chi non vuole vaccinarsi, perché bisogna bilanciare il diritto dell'individuo, in assenza di una legge che rende obbligatoria esplicitamente la vaccinazione, rispetto al dovere deontologico e anche alle norme di legge che prevedono che il vaccino diventi un requisito per non danneggiare gli altri».
Ancor più rigorosa la posizione di Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell'Istituto nazionale per le malattie infettive Spallanzani di Roma, che ha dichiarato: «Tutti gli operatori sanitari, a partire dai medici, devono vaccinarsi contro il Covid e se non vogliono essere vaccinati devono essere sospesi dal servizio perchè, appunto, non possono essere idonei al servizio che svolgono». Insomma, i disertori del vaccino devono passare per le armi.
In due case di riposo nel pavese, una a Voghera e una Dorno, metà dei dipendenti ha fatto sapere che non vorrà vaccinarsi. Giovanni Belloni, presidente della Simersa (Società italiana dei medici delle Rsa) ha chiesto ad un pool di tre avvocati se è possibile sanzionare questo personale sospendendoli dal lavoro per 8 mesi.
Dal punto di vista morale è apprezzabile o da condannare la scelta di questi medici di opporsi al vaccino? La scelta, con i distinguo che indicheremo a breve, è lecita per il semplice motivo che per tutti i vaccini anti-covid, prima della immissione in commercio, è mancata la IV fase, che sarebbe dovuta durare dai 2 ai 5 anni minimo, necessaria per verificare gli effetti collaterali a lunga scadenza. Non solo, ma iniziano a sorgere alcuni dubbi anche sui dati relativi alle precedenti fasi presentati da alcune case farmaceutiche e che riguardano i vaccini già in commercio (si legga l'interessante e recente «Pfizer and Moderna's "95% effective" vaccines-we need more details and the raw data» dell'autorevole Peter Doshi pubblicato sul «The British Medical Journal Opinion»).
Dunque, dato che manca una evidenza scientifica sulla efficacia a breve e a lungo termine dei vaccini, è legittima e da rispettare la decisione di non vaccinarsi se in coscienza si sono correttamente soppesati i pro e i contra (principio di efficacia/proporzionalità), anche perché, come vedremo, non esiste solo il vaccino per debellare il Covid (principio di necessità).
Per gli stessi motivi è lecita la scelta di non vaccinare i propri pazienti. Anche in questo caso, infatti, occorre tenere in considerazione il principio di efficacia unito a quello di necessità e dunque occorre fare dei distinguo. Il buon medico, in scienza e coscienza, non solo non dovrà accettare il vaccino sempre e comunque ad occhi chiusi, ma non dovrà nemmeno opporsi sempre e comunque al vaccino. Allo stato attuale qualsiasi scelta fatta a priori è da rigettare. La decisione di consigliare o meno la vaccinazione deve essere fatta solo a posteriori, cioè valutando caso per caso.
E dunque vi saranno soggetti che, anche se in futuro contrarranno il virus, andranno incontro ad un rischio remoto non solo di morire, ma anche di contrarre patologie severe. Il buon medico, in questi casi, potrebbe lecitamente sconsigliare il vaccino, proprio perché - lo ripetiamo - non abbiamo ancora una evidenza scientifica sulla sua efficacia, ossia - per usare un altro termine - sulla sua sicurezza e anche perché - e così veniamo al principio di necessità - il vaccino non è l'unica arma che abbiamo contro il Covid.
Infatti rifiutare in alcuni casi di consigliare la vaccinazione non significa scivolare verso l'abbandono terapeutico: nel caso in cui il soggetto di cui sopra si dovesse ammalare, si dovranno utilizzare le risposte terapeutiche adatte che ormai da mesi si stanno rivelando efficaci. In altri casi invece - pensiamo ad un paziente assai anziano gravato da molte e severe patologie - il medico potrebbe lecitamente consigliare la vaccinazione perché i rischi del vaccino sarebbero di minore portata rispetto ai rischi che potrebbe correre questo paziente nel caso in cui venisse in contatto con il virus. In breve: che il medico decida secondo scienza e coscienza caso per caso, così come ordinariamente ha sempre fatto per tutte le altre patologie e in relazione ai differenti quadri clinici dei propri pazienti.
Verificato che è moralmente lecito per il medico sia la decisione di vaccinarsi che di non vaccinarsi, sia la scelta di consigliare o di non consigliare la vaccinazione, appare evidente che anche sul piano giuridico - inteso sia nell'ambito legale che disciplinare - dovrebbe essere tutelata a favore del medico e del personale sanitario una libertà di curarsi e di curare. Rammentiamo in prima battuta che, dal punto di vista legale, non esiste un obbligo di vaccinarsi e di vaccinare. Neppure si potrebbe ipotizzare che il medico sia giudizialmente perseguibile perché ha esposto terze persone, non vaccinandosi o non consigliando la vaccinazione, ad un pericolo penalmente rilevante perché la mancata vaccinazione non rientra né tra i reati di pericolo concreto né in quelli di pericolo astratto o presunto, reati che il codice penale elenca in modo tassativo.
Ciò non toglie che, in ipotesi, un medico possa essere chiamato in giudizio perché un suo paziente, a cui egli aveva sconsigliato di vaccinarsi, sia poi morto per Covid dato che l'art. 40 cp così recita: «Non impedire un evento, che si ha l'obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo». In questi casi occorrerà verificare se, nel concreto, la mancata vaccinazione sia stata condicio sine qua non della morte del paziente.
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