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Rifare Biancaneve senza sette nani per non offendere i nani, la domanda è: ma chi ve lo fa fare? Appena ha saputo che la Disney aveva lanciato un casting per il live-action sulla storia dei Fratelli Grimm, Peter Dinklage è uscito di testa: «Da un lato siete progressisti, dall'altro continuate a raccontare quella storia fottutamente arretrata su sette nani che vivono in una caverna tutti insieme... ma che cavolo state facendo, ragazzi? Non ho fatto abbastanza per la nostra causa? Immagino di no, di non aver urlato abbastanza».
Chi è Peter Dinklage? Un attore e produttore americano affetto da acondroplasia che, nel ruolo di Tyrion Lannister, cioè di un nano che usa il suo ingegno per superare i pregiudizi sui nani nella serie Game of Thrones, ha fatto incetta di Emmy Awards. Affrontare il tema della derisione e dell'emarginazione dei nani è sempre stata la cifra della sua recitazione, di tutti i suoi ruoli, in tutti i suoi film, il riscatto dei nani la sua missione e la chiave del suo successo. Per dirla alla Tyrion Lannister: «Sono colpevole di un crimine ben più mostruoso: sono colpevole di essere un nano! La mia colpa è questa. Sono sotto processo per questo dal mio primo vagito». Insomma, una carriera spesa per la causa dei nani e la Disney che fa? Li riporta in una caverna a picconare diamanti e condividere una casetta nel bosco?
BIANCANEVE LATINA
Non contenti che Amazon avesse già inflitto al mondo quella "cagata pazzesca" di Cenerentola, una corazzata Kotiomkin dell'inclusività tutta fatina genderless, quote etniche, principesse ambientaliste e principi contro il patriarcato, talmente grottesca da sembrare scritta da un nemico della generazione woke, la Disney ha deciso infatti di infilare nella programmazione sterminata dei suoi prossimi live-action anche Biancaneve. Con un'ovvia e scontatissima premessa nell'era del woke che si sbrana Hollywood e l'industria del cinema: non sarà la solita Biancaneve. Sì, perché la più bella del reame e della fiaba popolare europea (secondo gli storici ispirata alle vicende di una contessa tedesca o di una nobildonna bavarese) sarà interpretata dalla peperina attrice latina di origine colombiana Rachel Zegler, star di West Side Story.
"Grazia, graziella...", ha commentato in pratica Peter Dinklage: «C'è moltissima ipocrisia», ha tuonato l'attore durante il podcast WTF di Marc Maron dicendo di essere stato «sorpreso quando hanno annunciato, orgogliosi, di aver scelto un'attrice latina come Biancaneve». Per Dinklage sarebbe stupendo se la fiaba venisse reinventata in modo «folle, figo o progressista», ma scegliere di raccontare la «solita vecchia storia», cioè una storia in cui ci sono sette nani, è assolutamente sconcertante.
Tuttavia, più sconcertante della presenza di sette nani nella fiaba di Biancaneve e i sette nani, dovrebbe suonare la risposta della Disney, che in seguito alle lamentazioni del nano più famoso del cinema ci ha tenuto a "chiarire la sua posizione" all'Hollywood Reporter: «Per evitare di rinforzare gli stereotipi dell'animazione originale, ci siamo approcciati in modo diverso ai sette personaggi e abbiamo consultato persone affette da nanismo. Non vediamo l'ora di condividere maggiori informazioni».
Che significa "approccio diverso" ai nani? Ma naturalmente cancellare i nani. Pare che per non offenderli non ci saranno, o meglio, che al posto dei tradizionali nani ci saranno delle «creature magiche». Lo assicura The Wrap dopo aver visionato le griglie per i casting (stanno cercando doppiatori per dare "personalità" queste creature). «Non è chiaro se avranno gli stessi ruoli dei nani - cercheranno diamanti? Si chiameranno Pisolo, Brontolo e Mammolo? -, quello che è certo è che queste creature magiche saranno i sostituti dei sette nani originali».
C'ERA UNA VOLTA IL WOKE
Non è meraviglioso? Puoi infilare una Cenerentola di origine cubana nel regno del woke, dove vengono rispettate tutte le folli regole dell'Academy (cioè dove vivono cantando e ballando tra regine della parità e progetti di pale eoliche neri, asiatici, ispanici, neri non americani, afroamericani, nativi americani, bianchi, rappresentanti dell'Alaska e delle isole del Pacifico di ogni età, genere e dimensione). Puoi disseminare di pecette e disclaimer i vecchi film di Dumbo, Peter Pan e Lilli il Vagabondo («Il film che state per vedere si presenta così come era stato creato in origine. Può contenere rappresentazioni culturali obsolete») e cancellare dai live-action a loro dedicati il corvo Jim Crow (dal nome delle leggi sulla segregazione razziale) che fuma il sigaro, gli indiani che fanno "augh!", i gatti siamesi che canticchiano con parlata asiatica disinvolta.
Puoi levare a Minnie il vestito rosso a pois e i tacchi gialli e infilarla in un tailleur a pantalone blu "di provenienza eticamente sostenibile" disegnato da Stella McCartney e scarpe basse nere, puoi perfino sopravvivere alla polemica surreale sul bacio non consensuale stampato dal principe sulle labbra di Biancaneve. Ma ci sarà sempre qualcuno più "svegliato" di te che ti darà dello stolto arretrato infliggi-stereotipi. Convinti che il copione della polemica un anno prima dell'uscita di un film alla lunga non paghi più al botteghino, la domanda resta: perché diavolo fare un film a base di sette nani cancellando i nani per non offenderli?
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