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ZICHICHI
Non bastano i numeri per leggere il libro della natura
di Gianni Santamaria
 

 «In questi ultimi tempi troppe persone si sono messe a parlare di scienza senza avere al loro attivo scoperte o invenzioni tecnologiche. Non hanno nessun titolo per parlare. E invece parlano». Il discorso non è in generale, tanto per dire. Non riguarda i massimi sistemi del mondo. O – visto che a esprimersi è il fisico Antonino Zichichi – dell’universo. No. Il presidente della Fondazione Ettore Majorana ce l’ha proprio con quei commentatori, fisici e astronomi che ieri non hanno perso l’occasione per criticare il richiamo del Papa a «non sostituirsi al Creatore». Osservazione che, per lo scienziato siciliano, invece è «molto attuale». Il vero scienziato – ha argomentato il professore di Erice alla Lateranense, aprendo la seconda sessione del convegno sulla Fides et Ratio, dedicata a «Fede ragione e scienza» – «non può dimenticare che questa grande conquista della ragione, cui diamo il nome di scienza, è nata da un atto di umiltà». Perché l’arroganza consiste proprio nell’«illusione di poter decifrare il libro della natura senza mai porre una domanda al suo autore». Parole che sono state accompagnate, al termine, da un lungo applauso. Anche da parte del cardinale George Cottier, ginevrino e «conterraneo » di Zichichi per via del Cern, che ha moderato i lavori della mattinata.
  «Non basta essere intelligenti per scoprire la logica di colui che ha fatto il mondo, perché il Creatore di tutte le cose visibili è più intelligente di tutti, nessuno escluso», ha proseguito Zichichi. E dunque «per venire a capo della logica che lui ha usato per creare il mondo c’è un solo modo: porsi domande in modo rigoroso, una alla volta e lavorare affinché i risultati siano riproducibili ». Insomma, alla platea il fisico di fama internazionale ha spiegato i fondamenti del metodo galileiano. Nato in seno alla Chiesa, ha ricordato il membro della Pontificia Accademia delle scienze, fondata dal principe Federico Cesi e dall’illustre pisano.
  La relazione ha, dunque, assunto i toni di un’appassionata lezione su Galilei, uomo di scienza e di fede, come riconobbe Giovanni Paolo II nel 1979. «Come si fa a dire che era contro la Chiesa se scoprendo le prime leggi della natura le chiama impronte del Creatore?», domanda polemico Zichichi. Era un credente, come i più grandi fisici della storia. «Che fossero atei è una storiella». L’elenco? «Maxwell, Newton, Planck, Heisenberg». In più Galilei non disse mai che basta la matematica per capire il mondo, come dicono «sbagliando» i logici matematici atei. «Se bastasse il rigore logico-matematico per capire com’era l’universo un decimo di miliardesimo di secondo dopo il Big bang, non avremmo bisogno di costruire strutture complesse». Come la nuova macchina Lhc che tra poco entrerà in funzione al Cern di Ginevra, dove Zichichi lavora. Una pista magnetica lunga 27 km, per tentare di avere una risposta sul post Big bang. «Oggi questo lo sa solo colui che ha fatto il mondo, nel prossimo futuro lo sapremo anche noi. Altro che sostituirci al Creatore». Infatti «non riproduciamo il Big bang», ha detto Zichichi ribattendo agli «scienziati atei che non sanno di cosa parlano». Perché «ne siamo lontanissimi come tempi e come energia», nella misura di «milioni di miliardi».
  Come se non bastasse «il mio ex maestro, che si diverte a fare battute spiritose e nemmeno lui ci crede» ha coniato l’espressione «particella di Dio», a partire dalle scoperte di Higgs. «Non appena il nome di Dio appare nella cultura moderna, l’ateismo se ne impadronisce ». Per dimostrare ciò che non può, cioè la sua non esistenza, attribuendo il merito allo scienziato di turno. Queste, che sono «barzellette», diventano però «argomenti forti della cultura dominante, ecco perché Benedetto XVI fa bene a precisare quali sono gli obiettivi della scienza», ha concluso il fisico. Il filosofo francese Pierre Manent, invece, ha puntato il dito sull’individualismo egualitarista, del quale spesso si denunciano «le deleterie conseguenze sociali e morali». Ma «pur essendo meno visibili, non sono meno gravi le sue conseguenze intellettuali». E «la ricerca della verità perde semplicemente senso», se vige il principio del tutto è valido.
  Infine, ripercorrendo la Fides et ratio alla luce della Veritatis splendor e del pensiero filosofico di Giovanni Paolo II, il teologo della Lateranen­se Michael Konrad ha invitato a concentrarsi «non solo sulla moralità dei singoli atti ma su di essa come finalità della vita». Di metafisica si sono occupati poi Karol Tarnowski (Cracovia) e Jean Greisch dell’Institut Catholique di Parigi, moderati dal cardinale Paul Poupard.

 
Fonte: Fonte non disponibile, 18/10/08