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In attesa che si compiano i 50 anni dall’apertura del Concilio, ciò che avverrà a Dio piacendo nel 2012, si nota una tendenza sempre più forte, coincidente con l’epoca iniziata con l’elezione di Benedetto XVI nel 2005, a riparlare dell’eredità conciliare e a ripensarla, stavolta però senza nessun a priori e con la volontà di evitare ogni vana apologetica.
La crisi morale contemporanea, per esempio nella vecchia Europa, laddove l’evangelizzazione è antica di quasi 2 millenni ed ebbe frutti incommensurabili di fede, di pietà e di cultura, è troppo forte per essere negata, sottaciuta o persino contrabbandata per un “nuovo umanesimo” di cui dovremmo rallegrarci. L’operazione invero fu tentata, sull’onda dell’aggiornamento conciliare, dai profeti “cattolici” della secolarizzazione, ma oggi, con il collasso della civiltà cui stiamo assistendo, sono davvero pochi i cantori della Nuova Pentecoste imminente!
Ateismo di massa, immoralità dilagante, perdita del senso del peccato, distruzione della famiglia naturale e cristiana, legalizzazione del crimine dell’aborto, “matrimonio” tra persone dello stesso sesso, rifiuto dello Stato confessionale cattolico (che resiste però a Malta e nel Principato di Monaco) in nome del liberalismo solennemente e ripetutamente condannato dalla Chiesa (nel Sillabo per es.), parificazione delle religioni e delle morali, “conversione” di migliaia di cattolici all’Islam, pornografia, satanismo, pedofilia… Che lo stato presente dell’umanità sia collegato alla perdita della fede da parte dei più è ovvio e ribadito costantemente da Benedetto XVI; che la perdita della fede sia derivata dal Concilio, o dal para-Concilio, o dallo “Spirito” del Concilio, o dalle riforme attuate dopo il Concilio (come la riforma liturgica), o dalla cattiva applicazione e ricezione del Concilio è ciò di cui tanti autori si stanno interessando.
Tra questi Ralph McInerny, nato a Minneapolis 80 anni fa, che in un libretto appena tradotto e pubblicato in italiano (Vaticano II. Che cosa è andato storto ?, Fede e Cultura, 2009, 11 euro) non entra nella disputa circa il dettato conciliare e le sue eventuali lacune e carenze, ma si limita a constatare “il declino della Chiesa dopo il Concilio” (p. 14). Secondo l’autore il dramma post-conciliare sta tutto nella disobbedienza dei fedeli e soprattutto dei teologi all’autorità del Vicario di Cristo, manifestatasi in modo emblematico nel rifiuto dell’Humanae vitae di Paolo VI (1968).
L’analisi è giusta ma forse incompleta. Ci si potrebbe e ci si dovrebbe chiedere infatti, per tentare una soluzione storica all’immane dramma, la ragione di questa improvvisa e articolata disaffezione e ostilità della base verso il vertice, in una istituzione gerarchica come la Chiesa, la quale, tra l’altro, solo pochi anni prima, poniamo sotto Pio XII (+ 1958), rifletteva un tutt’altro spirito. Che cosa era cambiato col Vaticano II e perché?
Più che una riflessione di natura dottrinale, l’autore, filosofo e romanziere molto apprezzato negli Stati Uniti, si concentra sulla prassi e sul governo della Chiesa, tema importante e più facile da capire.
Se buona parte dei teologi e non rari vescovi rifiutarono apertamente l’enciclica di Papa Montini, il problema, dice McInerny, non riguarda più una specifica dottrina come quella sulla contraccezione, ma si sposta sulla natura e sulla autorità della Chiesa: chi la detiene il Pontefice Romano o i teologi più al passo coi tempi?
Amerio battezzò questo penoso processo come la «dislocazione dell’autorità didattica» dai vescovi ai teologi e ed esso fece seguito, immediatamente, il Vaticano II.
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