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TERREMOTO IN GIAPPONE (2): LA CULTURA DOMINANTE NON TOLLERA CHE IN UNA RADIO CATTOLICA SI RICORDI L'ESISTENZA DELLA DIVINA PROVVIDENZA
Le catastrofi ci distaccano dalla vita terrena e ci richiamano col pensiero al fine ultimo della nostra vita, che è immortale
di Roberto de Mattei
 

Il 16 marzo, nel corso di una trasmissione a Radio Maria, ho svolto una riflessione sul mistero del male a partire da due episodi di attualità: il terremoto del Giappone e l'uccisione del ministro pachistano Shahbaz Bhatti. Ho spiegato, alla luce della teologia e della filosofia cristiana, che in entrambi i casi ci troviamo di fronte al problema del dolore e del male. Ma con una fondamentale differenza.
La sofferenza che consegue alle catastrofi naturali, come in Giappone, è indipendente dalla volontà dell'uomo, mentre il male subito da chi è perseguitato non proviene dalla forza della natura, ma dalle passioni umane. Si tratta, in una parola, di un male fisico causato da un male morale.
Il male compiuto dall'uomo, quando si esprime sul piano pubblico e sociale, va denunciato e combattuto. Quando invece il male si abbatte sull'uomo, indipendentemente dalla sua volontà, come nel caso delle sciagure naturali, bisogna rassegnarsi ad esso perché tutto ciò che non dipende dalla volontà dell'uomo, dipende dalla volontà di Dio, non nel senso che Dio sia autore del male, perché Dio è sommo bene e incapace di ogni male, ma perché la Divina Provvidenza, da ogni male è capace di trarre il bene. Per comprendere l'azione della Provvidenza, che dà una ragione a tutto ciò che avviene, anche alle tragedie, come i terremoti, bisogna però avere una prospettiva soprannaturale: la prospettiva di chi crede nell'esistenza di un Dio creatore e rimuneratore della vita eterna.
Per meglio spiegare questi concetti, ho citato un libricino pubblicato all'indomani del terremoto di Messina da mons. Orazio Mazzella, (1860-1939), arcivescovo di Rossano Calabro, dal titolo La provvidenza di Dio, l'efficacia della preghiera, la carità cattolica ed il terremoto del 28 di Dicembre 1908: cenni apologetici (Desclée e C., Roma 1909). In questo scritto mons. Mazzella scrive che varie sono le ragioni per cui Dio può permettere le catastrofi.
In primo luogo esse ci distaccano dalla vita terrena e ci richiamano col pensiero al fine ultimo della nostra vita, che è immortale.
In secondo luogo esse possono essere un castigo che ci purifica dalle nostre colpe individuali o collettive. Fu il terremoto di Messina un castigo di Dio? «Chi potrebbe dirlo? – commenta mons. Mazzella – E possibile fare delle congetture, non è possibile affermare alcuna cosa con certezza. Intanto per noi, al nostro scopo, basta la sicurezza, che le catastrofi possono essere, e talora sono esigenza della giustizia di Dio».
In terzo luogo le grandi catastrofi sono spesso una manifestazione non della giustizia di Dio, ma del suo amore misericordioso. Mons. Mazzella scrive che il terremoto può essere stato un battesimo di sofferenza che ha toccato il cuore di molte vittime, unendole a Dio. Non c'è compiacimento per le sofferenze in queste parole, ma desiderio, al contrario, di consolarle. Sapere che i miei dolori sono ordinati ad un fine superiore è certamente più consolante di sapere che sono frutto delle cieche forze del caso.
Qualcuno dirà che il terremoto è un fenomeno di natura, risultato di forze fatali, perché governate da leggi precise e costanti, e che per questo non può esser legato alle esigenze variabili della giustizia o della misericordia di Dio. Se però Dio è l'autore dell'universo, chi potrebbe negargli la scienza e la potenza di disporre il meccanismo delle forze e delle leggi della natura in modo da produrre un fenomeno secondo le esigenze della sua giustizia o della sua misericordia? I disegni di Dio sono imperscrutabili, talora sono mistero di giustizia, talora mistero di misericordia, ma sempre misteri degni di un'infinita sapienza e di un'infinita bontà.
Le grandi catastrofi sono certamente un male, però non sono un male assoluto, ma un male relativo, dal quale possono sorgere beni di ordine superiore e più universali. La luce della fede ci insegna che le grandi catastrofi, o sono un richiamo paterno della bontà di Dio, o sono esigenze della divina giustizia, che infligge un castigo, o sono un tratto della divina misericordia, che purifica le vittime aprendo loro le porte del Cielo, che è il destino eterno dell'uomo.
Morte, malattie, sofferenze, angosce di ogni tipo, tutto è frutto del peccato e tutto può essere vinto dalla vita della Grazia che, morendo sulla Croce, Gesù Cristo ha portato agli uomini spalancando loro le porte della vita eterna, della eterna felicità. Sono questi i pensieri a cui ci dovrebbero richiamare le tragedie collettive, come i terremoti, permessi da Dio per ottenere beni spirituali più alti della vita materiale, perché le sofferenze materiali non sono il male supremo e Dio le permette, come castighi o come purificazioni, e comunque, sempre, come strumenti di meditazione, per aprire il nostro cuore a beni più alti di quelli materiali.
Ho svolto queste riflessioni, come cattolico, agli ascoltatori di una radio cattolica. L'UAAR (Unione Atei Agnostici Razionalisti) le ha registrate e messe in rete reclamando le mie dimissioni da Vice Presidente del CNR. L'attacco furioso degli ateisti militanti non mi impressiona: è un'ennesima espressione della dittatura del relativismo a cui siamo sottoposti. Fa riflettere invece l'imbarazzato silenzio del mondo cattolico o, peggio ancora, le confuse elucubrazioni sul mistero del male apparse su qualche sito che cattolico si professa.
Eppure, non ho fatto che esprimere la dottrina cattolica tradizionale, secondo il Magistero dei Padri, dei dottori della Chiesa, dei Pontefici. Il fatto è che, accanto ai teo-evoluzionisti esistono oggi i catto-ateisti, che sono quei cattolici che pur professando verbalmente di credere in Dio, di fatto vivono immersi nell'ateismo pratico.
Essi spogliano Dio di tutti i suoi attributi, riducendolo a puro "essere", cioè a nulla. Credono, e talvolta dicono apertamente, che Dio, dopo aver creato il mondo, lo abbandona a se stesso. Tutto ciò che accade è per essi frutto della natura, emancipata dal suo autore, e solo la scienza, non la Chiesa, è in grado di decifrarne le leggi. Non si capisce, a questo punto, neppure l'utilità della preghiera. Chi prega, infatti, chiede a Dio di intervenire nella propria vita, e quindi nelle cose del mondo, per essere protetto dal male, e per ottenere beni spirituali e materiali. Ma perché mai Dio dovrebbe ascoltare le nostre preghiere se si disinteressa dell'universo da Lui creato? Se, al contrario, Dio può, con i miracoli, cambiare le leggi della natura, evitando le sofferenze e la morte di un uomo, o l'ecatombe di una città, può anche decidere che sia meglio, che un uomo o una città perisca come insegnano, in innumerevoli passi, le Sacre Scritture.
E poi: se chi ricopre una carica pubblica, non può ricordare le verità perenni della fede cattolica, dovrebbero allora essere radiati dalle università e dalle scuole tutti i docenti che credono nei dogmi "anti-scientifici" dell'Immacolata Concezione o della transustanziazione, anche se ne parlano da privati cittadini, come io ho fatto ricordando, in una radio cattolica, l'esistenza della Divina Provvidenza. Il fatto è che il mondo cattolico ha perso il senso cristiano della storia e muore d'inedia spirituale e culturale mentre l'Islam e altre religioni avanzano alla conquista dell'Occidente. Chi crede ancora in Dio, chieda oggi con forza il suo aiuto!

 
Fonte: Corrispondenza Romana, 5/4/2011