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Il cardinale Tarcisio Bertone ha detto che la pedofilia non ha nessun legame con il celibato, piuttosto è attestato psichiatricamente che può avere un legame con l'omosessualità e...apriti cielo! L'intellighenzia planetaria (si è scomodato persino un ministro del governo francese) è subito insorta. Viene da ricordare ciò che Benedetto XVI disse a proposito del profilattico come soluzione non solo insufficiente ma perfino aggravante dell'AIDS: stesse scomposte e farisaiche reazioni.
Eppure così come il Papa sul profilattico, anche il cardinale Bertone ha ragione. Vediamo perché.
Prima di tutto i dati parlano chiaro. La pedofilia, anche se non esclusivamente, è prevalentemente presente negli ambienti omosessuali. D'altronde anche per quanto riguarda la sua presenza nel clero essa è al 99% praticata su bambini maschi, anzi: su adoloscenti maschi in età postbuberale. Infatti, c'è giustamente chi ha detto che a riguardo più che di pedofilia bisognerebbe parlare di efebofilia. Monsignor Charles J. Scicluna, della Congregazione per la Dottrina della Fede, parla per gli anni recenti di un 10% di casi di pedofilia in senso stretto e di un 90% di casi su adolescenti e giovani. Inoltre c’è un interessante studio del John Jay College of Criminal Justice della City University of New York (ambiente tutt’altro che cattolico) che attesta (come poi ha commentato anche il noto sociologo Massimo Introvigne) che oltre l’80% dei preti incriminati tra il 1950 e il 2002 risultano di orientamento omosessuale.
D’altronde sono cose che si sanno. Molti esponenti della cultura omosessualista, nonché omosessuali anch’essi, non hanno mai fatto mistero di una certa “simpatia” per la pedofilia. Francesco Agnoli riportò su Il Foglio del 2007 una dichiarazione dell’attuale governatore della Puglia Nichi Vendola, anch’egli omosessuale: “Non è facile affrontare un tema come quello della pedofilia (…), cioè del diritto dei bambini ad avere una loro sessualità, ad avere rapporti tra loro, o con gli adulti, e trattarne con chi la sessualità l’ha vista sempre in funzione della famiglia (…).” Sempre Francesco Agnoli ci dice che il noto scrittore, omosessuale dichiarato, Aldo Busi, nel suo Manuale del perfetto papà dichiara che l’età lecita per i rapporti omosessuali è a partire dai tredici anni, perché, secondo lui, già allora il bambino sarebbe libero di decidere in tal senso. Un noto pensatore omosessualista come Mario Mieli, a cui i radicali hanno dedicato anche un famoso circolo, afferma nel suo Elementi di critica omosessuale che la pedofilia svolgerebbe una sorta di funzione “redentiva”.
Veniamo adesso al motivo culturale. L'omosessualità si esprime negando volutamente l'ordine naturale. La pulsione omosessuale non è insopprimibile, cioè non deve essere necessariamente assecondata. Pertanto, quando questa pulsione viene assecondata si accondiscende consapevolmente per un atto che è contro-natura. Il dato naturale, una volta superato, diventa difficile poterlo recuperare successivamente. Si dice: uomo e uomo sì, donna e donna sì, ma adulto e bambino no. Perché si afferma: nel primo caso c'è la maturità psichica nel secondo no. E' vero! Ma per riconoscere questo bisogna appellarsi ad un dato di natura. Viene allora da chiedersi: perché mai dovrebbe valere il dato di natura per la pedofilia se poi viene volutamente superato per l'omosessualità? Inoltre, l'obiezione che abbiamo richiamato prima fa appello alla ragione, nel senso che con la ragione si dovrebbe riconoscere che non è legittimo il soddisfacimento di una pulsione sessuale verso i bambini. Ma anche questo richiamo risulta debole, perché, ammettendo l'omosessualità, si è già riconosciuta che ogni pulsione sessuale, anche contro-natura, deve essere soddisfatta, innalzando a criterio supremo il principio del piacere e non della ragione e della responsabilità. Tanto è vero questo che è altrettanto attestato che nel mondo omosessuale è pressoché assente la fedeltà. (…)
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