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La seconda domenica di Quaresima ci propone la meditazione del mistero della Trasfigurazione. Gesù conduce alcuni Discepoli sul monte Tabor e, davanti a loro, rivela lo splendore della sua gloria divina. Gli Apostoli vivevano accanto a Gesù, ne ascoltavano la parola, vedevano i miracoli da Lui operati, ma rimanevano ancora deboli ed incerti. Dopo poco tempo, avrebbero dovuto affrontare un'esperienza molto difficile, quella del Calvario, e avevano bisogno di una prova evidente che Gesù era il Figlio di Dio.
E questo avvenne proprio con la Trasfigurazione. La Trasfigurazione di Gesù è stata una manifestazione della sua divinità e una anticipazione della gloria futura. Si udì una voce dal cielo, la voce del Padre che disse: «Questi è il Figlio mio, l'amato: ascoltatelo!» (Mc 9,7). Quell'indimenticabile esperienza fece pregustare agli Apostoli la beatitudine eterna, tanto che Pietro, a nome di tutti, disse: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia» (Mc 9,5). Non riuscivano più a staccarsi da quella visione e desideravano rimanere lì, su quel monte, per sempre. Ma ciò non era possibile. L'Evangelista dice chiaramente che Pietro «non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati» (Mc 9,6). Non si trattava di paura, ma del timore che prende la creatura di fronte alle manifestazioni divine. Quell'esperienza fu importante per fortificare gli Apostoli nell'imminenza della Passione di Gesù.
Il Signore opera con noi in modo simile. Per fortificare il nostro spirito, affinché sia in grado di affrontare le inevitabili prove della vita, Dio invita anche noi sul monte Tabor, il monte della preghiera. Ogni giorno dobbiamo salire questo monte per attingere luce e forza, per poi ridiscendere alle occupazioni di ogni giorno, familiari e lavorative. Senza questa salita al monte Tabor, la nostra vita diventerà molto più faticosa e noi non riusciremo a portare la croce quotidiana dietro al nostro Maestro Divino.
Gesù salì sul monte a pregare. Impariamo da questo quanto sia importante la preghiera. Non se ne può fare a meno. La preghiera è la cosa più necessaria, al punto che i monasteri possono essere considerati come le sorgenti nascoste che danno vita a tutta la Chiesa, mentre i contemplativi si possono definire come i più grandi benefattori dell'umanità.
Nella vita di san Francesco e di santa Chiara si legge un episodio molto bello, riguardante lo splendore delle anime pure che amano Dio con tutto il loro cuore, che già su questa terra sperimentano la trasfigurazione dell'Amore di Dio. Un giorno san Francesco, nei pressi della chiesetta di Santa Maria degli Angeli, parlò a santa Chiara, e ad altri figli spirituali, di Dio e delle realtà celesti. Parlò così devotamente che discese sopra di loro l'abbondanza della divina grazia e tutti furono rapiti in Dio. Gli abitanti di Assisi videro un chiarore e si precipitarono, pensando a un incendio. Quando giunsero, essi si accorsero che non c'era alcun incendio, ma che tutti erano immersi nella contemplazione (cf FF 1844). Gli abitanti di Assisi considerarono allora la presenza di quelle anime sante come una grazia molto grande concessa da Dio alla loro città e come la migliore garanzia di protezione divina.
Il Vangelo di oggi ci insegna inoltre che la Gloria passa per la Croce. Chi vuole entrarvi deve passare attraverso la Croce. Tutti vogliono andare in Paradiso, ma pochi sono quelli disposti a passare per il mistero della Passione.
Il mistero della Croce era già prefigurato nell'Antico Testamento, precisamente nella prima lettura che abbiamo ascoltato. Dio disse ad Abramo: «Prendi tuo figlio, il tuo unigenito che ami [...] e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò» (Gen 22,2). Dal racconto biblico sappiamo che Abramo obbedì alla voce di Dio, che costruì l'altare, collocò la legna e che, con lo strazio nel cuore, stava per immolare il figlio Isacco. Ma l'angelo del Signore lo bloccò; e, al posto di Isacco, Abramo immolò un ariete.
Questo sacrificio preannunciava l'immolazione di Gesù sul Calvario. Egli, il Figlio unigenito del Padre, discendente da Abramo secondo la carne, venne realmente sacrificato sul legno della Croce. Ma da questa morte venne la salvezza per il mondo intero, secondo la promessa che Dio fece al santo Patriarca: «Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra» (Gen 22,18). Questo discendente è Gesù, il Figlio di Maria, il Redentore del mondo.
Il brano del Vangelo odierno si conclude con le parole del Padre Celeste che invita tutti ad ascoltare Gesù. È Lui il nostro Maestro, e noi tutti gli dobbiamo ubbidienza. Gesù ci parla nel suo Vangelo, e noi dobbiamo leggerlo e meditarlo; Gesù ci parla attraverso i suoi rappresentanti qui in terra: il Papa e i vescovi. Ascoltando loro, e in modo particolare il Sommo Pontefice, non potremo sbagliare e saremo certi di ascoltare Gesù.
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