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L'omino è solo davanti al carro armato. Inscena una strana danza. Da solo, disarmato, piccolo, con il suo corpo minuto fasciato da una camicia bianca, ferma la colonna di blindati. L'intera sequenza viene catturata da una serie di foto, le immagini fanno il giro del mondo, diventano l'icona della rivolta di Piazza Tienanmen del 1989, una rivolta pacifica soffocata nel sangue. La vita dell'"uomo del carro armato", del "ribelle sconosciuto" – come è stato ribattezzato – è stata inghiottita dal nulla. La stessa, meticolosa, operazione viene ripetuta da 24 anni in Cina: sommergere la rivolta per la democrazia nell'oblio. Cancellarne le prove. Sbiadirne la memoria.
Una gigantesca rimozione che si traduce in una vera e propria "caccia" su Internet. Così se su Sina Weibo, il più diffuso sistema di microblog cinese, da sempre è bandita la data 4 giugno e 4 giugno 1989, oggi vengono eliminate anche la date "64" (giugno 4), 24 (è il 24esimo anniversario della strage). Ma anche il 35, peché il 4 giugno in Internet viene chiamato anche il 35 maggio. Bandite non solo le cifre, ma anche le lettere o le parole relative ai numeri. E via dal Web anche le operazioni aritmetiche relative a questi numeri, come "63+1" o "65-1". E il più sottile "otto otto", perché moltiplicando i due numeri si ottiene 64. Via anche le parole "oggi", "domani", "giorno speciale", "quel giorno", "quell'anno". Cancellate anche immagini con candele, così come la parola "candela". Ma non solo misure virtuali: la capitale Pechino (e gli accessi alla piazza) sono stati blindati.
Contro la rimozione continuano a battersi le Madri di Tienanmenn. Tra questa c'è You Weijie: suo marito perse la vita all'alba del quattro giugno di 24 anni fa. Questa data, ha raccontato la donna ad AgiChina24, «non può essere dimenticata; anche se il governo censura Internet e vieta ogni riferimento sulla stampa, i cittadini di tutta la Cina, e specialmente quelli di Pechino, la ricordano sempre nel loro cuore». La rivolta di Piazza Tienanmen ha visto il momento più cruento nella notte tra il 3 e il 4 giugno 1989, quando i carri armati sono scesi in piazza per disperdere la folla uccidendo centinaia di persone. Il numero esatto delle persone uccise non è mai stato svelato dal Partito comunista cinese che aveva bollato come «controrivoluzionario » il movimento: da anni le Madri chiedono attraverso lettere aperte al governo e al parlamento cinese di riaprire le indagini e svelare il numero esatto delle vittime. Le persone finite in carcere dopo le rivolte del giugno 1989, sono state oltre 1600, secondo l'associazione Dui Hua, e alcune di loro sarebbero ancora detenute.
Eppure qualcosa è cambiato. Come sottolinea il New York Times , sulla scena politica cinese si è affermata una generazione di leader cha ha legami profondi (e ambivalenti) con i fatti di Tienanmen. Molti di leader sono stati tra le centinaia di migliaia di studenti che affollavano le università divenute rapidamente dei laboratorio di idee. Durante i fatti di Tienanmen, Xi Jinping – l'uomo forte della Cina – era un funzionario locale nella provincia del Fujian nel sud-est della Cina, lontano dalle proteste di Pechino. Ma il padre, Xi Zhongxun, un "veterano" sostenitore della riforma economica, era vicino a Hu Yaobang, il leader del Partito retrocesso nel 1987 per le sue tendenze liberali e la cui morte nel 1989 contribuì ad accendere la rivolta. Questa nuova generazione sembra più disposta a fare i conti con la storia.
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