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La presa di posizione di alcuni esponenti del Pdl (Lupi, Carfagna, Sacconi, Gelmini), che chiedono una moratoria sui temi etici e quindi il congelamento di disegni di legge, come quelli contro l'omofobia e per il riconoscimento dei matrimoni gay e delle unioni tra lesbiche e transgender, non può che rallegrarci. Ci si può solo augurare che trovi immediata risposta positiva da parte di altre componenti del Parlamento, visto che ormai il progetto di legge sull'omofobia sta per arrivare in aula alla Camera.
In effetti, per quanto positiva, non si può non notare quanto l'iniziativa degli esponenti del Pdl sia un po' tardiva e comunque insufficiente. Da settimane, anche attraverso campagne mediatiche orchestrate ad arte, si stanno alimentando in modo surrettizio e strumentale aspettative perverse rispetto all'approvazione della legge contro l'omofobia, salutata come conquista di libertà, come traguardo virtuoso in termini di uguaglianza. In realtà, come abbiamo avuto modo di documentare con dovizia di particolari e con argomentazioni fondate sul diritto, si tratta di un testo legislativo assai lacerante e divisivo, che mina dalle fondamenta i diritti costituzionali, in particolare il principio di uguaglianza tra cittadini, la libertà di manifestazione del pensiero e la libertà religiosa, tanto per richiamare i più importanti.
Non occorre essere ferventi cattolici ma semplicemente persone di buon senso per opporsi a un disegno di legge che avrebbe effetti devastanti sulla convivenza tra le persone, sui cardini del patto sociale, sull'educazione delle nuove generazioni. Il testo normativo approvato dalla Commissione giustizia della Camera prevede 18 mesi di carcere e l'obbligo di lavori socialmente utili per i responsabili di istigazione, propaganda e violenza omofoba. Il rischio concreto sarebbe quello di poter essere incriminati solo per dichiarazioni contrarie ai matrimoni gay o per richiami al Catechismo, alle Sacre Scritture o alla Dottrina sociale della Chiesa che, in maniera inequivocabile, sottolineano il valore insostituibile della famiglia naturale tra uomo e donna. Basterebbe peraltro gettare lo sguardo oltre confine, in Francia, dove, in virtù della vigenza di norme come quelle in discussione nel nostro Paese, si registra una serie impressionante di violenze poliziesche contro chi legittimamente difende la famiglia naturale, criticando i matrimoni gay. Nella Francia di Hollande perfino la libertà d'opinione, oltre che la libertà religiosa, viene negata in nome di un'ideologia gay alimentata da lobbies potentissime contro le quali cresce il malcontento popolare.
In Italia, fermo restando che anche tra i non cattolici di tutti gli schieramenti ideologici, culturali e politici esistono molte riserve rispetto a quel disegno di legge, è evidente che il maggior imbarazzo dovrebbe provarlo chi, richiamandosi alla dottrina sociale della Chiesa, ha promesso nell'ultima campagna elettorale che mai e poi mai avrebbe acconsentito all'emanazione di norme del genere. Quando parlamentari del centro-destra come Bondi e Galan avevano aperto, alcune settimane fa, al riconoscimento dei matrimoni gay, ci saremmo aspettati che il segretario del Pdl, Angelino Alfano ricordasse i contenuti del programma elettorale del suo partito in materia. Invece ha taciuto, lui come altri del centro-destra, rinunciando a far valere posizioni che dovrebbero stare a cuore a tutti i cattolici, ma soprattutto a quelli che sbandierano la coerenza tra il loro agire e i principi delle Sacre Scritture e chiedono agli elettori un consenso anche in nome di tale (presunta) coerenza. Con ipocrisia e indolenza hanno lasciato fare, consentendo al disegno di legge contro l'omofobia di marciare indisturbato nelle aule delle commissioni parlamentari, salvo rendersi conto, con colpevole ritardo, che il disorientamento in molti credenti (e anche non credenti) era crescente.
Ora chiedono la moratoria sui temi etici, che è una soluzione pilatesca ma comunque utile. Si chiede di frenare l'iter di quel disegno di legge e degli altri su temi affini, semplicemente per impedire che passino normative contrarie ad ogni più elementare principio di civiltà giuridica e, giova ricordarlo, alla Costituzione italiana, come non mancherebbe di far rilevare, all'occorrenza, la Corte Costituzionale. Ormai non è solo tempo di "pars destruens", bensì anche e soprattutto di "pars construens".
Sarebbe opportuno che i parlamentari Pdl come Alfano, Lupi, Gelmini, Sacconi, Carfagna prendessero carta e penna, elaborassero un documento chiaro e perentorio da sottoporre alla firma di tutti i colleghi, esprimendo una posizione trasparente e inequivocabile di contrarietà ai contenuti di disegni di legge come quelli sui temi etici attualmente in discussione. Tale documento potrebbe rappresentare una base di discussione e, perché no, in epoca di larghe intese, anche di convergenza, con altri cattolici del Pd o del terzo polo (Scelta civica/Udc) che probabilmente hanno maturato un'analoga sensibilità su quegli argomenti. Da cattolici del Pd, come Beppe Fioroni o Ernesto Preziosi, che pure militano in un partito sempre più ostaggio di posizioni laiciste, massimaliste e anticlericali, ci sarebbe da aspettarsi un sussulto d'orgoglio e una difesa convinta e non di facciata di valori che dovrebbero stare a cuore non solo ai cattolici ma a tutti i cittadini attenti a salvare i capisaldi della pacifica convivenza tra le persone, al di là di ideologie e punti di vista differenti.
Se è vero che da una visione cattolica della società e del mondo non possono discendere soluzioni univoche ai problemi dell'economia o ricette vincolanti sugli assetti politico-istituzionali, la coerenza tra fede e vita non può non stimolare tutti i credenti a respingere con forza i tentativi, ormai palesi e conclamati, di minare per legge valori imprescindibili come quelli della famiglia naturale, della libertà educativa, della libertà religiosa, dell'uguaglianza, della sussidiarietà.
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