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« Torna ai risultati della ricerca
Da Paese distrutto che aveva pure perso la guerra ed era prevalentemente agricolo, in pochissimi anni l'Italia è diventata la quinta potenza industriale del pianeta. L'espressione "miracolo economico" fu coniata espressamente per noi.
Fu un balzo in avanti strepitoso. Cos'avremmo potuto fare se avessimo avuto anche il petrolio? In effetti, l'inizio dei nostri guai è rappresentato proprio dai due shock petroliferi del 1973 e del 1979.
Ma - pur poveri di materie prime - abbondiamo in materia grigia. Il "genio" è la nostra grande risorsa. E dovremmo ritrovare anche per questo un po' di sano orgoglio italiano.
Perché poi sono gli altri a riconoscere le nostre eccellenze che noi magari ignoriamo. C'è un caso proprio nel settore cruciale dell'energia.
SORPRESA USA
In un atto del Congresso degli Stati Uniti della primavera 2016, si legge che l'Italia ha un primato straordinario nel campo delle nuove reazioni nucleari, che in America chiamano Reazioni Nucleari a Lieve Energia, in inglese Low Energy Nuclear Reactions (LENR).
Leggiamo quel passo della Commissione Forze Armate della Camera dei Rappresentanti (la Camera dei deputati Usa):
"La Commissione è al corrente dei recenti sviluppi positivi nell'evoluzione delle reazioni nucleari a lieve energia (LENR), che producono energia rinnovabile ultra-pulita e a basso costo, con forti implicazioni per la sicurezza nazionale. Per esempio, secondo la Defense Intelligence Agency (DIA), se le LENR dovessero funzionare, sarebbero 'una tecnologia dirompente in grado di rivoluzionare la produzione e conservazione di energia'. La Commissione è inoltre a conoscenza di quanto scoperto dall'Agenzia per i Progetti di ricerca avanzata per la Difesa (DARPA), secondo cui altri Paesi, inclusi Cina e India, stanno portando avanti programmi di LENR, mentre il Giappone ha appena creato un fondo di investimento per promuovere questa tecnologia".
Il documento prosegue così:"La DIA ha inoltre accertato che Giappone e Italia sono leaders in questo settore, mentre Russia, Cina, Israele e India stanno stanziando ingenti risorse per lo sviluppo delle LENR. Al fine di meglio comprendere le implicazioni per la sicurezza nazionale di queste evoluzioni, si chiede al Segretario della Difesa di fornire alla presente Commissione per le Forze Armate della Camera dei Rappresentanti, il 22 settembre 2016, un rapporto sull'utilità militare dei recenti avanzamenti in materia di LENR".
La Commissione chiede di conoscere anche "lo stato corrente della ricerca negli Stati Uniti" in questo settore e "in quale relazione essa sia con il lavoro effettuato in ambiti internazionali". Così è stato affidato proprio al ministero della Difesa Usa il compito di conquistare il primato della ricerca in questo settore.
E l'Italia che oltreoceano è definita "leader" nella scoperta di queste nuove forme di energia?
POCHI SANNO CHE...
Già nel 2009 (governo Berlusconi) il Parlamento italiano aveva approvato la legge 99/2009 che, programmando il ritorno al nucleare, apriva la strada alle nuove reazioni nucleari scoperte e brevettate dal Cnr.
Tutta questa vicenda scientifica e tecnologica è ricostruita nel libro - appena uscito - di Fabio Cardone, "La futura energia. Dall'atomica alle reazioni nucleari ultrasoniche" (Di Renzo editore, pp. 144, euro 14).
Le particolarità di queste scoperte - che in pratica mostrano la possibilità di ottenere reazioni nucleari mediante gli ultrasuoni e in generale mediante la pressione - sono molte e importanti.
Fra l'altro si ipotizzano perfino applicazioni di queste scoperte nel campo della medicina. Ma soprattutto questo modo di produzione dell'energia nucleare spazza via tutti i problemi che si sono evidenziati con le attuali centrali nucleari.
In sostanza oggi l'energia nucleare copre circa un quinto del fabbisogno mondiale di energia, ma ha il problema della sicurezza degli impianti, dello smaltimento delle scorie radioattive e dell'approvvigionamento dell'uranio visto che ce ne vorrebbe un milione di tonnellate l'anno e oggi ne viene prodotto mezzo milione (inoltre si pone il problema dell'esaurimento dell'uranio stesso e della dipendenza geopolitica dai paesi produttori).
Le reazioni nucleari ultrasoniche eliminano totalmente questo problema in quanto non hanno bisogno di uranio: "per liberare energia necessitano di sali di ferro e il ferro è molto comune in natura. Inoltre" spiega Cardone nel libro citato "gli esperimenti hanno dimostrato che le reazioni nucleari ultrasoniche non producono scorie radioattive e nemmeno radioattività residua e questo risolverebbe il problema dei rifiuti pericolosi".
Non solo. "Gli esperimenti hanno indicato anche un'altra sorprendente possibilità: la distruzione delle sostanze radioattive mediante la loro trasformazione in sostanze inerti, prive di radioattività".
In pratica, secondo i calcoli, si ottiene in 90 minuti quello che altrimenti avrebbe richiesto due anni e questo risolverebbe il problema dello smaltimento delle scorie prodotte finora dalle tradizionali centrali nucleari (quindi si avrebbe uno straordinario beneficio ecologico).
Tanto che - dopo l'approvazione della legge 99/2009 - la Regione Abruzzo, con una delibera del 2010 (approvata all'unanimità), ha chiesto al Governo di poter avere nel territorio regionale l'impianto per sviluppare la tecnologia finalizzata a disattivare le sostanze radioattive. In collaborazione con Ansaldo nucleare a Sogin (Società per la gestione degli impianti nucleari).
La Sogin nel 2010 aveva definito anche un piano di sviluppo. Sennonché nel marzo 2011, a seguito di un devastante terremoto e conseguente maremoto in Giappone, si ebbe il disastro della centrale nucleare di Fukushima. [leggi: FUKUSHIMA, CINQUE ANNI DOPO ABBIAMO LA CERTEZZA CHE LE RADIAZIONI NON FURONO PERICOLOSE, clicca qui, N.d.BB]
Immediata fu la ripercussione in Italia dove un referendum si abbatté sulla legge 99/2009 facendo sospendere l'applicazione dell'art. 14 (quello sul nucleare) fino al 2016.
E' ormai scaduto da un anno il termine e - come dimostra il documento del Congresso americano - tutti i grandi paesi industriali stanno correndo a investire su quelle nuove forme di energia nucleare.
E ORA ?
Il libro di Cardone riapre la riflessione sulle applicazioni di quelle scoperte. L'autore osserva: "E' stato valutato che ogni prototipo industriale può costare 100 milioni di euro e può avere soltanto un'applicazione specifica: produzione di energia, distruzione di sostanze radioattive, trasformazione delle sostanze".
Quanto tempo potrebbe occorrere per passare alla realizzazione di un impianto industriale? Naturalmente dipende dall'entità degli investimenti. Ma anche "un programma lento e a lungo termine" non va oltre i 10 o 15 anni.
Fra l'altro si deve sottolineare che i notevoli risultati di queste ricerche sono stati conseguiti senza finanziamenti specifici, cioè senza ulteriore aggravio di spesa per le casse pubbliche.
Infatti "tutto ciò che riguarda queste ricerche" spiega Cardone nel libro "era di proprietà dello Stato Italiano, la macchina era proprietà dell'Esercito Italiano" e "i brevetti relativi alla macchina e ai suoi procedimenti di proprietà del Cnr".
Considerati i tanti sprechi pubblici in Italia, in tutti i settori, è davvero significativo che poi si facciano scoperte importanti in modo così economico, si può dire praticamente a costo zero.
Ora sta al nostro Paese trarne tutti i benefici. Già altre volte è accaduto che importanti scoperte di scienziati italiani siano state poi implementate e sfruttate da altri Paesi (il caso più clamoroso è proprio quello di Enrico Fermi e del nucleare) Sarebbe desolante se ciò dovesse ripetersi anche in questo caso.
Ma se il governo non riprende subito in mano la materia (visto che è finita la sospensione) è sicuro che gli altri non staranno a guardare e ci sorpasseranno.
Quello dell'indipendenza energetica, fra l'altro, è un grande obiettivo politico che dovrebbe appassionare non solo i cosiddetti sovranisti, ma chiunque abbia minimamente a cuore il futuro dell'Italia. E' il classico tema bipartisan.
Nota di BastaBugie: per approfondire l'argomento delle centrali nucleari, dell'incidente di Fukushima e del referendum, clicca nel link qui sotto
https://www.bastabugie.it/it/ricerca.php?testo_ricerca=nucleare
Riccardo Cascioli nell'articolo sottostante dal titolo "Trump lancia la guerra mondiale contro i Signori del clima" parla dell'ordine esecutivo con cui Trump blocca il Piano Obama contro i cambiamenti climatici, ritenuto dannoso per l'economia americana e senza risultati per l'ambiente. L'iniziativa dell'amministrazione Trump intende privilegiare l'indipendenza energetica, salvando i posti di lavoro e migliorando gli indici ambientali. Una sfida che non riguarda solo gli Stati Uniti.
Ecco dunque l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 30 marzo 2017:
Quando si sente l'ex vice-presidente americano Al Gore affermare con sicurezza che la Brexit (l'uscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea) è conseguenza dei cambiamenti climatici, anche un profano sarebbe portato a simpatizzare con il presidente Usa Donald Trump che ha deciso di annullare tutti gli impegni presi dal suo predecessore Barack Obama in fatto di politiche del clima.
Il teorema di Gore - che lo ha esposto pochi giorni fa presentando il sequel del video catastrofista "Una verità sconveniente" - è degno della Fiera dell'Est di Angelo Branduardi: la decisione del popolo britannico sarebbe la conseguenza delle tensioni in Europa causate dai conflitti mediorientali, a sua volta provocati dalla guerra in Siria, la cui origine starebbe in una forte migrazione interna causata dalla siccità che avrebbe colpito la Siria negli anni scorsi, ovviamente provocata dai cambiamenti climatici.
È incredibile come la panzana della guerra in Siria che sarebbe stata causata dai cambiamenti climatici continui a essere ripetuta da importanti autorità internazionali malgrado ci siano prove evidenti della sua falsità (clicca qui per l'approfondimento), anche se basterebbe il buon senso. Ma addirittura attribuire a questo l'esito del referendum britannico sull'adesione all'Unione Europea è surreale. In altri tempi si sarebbe prescritto il ricovero immediato, oggi invece si è riveriti come autorità nel campo climatico.
Se queste sono le basi delle politiche per contrastare i cambiamenti climatici, allora si capisce come sia da prendere molto più sul serio la posizione dell'attuale presidente Trump che giudica la storia dei cambiamenti climatici una bufala e ha appena cancellato con un ordine esecutivo - chiamato "Energy Independence", indipendenza energetica - il Clean Power Plan (Piano per l'energia pulita) voluto da Obama. In questo modo viene eliminato il tetto alle emissioni di anidride carbonica (CO2) stabilito in ossequio agli accordi di Parigi sul clima e vengono tagliate le sovvenzioni statali alle energie rinnovabili. «Poniamo così termine alla guerra al carbone», ha sintetizzato Trump. Il carbone infatti, che tuttora è una fonte che conta per oltre il 30% del fabbisogno nazionale americano, sarebbe stata la prima vittima del piano Obama che prevedeva una riduzione di emissioni di gas serra entro il 2030 del 32% rispetto ai livelli del 2005.
Il costo del piano Obama - secondo le stime dell'agenzia americana per l'ambiente (Epa) - varia dai 7.3 agli 8.8 miliardi di dollari annui. In realtà il Clean Power Plan è stato già bloccato dal ricorso di 28 stati che contestano l'intrusione del governo federale nelle decisioni dei singoli stati quanto al mix energetico più adeguato da perseguire. Allo stesso tempo, c'è da aspettarsi che altri stati portino in tribunale le decisioni del governo Trump, visto che ora il Clean Power Plan dovrà essere riscritto secondo le indicazioni dell'ordine esecutivo di Trump, e che i governatori democratici faranno di tutto per rendere la vita difficile al presidente.
Contrariamente a quello che si vuol fare credere lo scontro non è tra chi ha a cuore l'ambiente e chi il solo profitto. E la questione non è solo un problema interno americano.
In questo l'amministrazione Trump riprende la linea che era già dell'amministrazione Bush, partendo dal presupposto che non è assolutamente vero che gli scienziati siano concordi nel ritenere la concentrazione di gas serra e in particolare la CO2 la causa principale del riscaldamento globale. Peraltro proprio il riscaldamento globale si sta dimostrando un fenomeno di molto inferiore a quello che i modelli al computer prevedevano negli anni passati. Al contrario, sono migliaia gli studiosi impegnati nelle scienze che hanno a che fare con il clima che sostengono la marginalità della CO2 nei processi di formazione del clima. In effetti, anche solo guardando ai gas serra, il 95% è costituito dal vapore acqueo.
In ogni caso la scienza non ha affatto certezze né riguardo alla evoluzione futura del clima né riguardo all'impatto che i cambiamenti climatici (che sono un fenomeno assolutamente naturale) possono avere sui fenomeni atmosferici.
Su questa base appare assurdo lanciarsi in investimenti stratosferici dai risultati più che incerti in fatto di clima. Per avere un'idea basti pensare che un recente studio commissionato dall'American Council for Capital Formation e dall'Istituto della Camera di Commercio USA, ha stimato che gli impegni presi da Obama come parte degli accordi di Parigi potrebbero costare all'economia americana 3 trilioni di dollari e 6.5 milioni di posti di lavoro nel settore industriale da qui fino al 2040. Nel giro di dieci anni, dice ancora lo studio, la perdita del lavoro si concentrerebbe in quattro stati chiavi per la manifattura: 74mila posti in Michigan, 53mila in Missouri, 110mila nell'Ohio, 140mila in Pennsylvania.
Quanto all'ambiente i vantaggi sarebbero irrilevanti, soprattutto perché tali investimenti puntano soltanto alla riduzione delle emissioni di CO2, che non è un inquinante (anzi è un elemento essenziale per la vita) ma viene ritenuto un climalterante (non da tutti, come abbiamo visto).
La amministrazione Trump invece, dalle prime mosse, sembra riprendere il discorso già sviluppato dall'amministrazione Bush, ovvero puntare sulla riduzione dell'inquinamento ma senza mettere a rischio i posti di lavoro e soprattutto puntando all'indipendenza energetica, una questione chiave per la sicurezza nazionale.
La guerra sul clima, però, non è solo un fatto interno degli Stati Uniti. La questione è globale, e non soltanto per le implicazioni che potrebbe avere sugli accordi di Parigi se gli Usa si ritirassero (in ogni caso non potrebbe accadere prima di due anni). Anche alcuni paesi europei, spinti dalla crisi economica, hanno cominciato a ripensare certi impegni legati agli accordi di Parigi. Basti pensare che solo nel 2015, le spese globali per fermare il riscaldamento globale ammontavano a 1.5 trilioni di dollari, all'incirca 4 miliardi di dollari al giorno. Il problema è soprattutto nell'investimento sulle energie rinnovabili. Per quanto negli ultimi anni sia molto migliorata l'efficienza di queste energie, sole e vento costano ancora da 5 a 10 volte più dei combustibili fossili e in ogni caso sono lontanissimi dal potere soddisfare l'attuale domanda di energia.
Per cui è abbastanza probabile che, aldilà delle prese di posizione ufficiale che dovendo rispettare il "politicamente corretto" dovranno essere di condanna per le decisioni di Trump, l'esempio americano sarà seguito più o meno discretamente da altri paesi industrializzati.
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