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Niente, un normale accoltellamento all'uscita da una discoteca. Il fatto, in sintesi: a Milano, nella notte del 20 aprile, fuori da una discoteca un americano ubriaco ha sferrato una coltellata alla gola a un nero gambiano. Si tratta di due giovanotti. L'americano, sbronzo fradicio, era stato allontanato più volte dai buttafuori, ma non c'era modo di farlo ragionare. I buttafuori si sono allora rivolti al gambiano, un habitué del locale che frequentava, a quando si dice, praticamente tutte le sere.
Il gambiano, che conosce inglese, ha provato a parlare all'americano ma a un certo punto la discussione deve essere trascesa e il nero si è beccato una coltellata alla gola. Niente di grave, per fortuna. Polizia, processo per direttissima e il resto è cronaca spicciola di una qualsiasi serata milanese di movida. Il punto interessante, però, è la vittima, l'africano. Scrive Luca Fazzo del Giornale che «anche lui è un protagonista a suo modo delle notti milanesi». Infatti, «è in Italia dal 2014, ha chiesto asilo e gliel'hanno respinto». Già: in Gambia non c'è alcuna guerra né una situazione politica particolarmente avversa ai diritti umani. Però, «poi gli hanno concesso la protezione umanitaria».
Sarebbe interessante sapere a che titolo. Perché un cittadino del Gambia avrebbe diritto alla «protezione umanitaria» dell'Italia? Forse il Gambia ha una legislazione afflittiva nei confronti delle persone Lgbt? Da cui discende la seconda domanda: se sì (e non pare), forse il Nostro è gay? Dalla cronaca non risulta. E dato il clima attuale, se così fosse, la cronaca l'avrebbe riportato con enfasi. Perciò, pare sia proprio da escludere. Insomma, una «protezione umanitaria» che Dio sa che cosa voglia dire. Il sospetto si appunta sulla solita manica larga pro immigrati.
Poverini, i «disperati» hanno affrontato i disagi dell'attraversamento del Sahara, il duro trattamento degli scafisti libici, i pericoli del mare... e vuoi non concedere loro la «protezione» (umanitaria)? Così, il Nostro, al sicuro in Italia, terra del bengodi, qui da noi, adesso, che fa? «Non lavora, vive in una comunità di accoglienza». Tetto sicuro, pasti garantiti, che vuoi di più dalla vita? Lavorare? Eh, a Milano non ci sono i caporali pugliesi, non ci sono nemmeno olive e pomodori da raccogliere. Non c'è lavoro, perciò non si lavora e basta.
Esperienza personale: a Milano c'è un mendicante nero davanti a ogni spaccio di alimentari, bar, panetterie o supermercati che siano. Ne ho visto uno che stazionava, cappello in mano, davanti a un negozio la cui vetrina inalberava un cartello: «Cercasi ragazzo tuttofare». Evidentemente, col cappello si fa di più e - cosa più importante - non si fatica. Ma torniamo al gambiano: «E i soldi che prende dallo Stato italiano li spende per andare in discoteca. Sempre gli stessi locali, l'Old Fashion e il Just Cavalli, dove è talmente di casa che» i buttafuori hanno trovato del tutto naturale rivolgersi a lui per l'inglese.
Ora, le domande si affollano. In discoteca è inutile andare prima di mezzanotte. L'ospite del «centro di accoglienza» ha le chiavi del «centro»? Può uscire tardi e tornare all'alba tutte le notti? Boh. Altra domanda: quanto gli dà, al giorno, lo Stato italiano come argent de poche? L'ingresso in discoteca ha un prezzo, e poi ci sono le consumazioni. Tutte le notti. Altro boh. Anziché mettere da parte, giudiziosamente, un gruzzoletto per farsi una nuova vita in Italia - non dico per radicarsi, mettere in piedi un'attività, pensare alla vecchiaia - questo immigrato spende ogni giorno tutto quel che lo Stato-mamma gli dà, tanto, l'indomani gliene dà dell'altro. Ma dico, non ci sono progetti educativi per tutti questi immigrati? Vengono qui, attratti dalla cuccagna, e l'Italia gliela fornisce, mantenendoli in perenne condizione infantile?
Ma c'è un progetto o si naviga a vista? Intanto, gli italiani pagano. Pagano la loro sostituzione come popolo, visto che aborti e eutanasie sono facilitati al massimo. E quando avremo svuotato l'Italia degli italiani e l'avremo riempita di africani, i nostri capi saranno contenti? Non credo. Ma la triste verità è che il loro orizzonte è limitato alla prossima elezione. Per il resto, aprés moi le deluge (dopo di me il diluvio).
Nota di BastaBugie: Cristiano Pellegrini nell'articolo sottostante dal titolo "Accoltella l'autista di un pullman, i carabinieri gli sparano per fermarlo" parla di una gravissima aggressione su un pullman di linea avvenuta un paio di settimane fa a Monteriggioni, in provincia di Siena. L'accoltellatore, un immigrato di 19 anni era in attesa di espulsione. E comunque in attesa di questa espulsione, ha colpito con tre coltellate al torace il conducente che è stato sottoposto a un delicato intervento chirurgico. L'immigrato era già stato arrestato per aggressione Il 18 luglio scorso dalla polizia alla stazione di Poggibonsi (Siena) perché aveva sferrato un pugno a un controllore che gli chiedeva di mostrare il biglietto del treno. Anche questa volta il diciannovenne ha litigato con l'autista dell'autobus perché sorpreso a viaggiare senza il biglietto. Del resto non si capisce perché si ostinino a chiedere il biglietto a lui che, poverino, non ce l'ha... Ah questi italiani razzisti e senza cuore.
Ecco dunque l'articolo completo pubblicato su il Tirreno il 29 luglio 2017:
Tre coltellate sferrate al torace dell'autista del bus, con tutta probabilità a causa di una discussione per il biglietto non pagato. Ora quel conducente del mezzo pubblico è grave in ospedale, a Siena, mentre il migrante che ha tirato i fendenti è stato bloccato dai carabinieri solo sparando: prima alcuni colpi in aria, poi, visto che non si fermava, uno a una gamba. L'episodio è avvenuto oggi al capolinea di Santa Colomba, vicino a Monteriggioni (Siena) e poteva avere conseguenze peggiori.
L'aggressore è un migrante 19enne della Costa d'Avorio in attesa di espulsione dall'Italia dopo che gli hanno revocato lo status di "richiedente asilo". Risulta essere un migrante problematico, con difficoltà legate all'alcol e già noto ai gestori dei programmi di accoglienza e alle forze dell'ordine per le sue intemperanze.
Solo l'intervento di alcuni passanti prima, che hanno sottratto l'autista dalla serie di fendenti portandolo al riparo, e dei carabinieri dopo, hanno evitato il peggio. Dalle ricostruzioni, a bordo del bus, a quell'ora, c'erano il passeggero, in stato di ebbrezza, e l'autista. Erano soli. Il bus stava concludendo la corsa al capolinea. Sceso a terra l'ivoriano sarebbe andato a prendere il coltello in una casa vicina dove in passato era stato ospitato come richiedente asilo ma da cui la Caritas lo ha allontanato proprio per la sua aggressività.
Una volta tornato indietro si è scagliato contro l'autista, accoltellandolo. Dopo i primi tre colpi l'autista, cinquantenne, è stato sbalzato fuori dal posto di guida, a terra. L'ivoriano avrebbe continuato a colpire il conducente se l'intervento di alcuni passanti che hanno fatto da scudo non avessero sottratto l'autista alla sua furia.
All'arrivo dei carabinieri, l'africano non si è fermato. Ha aggredito i militari tirando una damigiana sulla loro auto, poi anche con il coltello. Così ci sono stati gli spari in aria e poi uno a una gamba. L'ivoriano ha tentato la fuga in un bosco, dove è stato fermato. Il coltello è stato recuperato.
Per l'africano è scattato il fermo. Ora è piantonato in ospedale. In tasca gli hanno trovato una multa proprio di ieri, venerdì 28, per non aver pagato il biglietto dell'autobus. Non è escluso che sia questo anche il motivo della lite col conducente. Anche il 18 luglio aveva colpito un capotreno a Poggibonsi perché non aveva il biglietto del treno. Tuttavia, i carabinieri aspettano di avere la versione dell'autista, ma servirà ancora tempo. Il conducente nel pomeriggio è stato operato per ridurre i danni delle ferite da taglio. Ha perso molto sangue. Non sarebbe in pericolo di vita, ma la prognosi dei medici dell'ospedale Le Scotte resta riservata.
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