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Dalle stelle alle stalle per una "inopportuna" battuta "omofoba"? Questa sembra essere la surreale parabola di Pierfrancesco Favino, rivelazione (nei panni dello showman) e autentico mattatore della 68° edizione del Festival di Sanremo, che rischia di veder vanificata la sua, fin qui, applauditissima conduzione della kermesse canora per via di una divertente gag in cui, nei panni di Steve Jobs, ha osato ironizzare su un "mostro sacro" del pantheon LGBT come Conchita Wurst.
A scatenare le ire della comunità omosessuale è stato infatti lo sketch, inscenato insieme alla spalla Rolando Ravello, in cui Favino / Jobs, presentando un nuovo prodotto tecnologico, BaglionONE, ha mostrato una foto della drag queen barbuta Tom Neuwirth, in arte Conchita Wurst, vincitrice del'Eurovision Song Contest 2014, commentando così: "Molti si lamentano del Festival di Sanremo, ma devo dire che da quando sono andato all'Eurovision ho scoperto che c'è di peggio".
LE REAZIONI
Apriti cielo. I censori LGBT si sono immediatamente rivoltati sul web contro il conduttore ricoprendolo di tweet e messaggi di disapprovazione per essersi azzardato a fare ironia su un personaggio "intoccabile" come il barbuto transgender austriaco, icona della accettazione e della normalizzazione di qualsivoglia devianza sessuale. Un simbolo dell'odierna "rivoluzione gender" che era stato addirittura ospite all'Ariston, a Sanremo 2015, sotto la conduzione, evidentemente più "politically correct", di Carlo Conti.
"Che problemi hanno gli autori con Conchita? Provinciali", "Ma la battuta su Conchita Wurst chi l'ha scritta a Favino? Adinolfi o Gasparri?", "In Italia, con la Wurst, finisce sempre che ci dobbiamo scusare", "Da una persona intelligente come @pfavino ti aspetteresti qualcosa di meglio di una battuta su Conchita". Ecco alcuni dei tanti tweet che sono circolati in rete subito dopo il "misfatto". Tra questi anche l'ex presidente Arcigay Aurelio Mancuso che ha così cinguettato: "Quindi il bonone, maschione #Favino intimorito da chissà quali tremori intimi ha voluto prestarsi al siparietto #omofobo. Da questi pseudo artisti de sinistra arrivano sempre le cose peggiori...".
Mancuso ha poi voluto rincarare la dose in un articolo pubblicato sull'HuffPost in cui ha lanciato strali contro una certa pseudo-sinistra intellettuale "imbattibile sulle omotransfobie", scrivendo: "Molti utenti della rete parlano di battutaccia, o che forse gli sarà scappata lì per lì, diciamo uno scivolone. Niente di più fuorviante. Il testo è stato preparato con cura, Favino lo ha seguito con attenzione, con il copione tra le mani. Un'operazione voluta, pensata e propinata al pubblico. Quindi, oltre la responsabilità morale e materiale del bonone romano, che c'ha messo del suo per sottolineare il disprezzo nei confronti di una manifestazione internazionale cui partecipa di diritto il vincitore di Sanremo, bisogna chieder conto a Claudio Baglioni, che del concorso canoro e il "dittatore artistico", come ama incensarsi da giorni".
DUE VOLTE VITTIMA
Il bravo attore e conduttore romano è vittima due volte. La prima, in quanto "aggredito dalla realtà", che in uno spontaneo e naturale sussulto di buon senso, di fronte ad una improbabile donna barbuta canterina, gli ha fatto "scappare", suo malgrado, una "impronunciabile" battuta politicamente scorretta; la seconda, è vittima dell'odierno "gender diktat" che, implacabile, senza guardare in faccia nessuno, azzanna le sue più o meno ingenue prede.
Che succederà ora? Come uscirà dallo spiacevole impasse Favino? Il copione, in questi casi, prevede le immediate scuse pubbliche del reo, accompagnate da dichiarazioni di pieno supporto e solidarietà alla causa LGBT+; solo così l'attore romano potrà scrollarsi di dosso l'accusa di far parte di una certa "pseudo-sinistra intellettuale omotransfobica" e provare a ricucire il rapporto, ad oggi, compromesso con la comunità omosessuale.
Nota di BastaBugie: ecco altre notizie dal gaio mondo gay (sempre meno gaio).
BERLUSCONI: VIA LE UNIONI CIVILI. IN FORZA ITALIA SI TENTA DI SPEGNERE L'INCENDIO
Silvio Berlusconi interviene a Radio Lombardia e in merito alla legge sulle unioni civili dichiara che "è sbagliata" e abolirla "non significherebbe tornare alla situazione precedente". Poi aggiunge: "Massimo rispetto per i diritti di tutti, la famiglia è una cosa diversa: è l'unione tra un uomo e una donna orientata a fare figli e deve essere tutelata dallo Stato".
Subito sono partite le dichiarazioni dei suoi compagni di partito per buttare acqua sul fuoco. Stefania Prestigiacomo, che ha votato quella norma, afferma: "Indietro non si torna. Le unioni civili sono legge dello Stato, inutile strumentalizzare un tema come questo in campagna elettorale". Le fa eco Mara Carfagna: "È la legge del Pd che non va non le unioni civili. Lui stesso spiegherà che noi non mettiamo e non metteremo mai in discussione i diritti acquisiti. Quello che il presidente intendeva dire e che se fosse stato lui al governo avrebbe varato una legge diversa". Ed infine Nunzia De Girolamo: "Tutte le leggi sono migliorabili. Ovviamente quando andremo al governo assieme a Berlusconi capiremo quali sono le priorità".
Ovviamente l'uscita di Berlusconi è dettata unicamente da una strategia politica, ossia tentare di prendere qualche voto dai cattolici. Scontato poi il fatto che se andrà al governo la legge sulle unioni civili non verrà di certo toccata.
(Gender Watch News, 15 febbraio 2018)
SALVINI: SÌ ALL'AMORE GAY, NO ALLE ADOZIONI
Matteo Salvini è ospite della radio Rtl 102.5. Il conduttore Pierluigi Diaco lo informa che da poco si è unito civilmente con il suo compagno. Salvini gli fa i complimenti e poi aggiunge: "Io penso che come lo Stato non entra in negozio con lo studio di settore, ognuno è libero di amare chi vuole nel rispetto del prossimo. Sono però contrario alle adozioni per le coppie omosessuali. Le discriminazioni sono una roba folle. Metto alcuni limiti che riguardano i bambini: sono e sarò contrario finché campo alle adozioni per le coppie omosessuali, perché il bambino non ha diritto di parola, viene al mondo se ci sono una mamma e un papà o viene adottato se ci sono una mamma e un papà. Ma le discriminazioni sono una roba folle. Se vado dal medico non so se è etero o omosessuale o con chi vive. E non mi interessa. Mi interessa che sia un bravo medico e se viene discriminato perché è etero o gay è una follia. Ma chi non ha diritto di parola, cioè un bambino, ha diritto di crescere con una figura di riferimento paterna e una materna".
Insomma in vista del voto del 4 marzo Salvini dà prova di malcelato equilibrismo: sì alle Unioni civili, ma con dei paletti. Ad esempio no alle adozioni. Ma accettare le Unioni civili significa riconoscere che le persone omosessuali unite civilmente dovranno avere prima o poi gli stessi diritti dei coniugi e quindi anche il diritto di adozione.
(Gender Watch News, 1° febbraio 2018)
CARO MAURIZIO LUPI E COMPAGNI ''CATTOLICI'' NON SI PUÒ MAI VOTARE PER IL MALE MINORE
Per alcuni politici cattolici il male minore è una sorta di coperta di Linus, sotto cui rifugiarsi per sentirsi più protetti, per sentirsi nel giusto. Maurizio Lupi posta un commento su Facebook: «Sulle leggi che toccano le questioni cosiddette eticamente sensibili ci siamo chiesti se, visti i numeri in Parlamento (500 contro una quarantina di deputati) era meglio una pura testimonianza o il tentativo di modificare una legge limitandone i danni».
L'espressione "pura testimonianza" sta qui a significare: votare contro o astenersi. Lupi, a pochi giorni dal voto, deve trovare un alibi credibile per giustificare agli occhi dell'elettorato cattolico il comportamento in aula suo e dei suoi compagni di partito in merito alla discussione parlamentare relativa a tre leggi: unioni civili, legge sulle Dat e ius soli. Le prime due norme appaiono con piena evidenza, almeno al lettore abituale della Bussola, come leggi ingiuste. Sulla terza rimandiamo ad alcuni articoli pubblicati su queste colonne qualche tempo fa per illustrare i motivi per cui non si poteva votare a favore di tale legge.
Torniamo all'on. Lupi il quale giustifica il voto a favore delle unioni civili con la seguente argomentazione: «Sulle unioni civili abbiamo scelto la seconda strada [la limitazione dei danni] e alcune importanti modifiche (no all'equiparazione legale con il matrimonio, no alla stepchild adoption, no all'utero in affitto) sono state ottenute grazie al nostro lavoro e al compromesso raggiunto all'interno della maggioranza. Senza questo lavoro adozione e utero in affitto avrebbero avuto la strada spianata». Lupi e compagni avevano provato a percorrere la medesima strada anche per la legge sulle Dat ma senza successo: «Noi abbiamo provato sia in commissione sia in aula, fino all'ultimo, di far approvare emendamenti migliorativi, ci hanno sempre detto no a suon di voti. Chiedevamo sostanzialmente tre cose: no a idratazione e alimentazione considerate cure mediche, no al ruolo del medico ridotto a mero esecutore delle volontà del paziente, possibilità di obiezione di coscienza per le strutture cattoliche. Chiedevamo inoltre che le DAT avessero una scadenza, che andassero riviste dopo un certo numero di anni in modo che la persona potesse cambiarle (o confermarle) di fronte ad esempio ai progressi della medicina. Picche su tutta la linea. [...] Abbiamo votato contro».
Procediamo per gradi nel giudizio di carattere morale in merito alle scelte compiute da Lupi e colleghi. Unioni civili e biotestamento sono due leggi ingiuste. Lecito limitarne gli effetti negativi se è impossibile bloccarne il varo? Certo. Bene quindi proporre e votare emendamenti limitativi del male contenuto nella legge: divieto di equiparare le unioni civili al matrimonio, divieto della stepchild adption, divieto dell'utero in affitto, divieto di considerare nutrizione e idratazione terapie, divieto di considerare il medico un mero fornitore di servizi clinici, possibilità di obiettare relativamente alle pratiche eutanasiche.
In merito alle Dat occorre però fare una riflessione in più. Le Dat non sono uno strumento intrinsecamente malvagio per il semplice motivo che nessuna cosa è in sé male (nemmeno una mina antiuomo). Dipende da quali sono le volontà espresse nelle Dat e dalle circostanze. Nella situazione attuale questo strumento facilita le pratiche eutanasiche e quindi un voto a favore delle Dat, seppur migliorate con la previsione della data di scadenza, è un voto che, nel contesto presente, potrebbe favorire la diffusione della pratica eutanasica. In breve, come avevamo argomentato tempo fa, è preferibile non avvalersi di questo strumento e dunque era preferibile non votare le Dat seppur perfezionate.
Torniamo agli emendamenti migliorativi di una legge ingiusta: lecito votare per limitare il male inserendo nel testo di legge divieti di compiere il male o facoltà nell'astenersi dal compiere il male (es. obiezione di coscienza), illecito dare il proprio voto finale ad una legge che contenga al suo interno articoli buoni come quelli che abbiamo appena visto (divieti e obiezione di coscienza) ed articoli malvagi: legittimare le unioni civili e legittimare l'eutanasia. Questo perché il voto finale è un'approvazione di tutti gli articoli contenuti nella legge. E' come porre una firma a pié di pagina di un contratto: chi firma approva tutte le clausole contenute in essa. E dunque il parlamentare può e spesso deve votare a favore di emendamenti che ad esempio vietano condotte malvagie, ma se poi questi emendamenti diventano articoli di una legge la cui ratio è malvagia, al momento dell'approvazione finale in aula deve votare contro o, a seconda dei casi, astenersi.
Infatti mai si può legittimare una condotta malvagia perché legittimare vuol dire assegnare valore giuridico a condotte che non hanno valore morale, e dunque mai si può votare a favore di una legge ingiusta. Perché votare a favore significa approvare il contenuto di tutte le volontà espresse in una legge, sia quelle lecite che quelle illecite. Tale voto sarebbe un'azione intrinsecamente malvagia che mai potrebbe essere compiuta né per un fine buono - stemperare la malvagità di una legge - né in stato di necessità - impossibile evitare che la legge ingiusta venga varata -. Dunque il voto a favore delle unioni civili prestato da Lupi non è eticamente accettabile. In merito alla legge sulle Dat, Lupi ha votato contro non perché la legge fosse ingiusta, ma solo perché nel testo di legge non erano presenti quelle migliorie che il parlamentare voleva inserire.
Il coordinatore di Noi con l'Italia poi per giustificare il proprio voto chiama in causa il n. 73 dell'Evangelium vitae che così recita: «Un parlamentare, la cui personale assoluta opposizione all'aborto fosse chiara e a tutti nota, potrebbe lecitamente offrire il proprio sostegno a proposte mirate a limitare i danni di una tale legge e a diminuirne gli effetti negativi sul piano della cultura e della moralità pubblica». Nel n. 73 il Pontefice sottintende, perché portato implicito della riflessione dottrinale in materia di morale, che il "limitare i danni" non può esso stesso configurare un'azione malvagia. Se ad esempio Tizio tiene sequestrate tre persone e chiede a Caio di ucciderne una quarta in cambio della salvezza delle tre, Caio, al fine di limitare i danni, non può dal punto di vista morale uccidere questa quarta persona. Parimenti per impedire il varo di una legge ingiusta (per limitare i danni) non è lecito votare a favore di una legge meno ingiusta, perché pur sempre iniqua.
Il male minore non può essere compiuto per il semplice motivo che comunque è un male. Così Humanae vitae: «Se è lecito, talvolta, tollerare un minor male morale al fine di evitare un male maggiore o di promuovere un bene più grande, non è lecito, neppure per ragioni gravissime, fare il male, affinché ne venga il bene, cioè fare oggetto di un atto positivo di volontà ciò che è intrinsecamente disordine e quindi indegno della persona umana, anche se nell'intento di salvaguardare o promuovere beni individuali, familiari o sociali» (14).
In merito poi alla corretta esegesi del n. 73 rammentiamo un passo del n. 71 della stessa enciclica che funge da criterio ermeneutico per il successivo n. 73 e che concerne il diritto alla vita ma che ovviamente interessa tutte le condotte contrarie alla dignità umana: «Essa [la pubblica autorità N.d.A.] non può mai accettare [...] di legittimare, come diritto dei singoli [...] l'offesa inferta ad altre persone attraverso il misconoscimento di un loro diritto così fondamentale come quello alla vita». Il testo dunque esclude scriminanti, come ad esempio legittimare condotte meno malvagie di altre e dunque votare a favore di una legge ingiusta per impedire il varo di un'altra legge più ingiusta. Eccezioni al voto a favore di una norma iniqua sono escluse anche dal seguente periodo contenuto sempre nel n. 73: «L'aborto e l'eutanasia sono dunque crimini che nessuna legge umana può pretendere di legittimare». Se è vietato legittimare il male è vietato altresì votare a favore di una norma che ha legittimato il male. Ed infatti nel n. 90 si afferma esplicitamente in merito alle leggi che attentano alla vita delle persone: «Rinnovo con forza il mio appello a tutti i politici perché non promulghino leggi che, misconoscendo la dignità della persona, minano alla radice la stessa convivenza civile».
Ancor più esplicito in merito al divieto di votare una legge ingiusta, che rimane ingiusta anche se meno peggiore della bozza di partenza, è il seguente passaggio di un documento della Congregazione per la Dottrina della Fede, siglato dallo stesso Giovanni Paolo II, dal titolo Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali, laddove esplicitamente richiama il n. 73 e ne articola la seguente esegesi: «Nel caso in cui si proponga per la prima volta all'Assemblea legislativa un progetto di legge favorevole al riconoscimento legale delle unioni omosessuali, il parlamentare cattolico ha il dovere morale di esprimere chiaramente e pubblicamente il suo disaccordo e votare contro il progetto di legge. Concedere il suffragio del proprio voto ad un testo legislativo così nocivo per il bene comune della società è un atto gravemente immorale» (10). Nello stesso n. 73 troviamo inoltre richiamato il seguente principio dottrinale presente nel documento della Congregazione per la Dottrina della Fede dal titolo Dichiarazione sull'aborto procurato: «Nel caso quindi di una legge intrinsecamente ingiusta, come è quella che ammette l'aborto o l'eutanasia, non è mai lecito conformarsi ad essa, 'né partecipare ad una campagna di opinione in favore di una legge siffatta, né dare ad essa il suffragio del proprio voto'».
Per soprammercato citiamo ancora la Congregazione per la Dottrina della Fede e il suo documento Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l'impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica laddove la stessa citò la terza sezione del n. 73, sezione evocata da Lupi, facendo però seguire subito dopo questa precisazione ermeneutica: «In questo contesto [quello evocato dal n. 73, terza sezione N.d.A.], è necessario aggiungere che la coscienza cristiana ben formata non permette a nessuno di favorire con il proprio voto l'attuazione di un programma politico o di una singola legge in cui i contenuti fondamentali della fede e della morale siano sovvertiti dalla presentazione di proposte alternative o contrarie a tali contenuti».
La rassegna di queste citazioni ermeneutiche del n. 73 ci porta così a concludere: limitare i danni è lecito, ma a patto che la limitazione del danno non si identifichi nel voto ad una legge ingiusta, anche nel caso in cui quest'ultima risulti meno peggiore rispetto alla bozza originale. Ancor più in sintesi, mai votare per il male minore.
(Tommaso Scandroglio, La Nuova Bussola Quotidiana, 19 febbraio 2018)
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