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Dunque sono ripresi gli sbarchi come ha raccontato venerdì Gianluca Veneziani su queste colonne. Una curiosa coincidenza.
Appena passate le elezioni, come per magia, ricominciano le ondate migratorie che erano praticamente cessate proprio alla vigilia della campagna elettorale. Giusto il tempo di far dimenticare agli elettori italiani l'arrembaggio dei mesi scorsi. Passata la festa gabbato lu santo?
Come la storia dello Ius Soli. Per tutto il 2017 dalla Sinistra e dal mondo clerico-bergogliano appelli e digiuni strappalacrime. Sembrava una questione umanitaria urgentissima, una questione vitale. Chi vi si opponeva veniva fulminato come un troglodita, xenofobo e disumano. Non sentivano ragioni.
Per quanto si obiettasse, numeri alla mano, che l'Italia era il Paese europeo che già riconosceva più cittadinanze agli stranieri e quindi - casomai - si sarebbe dovuto diminuirle, il cuore in fiamme dei "cosmopoliti" non voleva sentir ragioni. La cittadinanza italiana doveva diventare un regalo di massa.
Avevano giocato pesante. Come ricorda sull'"Espresso" Andrea Riccardi "l'estate scorsa addirittura il Papa aveva firmato un appello". Una colossale intromissione politica del Vaticano che i laicisti progressisti avevano applaudito infischiandosene del fatto che nello stato di cui Bergoglio è sovrano assoluto non solo non c'è lo Ius Soli, ma non si può nemmeno entrare liberamente.
Intellettuali, comici, filantropi, giornalisti, Emmebonino, preti e ballerine, tutti mobilitati per questa nobile e umanitaria stupidaggine da infliggere all'Italia.
IL RIDICOLO SCIOPERO DELLA FAME DEL MINISTRO DELRIO
Addirittura dei ministri, fra un pranzo e una cena, si sono messi a fare lo sciopero della fame. Memorabile quello del ministro Delrio che, invece di badare - in quanto ministro - ad autostrade e ferrovie (che poi si bloccano per cinque centimetri di neve), annunciò il suo digiuno proprio per lo Ius Soli.
Non si erano mai visti ministri che fanno uno sciopero della fame per ottenere una legge: essendo ministri o sono capaci di farla o (se ci tengono così tanto) si dimettono per protesta.
Ma Delrio non fece né l'una cosa, né l'altra (non sia mai che si rinunci alla poltrona). Lui, con grande sprezzo del ridicolo, voleva sottolineare il suo inutile slancio ideale offrendo le proprie membra in sacrificio digiunatorio.
Per quanto fosse da più parti sollecitato a tener duro e arrivare fino allo stremo per la causa, in quei giorni il Gandhi di Reggio Emilia ha misteriosamente mantenuto la sua cera, le sue attività e il suo peso forma.
In ogni caso la legge è rimasta ingolfata. Perciò era logico aspettarsi che lo Ius Soli diventasse un infuocato argomento della campagna elettorale. Invece nulla.
Appena cominciata la campagna elettorale, sullo Ius Soli di colpo è calato il silenzio totale. L'urgenza è sparita d'improvviso. La causa umanitaria si è dissolta tutta d'un tratto.
Non c'è stato un solo partito della Sinistra, di quelli che ne avevano fatto una bandiera morale, che in campagna elettorale si sia presentato agli elettori sbandierando lo Ius Soli come una delle sue proposte urgenti e qualificanti.
Sembrava che la corbelleria - prima tanto acclamata - non avesse più nessuno sponsor politico. Anzi, tutti zitti sull'argomento così da far perfino dimenticare di averla sostenuta: perché sapevano che era urticante per gli elettori. [...]
Qualcosa di analogo è accaduto allo stato maggiore dell'Unione Europea. Il 7 marzo, solo due giorni dopo il voto, si poteva leggere questo titolo su Tgcom.24: "Dombrovskis bacchetta lʼItalia: 'Crescita molto sotto la media Ue' ".
Sarebbe stato utile sentirlo dire durante la campagna elettorale, quando il Pd renziano celebrava ogni giorno la presunta "ripresa" dovuta ai governi Pd ed esaltava l'Italia "che sta ripartendo".
Anche la cosiddetta "riforma carceraria" del ministro Orlando ha risentito della campagna elettorale. Infatti la legge delega era già stata approvata prima delle elezioni e il decreto era già stato definito, ma è stato fatto impantanare in uno strano via vai con le commissioni Giustizia di Camera e Senato. Alla fine lo scadente e scaduto governo Gentiloni lo ha varato dopo le elezioni, il 16 marzo. Perché temevano che gli elettori non avrebbero gradito quelle maglie larghe sulle misure alternative al carcere? Verrebbe da pensarlo.
PERICOLO FASCISMO, HACKER RUSSI, CAVALLI DI TROIA
Fra i misteri di questo periodo elettorale c'è anche l'allarme apocalittico per l'onda nera che - stando sempre al ministro Delrio - stava per sommergere l'Italia.
"Repubblica" dedicò addirittura un titolone di apertura della prima pagina al pericolo fascismo e l'allarme fu martellante pure in programmi televisivi come quello di Corrado Formigli che faceva temere di essere quasi alla vigilia di una nuova "Marcia su Roma".
Ma da quando sono passate le elezioni di colpo di quell'allarme non si parla nemmeno più. Certo, si è potuto constatare che era una bufala e che le liste di estrema destra hanno preso percentuali da prefisso telefonico, ma si sapeva già prima che erano pressoché inesistenti nel Paese: solo che faceva comodo "pomparne" la consistenza oltre il limite del ridicolo, sia per gridare "al lupo! Al lupo!", sia per creare difficoltà al centrodestra.
Fra i desaparecidos del dopo elezioni ci sono anche i fantomatici "hacker russi". A sentire la stampa mainstream e gli alti papaveri europei e atlantici c'era il terribile rischio che questa nuova Spectre condizionasse o addirittura falsasse il risultato delle elezioni.
Un titolo di "Repubblica" del 15 novembre: "Così la Russia infiltra i suoi cavalli di Troia anche in Italia".
Nessuno ha visto cavalli in giro. Somari sì, tanti, ma non russi. Non si è mai capito dove si fosse arenato il cavallo di Troia paventato dalle parti di "Repubblica". E nessuno ha visto agenti russi che in incognito si sono aggirati fra le cabine elettorali. In sostanza: una comica.
FAKE NEWS E POPULISMO
L'evocazione di questi fantasmi è andata di pari passo con la surreale asserita presenza di fake news, anch'esse un altro pericolo apocalittico amplificato da certi apparati di propaganda dell'establishment. Serviva per mettere sotto accusa la rete che ha la grave colpa di non essere controllabile. Anche in questo caso si è accodato pure il Vaticano al bau bau contro le fake news e viene da ridere a pensare ai suoi casi recenti...
Ma infine la metamorfosi più repentina e sorprendente è stata quella relativa al cosiddetto "populismo".
Per tutta la campagna elettorale la Sinistra ha alimentato il bau bau contro quello spettro terrificante, indicando nei Cinque Stelle un pericoloso pastrocchio di incompetenti teleguidati dalla Casaleggio e associati, che avrebbero mandato in rovina lo Stato col reddito di cittadinanza.
Ma dalle urne è uscito il successo di M5S e Lega, così si è assistito - come ha scritto Paolo Mieli - "all'incredibile corsa del ceto medio riflessivo della sinistra italiana in vista di un balzo sul carro dei Cinque Stelle nei minuti successivi alla proclamazione dei risultati delle elezioni politiche. Minuti? Diciamo pure frazioni di secondo".
Nella corsa si sono visti politici, intellettuali e giornalisti, ma uno dei più tempestivi è stato Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, attore e regista siciliano che in passato partecipò alla Leopolda renziana.
Se andrà così e il Pd cederà alle sirene facendo la stampella dei grillini, potremo se non altro celebrare la morte definitiva del Pd e la nascita ufficiale della Sinistra del Pif.
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