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Nel discorso di papa Francesco a conclusione del recente summit in Vaticano sugli abusi sessuali è passato quasi inosservato un elemento che pure aveva colto di sorpresa tutti gli osservatori. Gran parte del suo intervento era infatti centrato non sulla vicenda ecclesiale ma sulla piaga degli abusi sui minori a livello globale. Così, spiegava il Papa, dai dati delle organizzazioni internazionali scopriamo che «chi commette gli abusi (...) sono soprattutto i genitori, i parenti, i mariti di spose bambine, gli allenatori e gli educatori». Inoltre, proseguiva Francesco, «secondo i dati Unicef del 2017 riguardanti 28 Paesi nel mondo, su 10 ragazze che hanno avuto rapporti sessuali forzati, 9 rivelano di essere state vittime di una persona conosciuta o vicina alla famiglia». L'elencazione dei dati proseguiva: ogni anno negli Stati Uniti 700mila minori sono vittime di violenze e maltrattamenti, e un bambino su 10 è vittima di violenze sessuali. E poi ancora: l'Italia (il 68,9% degli abusi sui minori è all'interno delle mura domestiche), il turismo sessuale, i bambini soldato.
Lo scopo di questa panoramica non era minimizzare lo scandalo nella Chiesa, ma porlo nel giusto contesto. Per poi dire sostanzialmente: noi, come Chiesa, stiamo facendo e faremo tutto il possibile per eliminare questa piaga al nostro interno, ma molto di più deve essere fatto a livello globale.
In effetti, se solo ci fermiamo ai dati americani notiamo che i casi accertati di abusi sessuali di preti nei confronti di minori sono nell'ordine di diverse migliaia nell'arco di 70 anni (6.700 secondo il dettagliato rapporto del John Jay College pubblicato nel 2004, mentre il recente Rapporto del Gran Jury della Pennsylvania parla di oltre mille casi solo in quello stato). Se invece guardiamo al fenomeno nel suo complesso, i dati nazionali parlano solo per gli abusi sessuali di 65mila casi l'anno. Come si vede l'incidenza dei "casi in parrocchia" sul totale potrebbe essere definita addirittura marginale. Ma l'immagine che scaturisce dai media si direbbe opposta alla realtà dei numeri: ormai nell'immaginario collettivo la Chiesa cattolica sembra la centrale internazionale di crimini contro i minori.
FORTE PREGIUDIZIO ANTI-CATTOLICO
È inevitabile porsi delle domande sul perché magistratura e media si concentrino sui casi di abusi nella Chiesa cattolica e ignorino tutto il resto. Le risposte possono essere diverse: sicuramente certi abusi fanno più rumore quando riguardano una istituzione religiosa e morale come la Chiesa; è vero anche che la Chiesa è l'unica istituzione ad aver affrontato direttamente il problema al suo interno e questo richiama l'attenzione. Ma nessuna risposta può essere soddisfacente se non si prende in considerazione il forte pregiudizio anti-cattolico che ormai domina l'Occidente e il cui unico scopo sembra essere quello di cancellare ogni traccia del cristianesimo, soprattutto nella sua versione cattolica.
Il paradosso è che proprio la crisi provocata dall'emergenza degli abusi sessuali dei preti sta spingendo la Chiesa a consegnarsi allo Stato. Lo si è percepito con chiarezza anche dalla preparazione e dalle conclusioni del recente summit in Vaticano. Di fronte alla difficoltà a contrastare questo fenomeno, sembra che in molti sperino oggi che siano i giudici civili a fare piazza pulita di chi abusa dei minori. Lo stesso papa Francesco ha ribadito l'impegno a «consegnare alla giustizia» chiunque sia responsabile di tali delitti.
Se si intende la giustizia civile, si tratta di un'affermazione gravida di conseguenze. Un conto è il diritto delle vittime a rivolgersi alla magistratura, oltre che ai tribunali ecclesiastici, un altro conto è che sia la Chiesa stessa ad aprire le porte ai giudici. Intanto perché il rischio del giustizialismo è più che reale: il caso della recente condanna del cardinale australiano George Pell ne è un clamoroso esempio [vedi articolo alla fine di questo, N.d.BB]. È stato ritenuto colpevole di abusi, malgrado per il caso contestato non ci siano testimoni né riscontri oggettivi e, anzi, le circostanze in cui l'abuso sarebbe avvenuto sono più che improbabili. Il forte sentimento anti-cattolico che si respira in Australia, le guerre interne alla Chiesa e l'effettivo coinvolgimento dei preti in molti casi di abusi, hanno fatto sì che il cardinale facesse da capro espiatorio. Senza considerare che questo porta dritto alla messa in discussione del sacramento della Confessione e del segreto a cui il prete è tenuto. Anche un intellettuale progressista come Massimo Faggioli ha recentemente definito «calamitoso» questo sviluppo, questa resa della Chiesa alla «giustizia secolare». Significa accettare che sia lo Stato a interferire nella vita della Chiesa fino al punto che, come già avviene nella politica, potranno essere i giudici a interferire nella scelta dei vescovi e del Papa.
LA CHIESA COME UN'ORGANIZZAZIONE CRIMINALE
Uno scenario da incubo è quello degli Stati Uniti dove già aleggia la possibilità che la magistratura ricorra alla legge antimafia per perseguire i preti responsabili di abusi. In questo modo i procuratori tratterebbero la Chiesa nel suo insieme come un'organizzazione criminale: la conseguenza sarebbe una Chiesa distrutta dai risarcimenti miliardari, con tutte le sue opere - educative, sanitarie, ecc. - azzerate.
C'è però un altro aspetto più grave dal punto di vista della fede: questa resa alla giustizia terrena è anche conseguenza dell'incapacità di parlare della giustizia divina, di giudicare la realtà nella prospettiva della vita eterna, che pure dovrebbe essere il "core business" della Chiesa. In qualche modo questa è anche una causa dei preti-molestatori: quando si perde la consapevolezza del giudizio di Dio, la mentalità del mondo entra anche in casa cattolica. Ad ogni modo la preoccupazione della Chiesa è sempre stata quella della conversione del peccatore, anche del criminale: niente a che vedere con il "perdonismo", sia chiaro. Nel passato il sacerdote accompagnava il condannato a morte per salvare la sua anima, non faceva le manifestazioni contro la pena di morte. Però il massimo della giustizia è la conversione. Per questo non era raro una volta che i criminali trovassero riparo nei conventi, dove avevano la possibilità di convertirsi ed espiare le proprie colpe vivendo una vita di preghiera e penitenza. Oggi invece si profila la possibilità che siano proprio i conventi a consegnare i religiosi alle patrie galere. Per qualcuno sarà la vendetta agognata, ma per tutti è un di meno di speranza.
Nota di BastaBugie: Leone Grotti nell'articolo seguente dal titolo "Il cardinale Pell condannato per abusi sessuali, ma il processo è pieno di falle" racconta quando l'allora arcivescovo di Melbourne avrebbe abusato di due ragazzini in sacristia. Una delle due presunte vittime, morto nel 2014, disse di non avere subito molestie. Oltre 20 testimoni l'hanno scagionato, eppure il tribunale...
Ecco l'articolo completo pubblicato su Tempi il 27 febbraio 2019:
Il cardinale George Pell è stato condannato in Australia per abusi sessuali su due minori. Il verdetto è stato emesso a dicembre 2018, ma mantenuto segreto fino ad ora a causa di un secondo processo a carico dell'ormai ex tesoriere vaticano. Ora che quest'ultimo processo è caduto, l'ordine da parte della Corte australiana ai media di mantenere la riservatezza è stato rimosso. L'entità della condanna si conoscerà il 13 marzo, nel frattempo Pell, che ricorrerà in appello, è stato portato in carcere. «Per garantire il corso della giustizia il Santo Padre ha confermato le le misure cautelari già disposte nei confronti del Cardinale. Ossia il divieto in via cautelativa dell'esercizio pubblico del ministero e, come di norma, il contatto in qualsiasi modo e forma con minori di età», ha dichiarato ieri il portavoce vaticano Alessandro Gisotti.
Il cardinale australiano è accusato di avere commesso abusi sessuali nel 1996, quando era arcivescovo di Melbourne, e negli anni Settanta, quando serviva come sacerdote a Ballarat. Le accuse riguardanti il periodo di Ballarat sono cadute perché inconsistenti, mentre quelle che riguardano il periodo di Melbourne hanno portato alla condanna in primo grado. Il caso è ampiamente controverso e non solo perché la difesa di Pell sostiene che le accuse siano «ridicole e destituite di qualsiasi fondamento».
I PRESUNTI ABUSI IN SACRISTIA
L'accusa ritiene che l'allora arcivescovo dopo la messa delle 10:30 nella cattedrale di Saint Patrick di Melbourne abbia abusato sessualmente di due ragazzini del coro di 13 anni in sacristia, costringendo uno dei due a un rapporto orale, dopo averli trovati a bere il vino destinato alle funzioni. Tutti e tre indossavano, a detta di una delle due presunte vittime, i paramenti liturgici. Una delle due presunte vittime, inoltre, sarebbe stata assalita in un corridoio anche il mese successivo. Pell era stato inizialmente accusato di avere stuprato oralmente anche il secondo ragazzino, ma l'accusa è stata ridimensionata in «assalto indecente» dopo che la prima vittima ha testimoniato di non avere visto quanto accaduto all'amico.
Le accuse sono state portate avanti solo da una delle due vittime dal momento che la seconda è morta di overdose nel 2014. Prima della sua morte l'uomo, che non ha mai denunciato nulla, interrogato esplicitamente dalla madre ha dichiarato due volte di non essere mai stato abusato sessualmente. Le accuse contro Pell, che allora aveva 55 anni e oggi 77, sono state sollevate per la prima volta nel 2017 dalla giornalista Louise Milligan in un suo libro sul cardinale.
OLTRE 20 TESTIMONI SCAGIONANO PELL
Secondo Milligan l'abuso sarebbe avvenuto nel 2017, mentre il pubblico ministero ha identificato un periodo che va dall'agosto al dicembre 1996. In quel periodo la cattedrale di Melbourne era sotto lavori di restauro e solo due volte Pell vi ha celebrato la messa delle 10:30, durante la quale cantava il coro. Un sacerdote, interrogato nel 2017, ha dichiarato alla polizia di essere sempre stato insieme al cardinale prima e dopo le messe in Cattedrale e che in nessuna occasione Pell avrebbe potuto trovarsi da solo insieme a ragazzini del coro in sacristia.
Durante il predibattimento del processo, secondo fonti della Catholic News Agency, l'allora direttore del coro, Peter Finigan, ha dichiarato che nel periodo incriminato, dopo la messa delle 10:30, si svolgevano le prove per il concerto di Natale e che mai è stata registrata l'assenza di un ragazzo. Se fosse successo, ha aggiunto, ce ne saremmo accorti. Un altro testimone, Rodney Dearing, ha dichiarato alla Corte che Pell si faceva sempre aiutare per svestirsi dei paramenti liturgici e che non avrebbe potuto esporre i suoi genitali da solo senza prima toglierseli. Altri testimoni hanno spiegato come la sacristia della cattedrale sia un luogo aperto ed esposto al pubblico e che il presunto abuso sarebbe avvenuto mentre centinaia di persone stavano uscendo dalla chiesa. Un altro testimone ancora ha dichiarato che durante una delle due messe celebrate da Pell, il cardinale si è accompagnato con degli ospiti prima e dopo la funzione. In totale, più di 20 testimoni hanno fornito versioni che scagionano Pell.
LE DUE GIURIE
Dopo il predibattimento del marzo 2018, riporta l'Associated Press, oltre la metà delle accuse rivolte a Pell sono cadute. Ad agosto il processo è cominciato ed è durato per quattro settimane. Il 20 settembre la giuria incaricata di giudicare Pell è stata esonerata, non essendo riuscita a trovare un accordo sul verdetto da emettere dopo oltre cinque giorni di camera di consiglio. Secondo la Cna, 10 giudici su 12 erano favorevoli a scagionare Pell.
Il 7 novembre una nuova giuria di 12 membri ha ripreso il processo e l'11 dicembre ha emesso unanimemente un verdetto di colpevolezza nei confronti del cardinale, che potrebbe essere condannato fino a 50 anni di carcere. Il padre della seconda vittima morta di overdose nel 2014 ha dichiarato che alla fine del processo farà causa a Pell per la morte del figlio.
«SEI UN MOSTRO. BRUCERAI ALL'INFERNO!»
Il caso ha ricevuto un'enorme eco in Australia e nel mondo, dove la Chiesa è sotto la lente di ingrandimento della stampa per i casi di abusi sessuali. Pell infatti è la più alta carica della gerarchia vaticana mai accusata di pedofilia. Il prefetto della segreteria per l'Economia della Santa Sede, scelto da papa Francesco per prendere in mano uno dei dossier più importanti del suo pontificato, si trova in Australia dal luglio 2017 per difendersi dalle accuse. L'11 dicembre, fuori dalla corte dello Stato di Victoria che l'aveva appena condannato, Pell è stato insultato da una folla a favore di telecamera: «Sei un mostro. Brucerai all'inferno!».
UN CLIMA DA CACCIA ALLE STREGHE
Gli avvocati del cardinale, Paul Galbally e Robert Ritcher, hanno fatto notare ai giornalisti che delle oltre 20 accuse contro Pell, solo cinque sono rimaste in piedi: una per penetrazione sessuale di un ragazzino sotto i 16 anni e quattro per atto indecente con o in presenza di minore. Il cardinale si è sempre dichiarato innocente, sostenendo che «una simile condotta vile e disgustosa va contro tutto ciò in cui credo e va contro gli espliciti insegnamenti della Chiesa, in rappresentanza dei quali ho dedicato tutta la mia vita». Ritcher ha dichiarato che «solo un pazzo» si sarebbe comportato in quel modo in pubblico e che in alcun modo l'allora arcivescovo avrebbe potuto liberare i suoi genitali senza levarsi prima i paramenti.
Di conseguenza l'avvocato ha chiesto alla Corte di «non trattare Pell come un capro espiatorio per tutti gli errori della Chiesa cattolica in Australia» sul tema degli abusi sessuali. Una Commissione di inchiesta ha infatti scoperto che oltre 4.400 persone hanno affermato di aver subito abusi da membri della Chiesa cattolica tra il 1980 e il 2015. Dalla Commissione sono scaturite proposte per la lotta alla pedofilia radicali, come l'abolizione per legge del segreto confessionale.
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