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Piergiorgio Odifreddi ama la battuta ad effetto e il paradosso. Repubblica (22/12) riferisce queste sue parole: "Quasi tutti siamo atei nei confronti di quasi tutte le fedi. Chi si definisce credente è ateo in tutte le religioni tranne la sua".
In effetti la frase ha una sua divertente logica. Potremmo aggiungere scherzosamente che - allo stesso modo - nessun matematico crede veramente ai numeri perché ritiene che due più due faccia solo quattro ed esclude tutti gli altri numeri.
Del resto Odifreddi non è originale perché i cristiani del I e del II secolo effettivamente furono proprio accusati di ateismo (subendo persecuzioni) in quanto non riconoscevano gli dèi pagani e la divinità dell'imperatore.
È questo loro atteggiamento - che peraltro andava di pari passo con il rispetto delle autorità civili e dello Stato - che, pian piano, portò alla progressiva de-sacralizzazione del potere imperiale.
Con buona pace dei laicisti come Odifreddi, la tanto celebrata "laicità" è stata introdotta nel mondo proprio da quel Gesù Cristo che insegnò a distinguere ciò che è dovuto a Dio da ciò che è dovuto a Cesare e che proclamò: "il mio Regno non è di questo mondo" (Gv 18,36).
Non solo. Israele ricevette anticamente la rivelazione dell'assoluta trascendenza di Dio. Dunque, in base al racconto biblico della creazione, tramandato nella Genesi, in cui Dio dà all'uomo il dominio del creato, il cristianesimo si diffonde sulla terra de-sacralizzando anche il cosmo, a cominciare dal sole, dalla luna e dagli astri e così apre la strada alla conoscenza razionale del mondo e quindi alla scienza.
Lo ha spiegato benissimo Joseph Ratzinger in un piccolo libro di molti anni fa: "Creazione e peccato" (Edizioni paoline). Dove scrive: "Agli uomini di allora doveva apparire un'enorme empietà dichiarare le grandi divinità del sole e della luna due lampade per misurare il tempo. È questo l'ardimento, il realismo della fede, che in polemica con i miti pagani fa brillare la luce della verità, mostrando che il mondo non è l'arena dei demoni, bensì proviene dalla ragione, dalla ragione di Dio, e poggia sulla parola di Dio. In tal modo il racconto della creazione si rivela come l''illuminismo' decisivo della storia, l'esodo dalle paure che avevano attanagliato l'uomo. Significa la consegna del mondo alla ragione, il riconoscimento della sua razionalità e libertà. Dimostra di essere il vero illuminismo anche per il fatto che àncora la ragione umana al fondamento originario della ragione creatrice di Dio, per mantenerla così nella verità e nell'amore, senza i quali l'illuminismo diventa sregolato e alla fine stolto".
Il cristianesimo è storicamente il vaccino contro ogni idolatria: del potere o del mondo.
A tal proposito, il '900 ha dimostrato che proprio i totalitarismi che fanno professione di ateismo sono i più idolatri. Strappano agli uomini l'unico Padre e impongono loro dei padroni come dèi.
Nel regime più ateo del pianeta, quello comunista nord-coreano, Kim Il-sung, dittatore dal 1948 alla morte, nel 1994, è stato proclamato nella Costituzione "presidente eterno".
Nel 1994 prese il potere il figlio Kim Jong-il che lo detenne fino alla morte, il 17 dicembre 2011. Oggi è al potere suo figlio Kim Jong-un e, in questi giorni, ricorrendo il decennale del decesso del padre, ha imposto 11 giorni di lutto nazionale durante i quali sarà proibito ridere. E pure piangere. Anche se muore un familiare non è consentito né piangere né tumularlo. Chi trasgredisce finisce male.
Nota di BastaBugie: Stefano Magni nell'articolo seguente dal titolo "Kim Jong-un, 10 anni di dittatura. Vietato festeggiare" parla di quello che accade in Corea del Nord sotto la dittatura comunista. E per il popolo nordcoreano c'è veramente poco da festeggiare.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 18-12-2021:
Dieci di anni di Kim Jong-un e in Corea del Nord è vietato ridere, o anche solo sorridere in pubblico. Il 17 dicembre, ieri, per chi legge, era l'anniversario della morte di Kim Jong-il, padre dell'attuale dittatore nordcoreano. È anche un periodo di "festa" teoricamente, visto che alla morte del padre è seguita la successione di Kim Jong-un, ma il tetro protocollo cerimoniale del regime comunista preferisce il lutto. Per 11 giorni filati, dieci anni dopo quel fatidico 2011, la lista dei divieti è lunghissima. Oltre che vietato sorridere o ridere in pubblico, saranno vietati i matrimoni, i funerali, i compleanni, non si potranno bere alcolici nei locali. La pena è l'arresto e si può arrivare fino alla pena di morte.
C'è obiettivamente qualcosa da festeggiare in questi dieci anni di dittatura? Kim Jong-un ha inaugurato il suo "regno" con un'ondata di epurazioni che hanno colpito anche suoi parenti prossimi. E per lanciare segnali di sfida all'estero, ha ripreso ben presto sia i test nucleari che gli esperimenti di missili balistici intercontinentali, entrambi sotto sanzioni Onu. Nonostante tutto, ha anche cercato di mostrarsi come un leader moderno e più rispettoso dei diritti umani rispetto ai suoi predecessori. In dieci anni si sono registrate "solo" 27 esecuzioni in pubblico. L'elenco dei reati per cui quelle persone sono state fucilate include anche la visione e la distribuzione clandestina di video sudcoreani, come è avvenuto in almeno sette casi. Il carattere bagatellare di questi reati capitali induce a sospettare che le esecuzioni capitali siano state molte di più, anche se celate agli occhi del pubblico.
Quel che la Corea del Nord continua a negare è l'esistenza dei campi di concentramento, mai chiusi sin dai tempi di Stalin. L'arcipelago Gulag nordcoreano è stato documentato sia da foto satellitari che da testimonianze in presa diretta, sia di ex guardie che di ex prigionieri, raccolte dall'Ufficio dell'Onu per i Diritti Umani. I racconti riguardano anche il periodo che va dal 2012 al 2019, dunque l'era di Kim Jong-un. Lo scenario è simile a quello raccontato da Solzhenitsin sulla sua esperienza nel Gulag staliniano. I prigionieri sono costretti a lavorare in condizioni disumane, in alcuni racconti sono direttamente impiegati al posto delle bestie da soma per trainare carri e aratri. La mortalità è elevatissima, anche perché le punizioni fisiche sono frequenti e provocano lesioni gravi, mutilazioni e spesso anche la morte dei prigionieri.
Kim Jong-un, che ha studiato all'estero (in Svizzera) ha promosso di sé l'immagine di un leader moderno intento a riformare economicamente il Paese. Ma dieci anni dopo, la situazione è precipitata e lo stesso dittatore ha dovuto ammettere, la primavera scorsa, che il Paese sta attraversando un nuovo "arduo marzo", il termine con cui è popolarmente conosciuta la grande carestia degli anni 90. La nuova crisi è stata innescata soprattutto dalla chiusura di tutte le frontiere, compresa quella con la Cina, per evitare l'arrivo del Covid-19. Dopo aver fermato tutte le importazioni, la popolazione fa la fame. Testimonianze raccolte da Open Doors, riferiscono di catasti del cibo e fabbriche alimentari circondate da filo spinato e presidiate da guardie armate, per impedire furti di cibo. La gente se la cava come può, anche mangiando erbe selvatiche. Se è vero che la situazione è precipitata a causa della chiusura delle frontiere, oltre che di una serie di tempeste e altri fattori naturali, l'agricoltura nordcoreana dà ancora una pessima prova di sé, dimostrando di essere ancora in balìa degli eventi naturali. Non è cambiato, poi, il criterio di distribuzione del cibo: prima i militari, poi il resto della popolazione. E nonostante ciò, il militare che nel 2017 riuscì a defezionare in Corea del Sud, ferito dai suoi ex commilitoni durante la fuga, venne trovato dai medici sudcoreani così malnutrito e infestato da parassiti da diventare un caso studio.
Sempre secondo Open Doors, la Corea del Nord è, per il ventesimo anno di fila, il Paese al mondo in cui i cristiani patiscono la persecuzione più estrema. «Essere individuati come cristiani è una sentenza di morte in Corea del Nord. Se non si viene uccisi all'istante, si viene deportati in un campo di lavoro per crimini politici. Queste prigioni disumane impongono condizioni orribili e si pensa che pochi fedeli ne escano vivi», recita l'inizio del rapporto sulla persecuzione dei cristiani nel 2021. Ufficialmente la religione è libera e, oltre a numerosi templi buddisti, a Pyongyang si possono trovare anche cinque chiese cristiane, tre protestanti, una ortodossa e una cattolica (la cattedrale di Changchung). Eppure i cristiani nordcoreani, stimati in circa 400mila, devono vivere nell'ombra, non possono praticare il culto né in pubblico, né in privato. Dai 50mila ai 70mila cristiani sono attualmente internati nei campi di concentramento. La Corea del Nord, sin dai tempi di Stalin, che insediò al potere Kim Il Sung (nonno di Kim Jong-un) nel 1948, è uno Stato ufficialmente ateo. O meglio: neopagano, perché i suoi leader, ormai una dinastia intera, sono venerati come se fossero dei. E per questo è vietato anche solo sorridere nei giorni in cui cade l'anniversario della morte dell'ultimo di questi dei.
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