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Il voto del 24 gennaio con cui la Camera (a grandissima maggioranza) ha "congelato" la legge 194 sull'aborto di Stato da ogni tentativo parlamentare, non solo di abolirla, ma anche di legiferare su quanto da essa disposto, ha rappresentato per la maggioranza uscita dalle recenti elezioni politiche uno schianto culturale e politico difficilissimo da recuperare. Si può parlare di fallimento.
Dopo questo voto, il centro-destra ha un volto deturpato, o non ha più un volto. Il tema della difesa della vita non è un argomento settoriale della politica, esso è un "principio" e, come tutti i principi, non è negoziabile. Negoziare sui principi o, peggio, negare i principi vuol dire perdere i punti di riferimento fondanti, senza dei quali tutto cade perché diventa in-fondato. E se niente è fondato, tutto diventa manovrabile, cambiabile, sovvertibile, adattabile a seconda delle circostanze e degli interessi. Una maggioranza che non sa difendere nemmeno il fondamento della vita, perde di dignità politica anche in tutti gli altri campi e nei suoi confronti non fidarsi diventa d'obbligo.
In questo frangente il centro-destra ha confermato di non avere una cultura politica. Infatti si è totalmente appiattito sul "fiore all'occhiello" della cultura del post-illuminismo borghese, dell'individualismo narcisistico, dell'emotivismo etico, della cultura postmoderna dei nuovi diritti: l'aborto. Se Meloni e Roccella la pensano come la Schlein su questo punto, che è un punto di luce per tutto il resto, come potranno pensarla diversamente sul resto? Con questo voto in aula, la coalizione che ha vinto le elezioni ha perso sul fronte della cultura politica.
LA SINISTRA HA VINTO LA BATTAGLIA CULTURALE
La sinistra, che ha perso le elezioni, governa ancora il Paese con le sue idee. La maggioranza di governo ha perso con le proprie mani. La grande questione è: se ne è accorta? Oppure l'assimilazione della cultura neo-borghese ha ormai preso il posto di una cultura di destra assente? Vincere per poi fare quello che dicono gli avversari, pensando per di più di averlo deciso in conformità alla propria cultura, è la peggiore delle sconfitte. Perdere pensando di vincere non ammette riscosse.
La cultura del centro-destra non c'è, a ben pensarci però non c'era nemmeno alle elezioni. La Serracchiani, il giorno successivo all'esito elettorale, disse che nel Paese la sinistra era maggioranza. L'avevano derisa ma aveva ragione. La Meloni ha vinto perché PD e Terzo Polo non avevano trovato l'accordo. La Meloni non è stata eletta per la cultura alternativa di centrodestra che essa esprimeva, perché questa cultura non c'era. È stata eletta per mille motivi (giustissimi) di stanchezza, dopo la recita collettiva a copione prestabilito durata tanti anni.
Se almeno la maggioranza leggesse più spesso quanto scrive Marcello Veneziani potrebbe trovare qualche strada, ma dubito che lo faccia. E i cattolici che ora siedono in Parlamento sugli scranni del centro-destra alzano la mano per approvare questa rinuncia pubblica alla verità del fondamento della vita, come nelle precedenti legislature di sinistra l'avevano alzata per la legge Cirinnà e iniziative legislative analoghe.
PUO' UN CATTOLICO VOTARE CENTRODESTRA?
Nel suo famoso libro del 1981 Dopo la virtù, Alasdair MacIntyre aveva sostenuto che se si rifiuta la possibilità di attingere a fondamenti etici impersonali e oggettivi e ci si rifugia nell'emotivismo secondo il quale la coscienza di ognuno è inconfutabile, si finisce per cancellare qualsiasi distinzione tra azioni sociali manipolative e non manipolative. L'aborto è una azione sociale manipolativa, in quanto l'altro non viene trattato come un fine ma come un mezzo.
Con il voto sulla 194 la Camera della Repubblica ha fatto questa scelta, che è poi la scelta di gran parte del pensiero politico vincente nella modernità, secondo il quale "i valori sono creati dalle decisioni umane", come dicevano in tanti, da Weber ad Aron, da Nietzsche a Sartre, da Moore ad Hare. Ma è proprio da questa visione che una cultura di destra che voglia dirsi alternativa dovrebbe schiodarsi, ritornando invece ad una cultura dei fondamenti, ad una concezione che pone alla base della politica l'adesione ad un ordine impersonale. Proprio quanto con il recente voto sulla 194 non ha fatto.
Nessun aiuto potrà venire in questo senso da Forza Italia, che possiede una (debolissima) cultura neoliberale. Non tutti i liberali sono uguali. Ci sono anche quelli che vogliono una "nuova costituente" o che, ricorrendo magari ad un Locke male interpretato, affermano di aver bisogno di Dio per fondare i diritti. Forza Italia non riesce nemmeno ad immaginare simili avventure intellettuali.
Qualcuno poteva sperare qualcosa dalla Lega, che nei tratti originari aveva qualche elemento legato all'ordine naturale. Il punto di forza della coalizione poteva essere Fratelli d'Italia. Non certo per il discorso del fascismo che, anzi, fu storicamente un macro-fenomeno di secolarizzazione dell'Italia e di modernizzazione forzata, ma per il riferimento alla famiglia e alla nazione. Nel frattempo, la cultura politica alternativa alla sinistra modernista ancora attende.
Nota di BastaBugie: Tommaso Scandroglio nell'articolo seguente dal titolo "A destra abortisti come a sinistra: la 194 è intoccabile" racconta come con 257 sì e tre astenuti, la Camera ha approvato un ordine del giorno che impegna il Governo a non intaccare, nemmeno indirettamente, la legge sull'aborto.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 26 gennaio 2023:
Atena dagli occhi azzurri, Odisseo ricco d'astuzie, il piè veloce Achille. Tutti attributi che vengono chiamati epiteti e che identificano un personaggio in modo peculiare, così peculiare che questi epiteti seguono sempre l'eroe in ogni circostanza, tanto da diventare la sua seconda pelle (Achille rimase il piè veloce Achille anche quando si trovava seduto).
Qual è l'epiteto che più si confà alla legge 194 sull'aborto? Intoccabile. Un epiteto coniato prima nelle piazze, poi sui media e nei corridoi della politica e, infine, ora anche in Parlamento. Infatti il 24 gennaio scorso il M5S, in occasione della proposta di legge per l'istituzione della Commissione bicamerale sul femminicidio, ha proposto il seguente ordine del giorno, dopo una riformulazione del testo, assai più radicale nella sua forma originale, chiesta dal sottosegretario alla Giustizia Andrea Ostellari: "La Camera impegna il Governo ad astenersi dall'intraprendere iniziative di carattere anche normativo volte ad eliminare o limitare il sistema di tutele garantito dalla legge n. 194 del 1978". L'odg è stato votato quasi all'unanimità dalla Camera (solo tre astenuti).
Un odg che impegna il Governo non solo a non toccare gli articoli della 194, ma anche ad evitare, seppur alla lontana, possibili intralci alla sua applicazione. Ad esempio la compagine meloniana non potrà più proporre disegni di legge per il riconoscimento della soggettività giuridica del concepito o per l'aiuto economico alle donne con gravidanze indesiderate (verrebbe letto come deterrente all'aborto); non potrà più appoggiare iniziative provenienti dal mondo pro-life, né tutelare l'obiezione di coscienza. E l'elenco potrebbe continuare a lungo.
Interessante leggere alcuni stralci dei paragrafi introduttivi dell'odg (cfr. pp. 32-33) per capire come tutti i parlamentari di ogni schieramento siano riusciti nell'impossibile, ossia siano riusciti a saldare una proposta di legge per istituire una commissione contro il femminicidio con l'aborto: "In tale contesto culturale riferito alla tutela della dignità delle donne il nostro ordinamento si è dotato, tra le altre, della legge 22 maggio 1978 n. 194". Nel giorno in cui viene approvata una Commissione sui femminicidi, il Governo si impegna a non modificare una legge che avrà soppresso almeno 3 milioni di bambine nel ventre materno e avrà ucciso nell'anima circa il doppio di donne, perché avrà ucciso la loro parte materna, quella più essenziale in ogni donna. Come la 194 possa tutelare la dignità delle donne rimane un ossimoro.
L'odg prosegue dichiarando che la 194 "ha riconosciuto, da una parte, il diritto alla vita dell'embrione e del feto, e dall'altra, la tutela del diritto della donna alla salute fisica o psichica". La tutela della "vita umana sin dal suo inizio", enunciata all'art. 1, è rimasta sulla carta, è solo uno specchietto per le allodole. È come se avessimo una legge che all'art. 1 dichiarasse che lo Stato tutela i minori e nei seguenti articoli ti dicesse come sterminare questi minori quando la salute psicofisica delle loro madri è in pericolo.
Poi il testo ricorda un'affermazione del ministro della Famiglia, Eugenia Roccella, che pare eccessivamente timida per gli abortisti: «Abortire "fa parte purtroppo delle libertà delle donne"». Volendo ricorrere ad un gioco di parole, quel "purtroppo" è di troppo. E così i firmatari dell'odg partono alla carica: "Le violazioni dei diritti sessuali e riproduttivi delle donne, come la negazione o il ritardo dell'aborto sicuro e delle cure post-aborto, la continuazione forzata della gravidanza, l'abuso e il maltrattamento di donne e ragazze che cercano informazioni, beni e servizi sulla salute sessuale e riproduttiva – sono forme di violenza di genere che, a seconda delle circostanze, possono costituire trattamenti degradanti". Avete compreso bene: ritardare un aborto o addirittura vietarlo è una "violenza di genere" che può sfociare in "trattamenti degradanti". Ma l'aborto non è violenza verso il nascituro, non è per lui ben più che un trattamento degradante? E inoltre ogni aborto rappresenta per la donna un atto di violenza e di trattamento degradante verso se stessa, come molti studi sulla sindrome post-abortiva stanno a testimoniare.
Poi non poteva mancare una stoccata alla sentenza della Corte Suprema pronunciata l'anno scorso che ha mandato in soffitta la sentenza Roe vs Wade: "di recente si sono registrate a livello globale iniziative regressive sul piano della tutela dei diritti relativi alla salute sessuale e riproduttiva, nonché dell'autonomia delle donne, con il rischio di esercitare un'influenza significativa sulle legislazioni e sulle politiche nazionali di altri Stati stranieri". Sia mai che a qualche politico italiano venga in mente di imitare i giudici degli USA.
Torniamo all'approvazione dell'odg. Dal 24 gennaio la 194 può fregiarsi del titolo giuridico di intoccabile. E da quel giorno tutti i 257 "onorevoli" si sono disonorati e si sono visti assegnare dalla Storia anch'essi un epiteto: abortisti. Sì, chi dice che non vuole toccare la 194 è un abortista perché il senso delle parole e la logica più elementare lo impongono. Come chi approvò e difese le leggi razziali fasciste fu un razzista, chi difende la 194 non può che essere un abortista. E, per amor della decenza, smettiamola di ripetere che si vogliono applicare le parti buone della 194, quelle che offrirebbero soluzioni alternative all'aborto. Smettiamola sia perché la 194 è costruita in modo tale che quelle sezioni rimangano lettera morta, sia perché dire che si vuole contrastare l'aborto applicando meglio una legge abortista è una vera e propria contraddizione in termini. È come dirsi contrari alla pena di morte e volere applicare meglio la legge sulla pena di morte. Per abolire la pena di morte la prima cosa da dire è dichiararsi contrari alla legge sulla pena di morte.
La premier Meloni ha ribadito più volte che non vuole toccare la 194. La sua posizione è stata ribadita qualche giorno fa dal ministro Roccella e dal portavoce di FdI, Lucio Malan. Ma l'approvazione di quell'odg avvenuto alla Camera segna un qualcosa di amaramente nuovo. Per la prima volta c'è una consacrazione parlamentare della 194, quasi un rinnovo delle promesse omicidiarie contenute in quella legge, e per la prima volta sinistra, destra e centro votano compatti sull'aborto. Quasi con afflato religioso hanno prestato giuramento solenne sulla 194, hanno sigillato la loro fedeltà a questo nuovo credo anti-umano. La partita politica sull'aborto è quindi chiusa, almeno per un decennio.
Su leggi sicuramente assai più marginali, ci si scanna come belve e si scavano fossati. Sulla morte dei bambini si diventa belve tutti insieme nel decidere di buttare in unico fossato tutti i nascituri. Alla luce della ragione vi sono temi più importanti di altri: vita, famiglia e libertà, valgono più che ambiente e Mes. Ecco, sui primi, dove l'identità di un partito e di una coalizione dovrebbe marcare maggiormente le distanze rispetto ad altre coalizioni e partiti, ci si trova invece in piena sintonia. Questo perché ormai la mentalità (rivoluzionaria) è la medesima.
Certo, il M5S ha lanciato l'esca avvelenata, ha costruito una trappola per farci cadere dentro il Governo: questi ha ripetuto sui media che la 194 non si tocca e allora che venga a dirlo anche in Parlamento. A quel punto Meloni & Co. non potevano di certo tirarsi indietro. Il frutto avvelenato era già stato mangiato da tempo. E dunque ieri alla Camera abbiamo assistito solo ad una conclusione scontata, perché inevitabile, di un tradimento già consumato molto tempo prima sulla pelle dei bambini.
La sinistra esulta perché tiene in ostaggio il Governo tanto che si arriva al paradosso. La deputata M5s Stefania Ascari, che ha proposto l'odg, dichiara: "Anche la maggioranza e l'Esecutivo si sono resi conto che è un impegno doveroso verso tutte le donne e hanno cambiato parere". Dai banchi di FdI arriva la smentita: mai abbiamo cambiato parere, abbiamo detto fin dall'inizio che la 194 non verrà modificata. Insomma c'è una gara tra sinistra e destra su chi è più abortista.
Nell'ottobre scorso avevamo dedicato un articolo sull'approccio differente della sinistra e della destra in merito ai principi non negoziabili. In quell'articolo spiegavamo che la sinistra per sua natura vuole continuamente demolire questi principi, non arrestarsi nel processo di distruzione dell'ordine morale. La destra non intende continuare a distruggere, ma semmai tende a conservare le macerie e certamente non vuole ricostruire, sia perché teme di perdere consensi sia perché, soprattutto, i politici di destra sono impregnati anche loro di una mentalità secolarizzata e liberista. Sono inconsapevolmente progressisti, però con il freno a mano tirato. Ciò detto, si aggiungeva allora, il DNA del centrodestra orienta questa coalizione a guardare potenzialmente con favore i temi etici. Una potenzialità pro vita e famiglia che se debitamente stimolata potrebbe portarla a varare qualche legge buona, ad esempio, su natalità, famiglia ed educazione, ma non certo ad abrogare leggi come quella sull'aborto e sulle unioni civili.
Dopo l'approvazione del succitato odg, questo giudizio rimane di fondo immutato, ma con una correzione saliente. La conservazione delle macerie prodotte da spinte progressiste non avviene più con atteggiamento meramente passivo, ossia omissivo. Non tocchiamo la 194 direttamente, ma le faremo guerra in modo indiretto, ad esempio promuovendo il riconoscimento della soggettività giuridica del concepito. L'approvazione di quell'odg da parte di politici di destra ora significa che la conservazione delle macerie viene elevata a difesa della 194, ossia abbiamo avuto una dichiarazione esplicita, perché formale, volta alla condivisione radicale della ratio mortifera della 194, una positiva approvazione delle sue finalità e quindi un appoggio senza riserve all'aborto in tutte le sue forme. Ciò significa che la coalizione di centrodestra marcia nella stessa identica direzione della coalizione di centrosinistra, semmai a velocità ridotta. In breve: alla fine destra e sinistra sull'aborto la pensano uguale.
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