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«La richiesta da Lei avanzata non può essere esaudita ». È arrivata a stretto giro di posta, la risposta ufficiale della Regione Lombardia alla diffida dei legali di Beppino Englaro. Dieci giorni fa, l’avvocato Vittorio Angiolini aveva inviato al Pirellone una lettera in cui chiedeva di indicare la struttura sanitaria regionale dove eseguire la sentenza della Corte d’Appello di Milano: sospendere l’idratazione e l’alimentazione ad Eluana. Contro la sentenza, è bene ricordarlo, la Procura generale milanese ha presentato ricorso in Cassazione, sollecitando la stessa Corte d’appello a sospendere l’esecuzione del decreto.
Ieri, il direttore generale della Sanità della Regione Lombardia, Carlo Lucchina, ha dunque risposto a Beppino Englaro, dicendo, in buona sostanza, che «il personale sanitario non può sospendere l’idratazione e l’alimentazione artificiale del paziente, perchè verrebbe meno ai suoi obblighi professionali e di servizio». Di più. Lucchina ha ricordato al padre e tutore di Eluana, da sedici anni in stato vegetativo, che la richiesta non può essere accolta «in quanto le strutture sanitarie sono deputate alla presa in carico diagnosticoassistenziale dei pazienti». «In tali strutture, hospice compresi – si legge nella lettera di Lucchina – deve inoltre essere garantita l’assistenza di base che si sostanzia nella nutrizione, idratazione e accudimento delle persone».
Nella lettera viene inoltre sottolineato come negli hospice (143 in tutta Italia, 48 soltanto in Lombardia), possano essere accolti solo malati in fase terminale. Ed Eluana non è in queste condizioni.
Infine, Lucchina ha ribadito che «il personale sanitario che procedesse, in una delle strutture del Servizio sanitario, alla sospensione dell’idratazione e alimentazione artificiale, verrebbe dunque meno ai propri obblighi professionali e di servizio». E questo «anche in considerazione del fatto che il provvedimento giurisdizionale, di cui si chiede l’esecuzione, non contiene un obbligo formale di adempiere a carico di soggetti o enti individuati». Le «sei ragioni» su cui si fonda la lettera di Lucchina, sono state quindi esposte dallo stesso assessore regionale alla Sanità, Luciano Bresciani. Sottolineando il senso di «massima pietas per i familiari», l’assessore ha ribadito che «la nostra è una decisione tecnica, condivisa in un secondo momento anche dalla politica, supportata da considerazioni che non ci lasciavano alternativa». «Come facciamo a dire a un medico di sospendere l’alimentazione?», si è chiesto Bresciani. Interrogativo rilanciato dal presidente dell’Ordine dei medici di Milano, Roberto Anzalone: «Capiamo la famiglia Englaro, ma un medico non può sopprimere nessuno. Per noi è inaccettabile la richiesta di lasciar morire Eluana».
Contrario alla sospensione dell’alimentazione di Eluana si è dichiarato anche il presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute, cardinale Javier Lozano Barragan: «Togliere l’alimentazione e l’idratazione a una persona è farla morire in modo crudelissimo. E questo si chiama assassinio».
Anche per il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, non è possibile «immaginare di sospendere l’alimentazione, l’idratazione e l’assistenza a Eluana come a qualsiasi altro essere umano». Il governatore ha quindi aggiunto: «Ritengo che il Parlamento possa affrontare questi temi nel rispetto della dignità della persona, della sua effettiva e certa volontà e del rapporto di cura che lega il malato al proprio medico».
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