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« Torna agli articoli di Antonio Gaspari
Quando leggerete questo articolo il vertice della FAO sull'emergenza alimentare sarà appena iniziato a Roma. Dal 3 al 5 giugno capi di Stato, primi Ministri, Presidenti e delegati dei diversi Pesi del mondo discuteranno tra le altre cose di: lotta alla povertà, prezzi delle materie prime agricole, cambiamenti climatici e biocarburanti. Nelle settimane che hanno preceduto questo importante incontro mondiale, i mass media di tutto il mondo si sono scatenati per dettare la propria politica. In termini di immagine è sembrata predominare la linea catastrofista che accusa l'utilizzo dei biocarburanti per l'ascesa dei prezzi dei prodotti agricoli, e che propone la fallimentare e inumana litania neomalthusiana, del "riduciamo le nascite e tagliamo i consumi". Così sembra di essere tornati agli anni Settanta quando la radicale Emma Bonino, scrive su l'"Unità" che «la vera sfida è contenere l'esplosione demografica», e che è colpa del Vaticano e dell'Amministrazione Bush di aver impedito la «diffusione di aborto e contraccezione». Con parole simili il sito della "BBC" dedicato al problema, sostiene che la crisi alimentare dipende dall'aumento della popolazione. Alla crisi alimentare si aggiunge lo scenario catastrofico dei cambiamenti climatici, per convincere popoli e Governi ad accettare misure di riduzione e selezione della nascite, nonché misure di tassazione sull'utilizzo di carburanti ed energia, e tagli sui consumi e sui piani di sviluppo. Ma è questa la realtà? E le soluzioni devono essere per forza quelle di eliminare il mantenimento e lo sviluppo delle attività umane? Di certo c'è la crescita dei prezzi prodotti agricoli. Dal marzo 2007 al marzo 2008 il riso è salito del 74%, il grano del 130%, la soia dell'87%. Un aumento generato dalla spinta speculativa dell'aumento del prezzo del barile di petrolio e dalla svalutazione del Dollaro rispetto all'Euro. Si tratta di una speculazione finanziaria, che non risponde esattamente all'andamento della produzione agricola. Infatti ad eccezione dell'Europa che continua a contingentare la produzione e impedire l'utilizzo dei più produttivi semi OGM, il resto del mondo, soprattutto quello in via di sviluppo, ha incrementato enormemente la produzione e la produttività per ettaro. Nell'ultimo mezzo secolo la produzione mondiale di cereali è triplicata, da 631 milioni di tonnellate nel 1950 a 2.029 milioni di tonnellate nel 2004. Nel 1969 sul pianeta vivevano 3 miliardi e 700 milioni di abitanti, con il 25% della popolazione che soffriva la fame. Oggi che di abitanti ne contiamo quasi 6 miliardi e 800mila, la quota di popolazione con problemi di nutrizione è del 13%. India e Cina da affamati che erano sono oggi grandi produttori di cibo. Ma di fronte a tanta crescita, una parte dei grandi produttori, soprattutto l'Unione Europea, ha pensato bene di speculare, riducendo e contingentando le produzioni, al fine di tenere alti i prezzi. Così in Europa i consumatori pagano diverse volte lo stesso prodotto, prima con il contributo ai produttori, poi al mercato, ed infine con i contributi per la distruzione delle eccedenze. In questo modo in Italia, per la prima volta negli ultimi 40 anni la produttività del mais è scesa invece di salire. E si continuano a proporre le colture meno efficienti le cosiddette "biologiche". Il problema è quindi la speculazione sui prezzi innescata dalla riduzione percentuale della produzione e delle scorte. I biocarburanti da soli non possono essere il fattore scatenante, perché con il barile del petrolio che continua a crescere si possono fare con piantagioni no-food. La soluzione quindi non è quella di eliminare i poveri con aborti e contraccezione, bensì è quella di aumentare e incrementare le produzioni, utilizzando le sementi OGM e permettendo ai Paesi in Via di Sviluppo di vendere i propri prodotti sui mercati più ricchi. Solo facendo leva sui piani di sviluppo che aumentano e migliorano le produzioni si abbasseranno i prezzi e si potrà sconfiggere la fame.
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