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« Torna agli articoli di Giovanni Romano
Il Vescovo John M. D’Arcy, la cui diocesi ricomprende la Notre Dame University, non è disposto a lasciar cadere i punti controversi sollevati dalla premiazione del Presidente Obama. Al contrario, il Vescovo di Fort Wayne - South Bend ha stilato un pungente articolo per il prossimo numero della rivista America, in cui rivolge un appello alla rinomata università affinché valuti le conseguenze di non aver rispettato l’autorità dei vescovi.
In un articolo che sarà l’editoriale della rivista America, pubblicata dai gesuiti, il Vescovo D’Arcy scrive che “man mano che l’estate s’inoltra sul magnifico campus vicino al lago dove il giovane sacerdote della Santa Croce, Edward Sorin, C.S.C., piantò la tenda 177 anni fa e iniziò la sua grande avventura, dobbiamo chiarificare la situazione che ha tanto amareggiato la Chiesa nella primavera scorsa: fare chiarezza su quel che era in gioco e quel che non era in gioco”.
Secondo il Vescovo, che aveva richiesto al presidente di Notre Dame, Fr. John Jenkins, di non premiare Obama: “Non è in questione il presidente Obama... Non è una questione di democratici contro repubblicani... non è una questione se sia appropriato o meno per il Presidente degli Stati Uniti parlare alla Notre Dame o a qualunque grande Università Cattolica sulle questioni più urgenti del giorno”.
La risposta dei fedeli, scrive il Vescovo d’Arcy, “non ha nulla a che vedere con ciò che questa rivista (America) ha definito “settarismo cattolico”. Piuttosto, la risposta dei fedeli deriva direttamente dal Vangelo”.
La vera questione posta dalla situazione è se una Università Cattolica abbia o meno la responsabilità di dare pubblica testimonianza alla fede, afferma D’Arcy. “In caso contrario, qual è il significato di una vita di fede? E come può un’istituzione cattolica aspettarsi che i suoi studenti vivano secondo la fede nelle difficili decisioni che dovranno affrontare in una cultura spesso ostile al Vangelo?”, si chiede.
“Nella sua decisione di conferire la sua massima onorificenza a un presidente che si è ripetutamente opposto anche alla più piccola protezione legale per il bambino nel grembo, Notre Dame ha forse lasciato cadere la responsabilità che Papa Benedetto ritiene che abbiano le università cattoliche: dare pubblica testimonianza alle verità rivelate da Dio e insegnate dalla Chiesa?”, si chiede anche il Vescovo.
Monsignor D’Arcy poi richiama severamente la Notre Dame University per aver sponsorizzato durante molti anni il lavoro teatrale “I monologhi della vagina”.
“Sebbene abbia parlato con molta eloquenza sull’importanza del dialogo con il presidente degli Stati Uniti, il presidente di Notre Dame ha scelto di non dialogare col suo vescovo su queste due questioni, entrambi pastorali ed entrambi con serie ripercussioni sulla cura d’anime, che è la responsabilità principale del vescovo”, ha detto.
“Entrambe queste decisioni”, rivela il Vescovo D’Arcy, “sono state portate a mia conoscenza dopo essere state prese, e, nel caso della laurea honoris causa, dopo che il Presidente Obama aveva accettato”.
Mettendo in chiaro di non aver mai interferito nella gestione interna di Notre Dame o di nessun’altra istituzione d’istruzione superiore della diocesi, D’Arcy spiega che “il vescovo diocesano deve chiedersi se un’istituzione cattolica comprometta o meno il suo obbligo di dare pubblica testimonianza quando colloca il prestigio al di sopra della verità”.
“Il mancato dialogo con il vescovo porta alla luce una seconda serie di questioni”, prosegue.
“Di che tipo è la relazione di un’Università Cattolica con il vescovo locale? Nessun rapporto? O il vescovo è qualcuno che di tanto in tanto viene a celebrare la Messa nel campus? O è un tizio che siede sul palco durante la cerimonia del conferimento delle lauree?”.
“Oppure il vescovo è il maestro della diocesi, responsabile delle anime, incluse quelle degli studenti - in questo caso gli studenti di Notre Dame? La responsabilità del vescovo d’insegnare, di governare e di santificare finisce forse alle porte dell’università?”.
“Io pongo queste domande all’Università nello spirito della Ex corde Ecclesiae”, ha dichiarato.
Il Vescovo D’Arci mette poi in rilievo la forte vita spirituale di molti membri della facoltà e di molti studenti dell’università, e riconosce che “il dipartimento di teologia è cresciuto in eccellenza accademica nel corso degli anni, rinforzato da un reclutamento avveduto di docenti di prim’ordine nel loro campo, nella conoscenza della tradizione e nel loro modo di vivere la fede cattolica”.
“Tuttavia”, aggiunge, “restano in piedi le questioni relative al rapporto dell’Università nel suo complesso con la chiesa, e quel che è accaduto sul campus prima e durante la premiazione di Obama è significativo per l’attuale dibattito sull’istruzione superiore cattolica”.
Mettendo in rilievo che un gran numero di studenti e di membri della facoltà erano contrari al discorso inaugurale di Obama e al conferimento della laurea, il vescovo dice che alla rivista America “e ad altri nei media, sia cattolici che secolari, che hanno commentato le notizie da lontano, non hanno fatto una distinzione tra gli estremisti da una parte, e dall’altra gli studenti e coloro che si sono uniti a loro nelle ultime 48 ore prima della cerimonia. Il secondo gruppo (NO Response) ha agito con la preghiera e mostrando in modo civile il proprio disaccordo, hanno cooperato con le autorità universitarie”.
“In questo tempo di crisi per l’Università”, egli nota, “questi studenti e professori, con l’istinto della fede, si sono rivolti al vescovo per avere guida, incoraggiamento e preghiera”.
Sebbene all’inizio avesse inteso assentarsi dalla cerimonia della laurea, il Vescovo D’Arcy scrive che “Man mano che si avvicinava la laurea, sapevo che avrei dovuto essere con gli studenti. Era una questione di semplice giustizia che il vescovo fosse con loro, perché erano dalla parte della verità, e la loro dimostrazione era pacifica, radicata nella preghiera e ricca di significato”.
Il Vescovo D’Arcy prende di mira anche il consiglio d’amministrazione dell’Università “per non aver detto nulla” quando si è riunito ad aprile per il loro incontro di apertura programmato da tempo.
“Quando l’incontro si è concluso, non hanno emesso nessun comunicato e non hanno preso alcuna posizione. In un’epoca in cui la trasparenza viene invocata come modo di vivere nella vita e nei campus, hanno scelto di non prendere parte al dibattito che si svolgeva tutt’intorno a loro e che stava scuotendo l’università dalle radici”, ha scritto.
Quel che il consiglio d’amministrazione deve fare è “prendersi nuovamente la responsabilità, con appropriati studi e preghiera... con maggiore serietà e in uno spirito realmente cattolico”, esorta il Vescovo.
D’Arcy conclude il suo articolo ponendo alcune domande cruciali a Notre Dame “e ad altre università cattoliche”.
Il Vescovo chiede:
“Considerate vostra responsabilità, nelle vostre dichiarazioni pubbliche, nella vostra vita universitaria e nelle vostre azioni, incluso il conferimento pubblico di onorificenze, dare testimonianza alla fede cattolica in tutta la sua pienezza?”.
“Qual è il vostro rapporto con la Chiesa e, in particolare, con il vescovo locale e la sua autorità pastorale, come definito dal Concilio Vaticano II?”.
“Infine, una domanda più fondamentale: Dove si rivolgeranno le grandi università cattoliche per cercare una luce che li guidi negli anni a venire? Sarà il Land O’Lakes Statement o la Ex Corde Ecclesiae?”.
Il Land O’Lakes Statement fu firmato nel luglio 1967 da un gruppo di educatori cattolici, guidato dall’allora presidente della Notre Dame Fr. Theodore Hesburg. Il famoso storico cattolico Philip Gleason definì questo manifesto “una dichiarazione d’indipendenza dalla gerarchia”, aggiungendo che esso separava l’università cattolica dalla vita della fede e metteva in moto il declino dell’identità cattolica di parecchie grandi istituzioni d’istruzione superiore.
Il vescovo D’Arcy descrive il Land O’Lakes Statement come un documento “che proviene da un’epoca di frenesia, che ebbe il denaro come sua forza propulsiva. Il suo modo d’intendere la libertà era arroccato sulla difensiva, assolutista e ristretto. Non menziona mai Cristo e non nomina mai la verità”.
“Il secondo testo, Ex Corde Ecclesiae, parla costantemente della verità e della ricerca della verità. Parla di libertà nel senso più ampio; la tradizione filosofica cattolica e teologica sono legate al bene comune, ai diritti degli altri e sempre soggette alla verità”.
“Su queste tre domande, che sottopongo rispettosamente, si fonda il futuro dell’istruzione superiore cattolica in questo paese e in molti altri luoghi”, conclude il Vescovo D’Arcy.
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