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« Torna agli articoli di Giuliano Guzzo

L'anno da poco concluso è stato, per il cinema e per le serie tv, sicuramente caratterizzato dalla cultura woke. Più ancora, in realtà, dalla parossistica diffusione di personaggi arcobaleno, divenuti immancabili non solo nelle produzioni cinematografiche sempre più numerose - se si clicca su un sito come cinemagay.it, oggi, ci si imbatte in un catalogo sterminato, di oltre 4.000 film! -, ma anche in quelle destinate ai più piccoli; su questo versante, il sito di Pro Vita & Famiglia non ha certo mancato, come chi lo visita abitualmente sa, di continuare ad offrire aggiornamenti, anche se l'impresa non è semplice.
Ciò nonostante, ecco il punto: il 2022 arcobaleno non solo non ha fatto prosperare i grandi media ma, sotto il profilo economico, ha inflitto loro una batosta storica. A farlo presente, una fonte di sicura autorevolezza come il Financial Times, secondo cui nell'anno finito da pochi giorni la Walt Disney Company, Netflix, Comcast e altri giganti dei media hanno perso più di mezzo trilione di dollari di valore di mercato. Lo si evince andando a vedere, appunto, l'indice Dow Jones Media Titans, barometro della salute finanziaria di 30 delle più grandi società di media del mondo, negli ultimi dodici mesi da $ 1,35 trilioni, che era, è precipitato $ 808 miliardi, facendo segnalare un calo di circa il 40%.
Naturalmente, tale flessione non è stata omogenea per tutti i grandi gruppi, con alcuni di essi che hanno accusato perdite ancor più significative. Come la già citata Walt Disney Company, le cui azioni sono precipitate addirittura del 45%, facendo segnare il calo più drammatico dell'ultimo mezzo secolo. Colpa, spiegano gli esperti, degli esiti non brillanti delle ultime produzioni al botteghino e di altri riscontri non positivi, che tutti assieme, secondo un analista, hanno fatto sì che si realizzasse una «tempesta perfetta di cattive notizie». Sarà pure così, per carità, non lo si può escludere.
Al tempo stesso, però, non si può neppure fingere di non vedere come la principale casa mondiale di produzione di contenuti per bambini abbia sposato esplicitamente la causa Lgbt. Karey Burke in persona, presidente della Disney's General Entertainment Content, su questo aspetto ancora mesi fa era stata molto chiara, affermando che prossimamente «almeno la metà» dei personaggi dei cartoon dovrà essere arcobaleno. Lo si era scritto su queste colonne e non ci vuol molto a capire come tutto questo possa aver generato una sostanziale sfiducia, da parte di molte famiglie, in quella che fino a pochi anni fa era una garanzia, rispetto all'intrattenimento per i più piccoli.
Secondo quanto ricostruito dal Christian Post, inoltre, Disney non farà alcun dietrofront rispetto alla linea arcobaleno fino ad oggi così ardentemente sposata. Probabilmente non lo farà neppure Netflix, piattaforma che già nei primi tre mesi dello scorso anno aveva fatto sapere di aver perso la bellezza di 200.000 abbonati, circa l'equivalente degli abitanti di Siena, Pisa e Lucca messi assieme. «Il woke mind virus ha reso Netflix inguardabile», aveva commentato ad aprile Elon Musk, il patron di Tesla e poi di Twitter per provare a spiegare il collasso del gigante dello streaming. Una interpretazione che, anche se non può essere certo elevata a fattore monocausale, comunque torna utile anche per capire come mai il 2022 è stato l'anno nero di un po' tutto l'universo dei grandi media.
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