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LA TELECOM ESALTA GANDHI: ECCO INVECE PERCHÉ NOI NON VOGLIAMO UN'EUROPA INDÙ
C'e' anche chi lavora per un'europa indu'
di Alessandra Nucci
 

Mentre in India continuano le violenze e le intimidazioni contro i cristiani, qui in Europa continua l’opera di mitizzazione dell’induismo e delle religioni orientali. Un esempio clamoroso ci viene dalla pubblicità della Telecom Italia lanciata proprio alla vigilia dell’esplosione di violenza nello stato indiano dell’Orissa.
Il 15 agosto infatti Telecom Italia ha acquistato su tutti i maggiori quotidiani una pagina intera di pubblicità per dedicarla a un messaggio del Mahatma Gandhi, in cui si esalta la saggezza orientale e si deplora di converso la rovina provocata al mondo dall'inculturazione del cristianesimo in Occidente.
Alcuni dei discorsi di Gandhi sono molto belli e per nulla contrappositivi, ma aver puntato su questo particolare discorso pensando di ottenerne il gradimento dei lettori, e utenti del telefono, la dice lunga sul grado di condizionamento al relativismo culturale cui si ritiene siano giunte le menti dei cristiani in Occidente.
Nessuno nega le ingiustizie e violenze perpetrate con somma ipocrisia da molti esponenti delle società di matrice cristiana in cui visse il Mahatma Gandhi. Ma questo non significa che si debba fare di ogni erba un fascio, o che si possa accettare che sul banco degli imputati venga messa indistintamente tutta la storia dell'Occidente cristiano, come fa Gandhi in questo discorso.
"Se bisogna cercare la verità, non si trova sul suolo europeo" egli afferma, lapidario. Uno si chiede allora dove mai si trovi questa "verità". Risposta: in India, non nello "splendore" (parola di Gandhi) delle città costruite dagli inglesi ma "in quelle umili case, nel mezzo dei mucchi di letame [dove] troviamo gli umili Bhangis, dove troverete un concentrato di saggezza."  E come si riconosce, come si configura questa saggezza? In risposta, Gandhi se la cava con "Questa è una grande domanda"  e passa direttamente dai complimenti allo stile di vita dei Bhangi all’elenco dei saggi del mondo asiatico: Zoroastro, Buddha e ...  "Chi ha seguito il Buddha? Gesù, di nuovo dall'Asia. Prima di Gesù ci fu Mosè, Mosè che apparteneva anche lui alla Palestina, sebbene fosse nato in Egitto. Poi venne Gesù, poi Mohammad. Tutti loro li tralascio. Tralascio Krishna, tralascio Mahvi, tralascio le altre luci sconosciute in Occidente e al mondo letterario. Non conosco una singola persona che possa uguagliare questi uomini d'Asia."
Gesù, dunque, fa sapere la pubblicità di Telecom Italia, era uno dei grandi uomini d'Asia. Gandhi si impadronisce di Gesù, lo relativizza, ponendolo lungo un unico asse cronologico che va senza distinzioni da Zoroastro a Krishna passando per Buddha e Maometto, e attribuisce il suo insegnamento ineguagliabile di amore - amore addirittura per il nemico - a una generica saggezza asiatica, che indica come base ispiratrice in generale della dottrina della non-violenza. 
Poi però, a quanto pare, tutto questo accumulo di saggezza asiatica, che unisce tutto e il contrario di tutto, a un certo punto è stata conculcato per colpa del cristianesimo.
"E poi cosa accadde?" si domanda il Mahatma. Risposta: "Il Cristianesimo, arrivando in Occidente, si è trasfigurato". In negativo, naturalmente.
Gandhi riesce a trasformare in colpa perfino quello che nessuno nega sia stato invece un grande vantaggio per l'India, cioè l'avervi diffuso l'inglese: non perché lingua commerciale internazionale, ma perchè senza questa lingua in comune i popoli dell'India, che parlano 30 lingue diverse, oltre a 2000 dialetti, non si sarebbero mai capiti fra loro (tuttora i leader indiani alle platee dove siedano tutte le regioni parlano in inglese e i piani di sostituire l'inglese con l'hindi sono stati di fatto accantonati).
Gandhi ammette che "lo splendore che vedete e tutto quello che vi mostrano le città indiane non è  la vera India": Ma lo dice con orgoglio, trasformando "splendore" in termine squalificante. Qual è allora la vera India, da cui possiamo imparare? Beh, intanto non è "il massacro che avviene sotto i vostri occhi, mi dispiace, vergognoso come dicevo ieri". Quello lì non è l'India, dice Gandhi, quello "dovete seppellirlo qui. Il ricordo di questo massacro non deve oltrepassare i confini dell'India". Bene, così sappiamo che se un massacro lo perpetrano loro in Oriente l'importante è non parlarne.
Ma si può sapere infine che cos'è questa vera India, dove si trova nientemeno che la verità? Si va per esclusione: è quella che non ha "gli orpelli, la polvere da sparo e la bomba atomica dell'Occidente". Massacri sì, ma con armi semplici per favore.
E chi saranno mai questi saggi Bhangi depositari della verità, che tutti vorremmo subito conoscere e frequentare? Sono la casta indiana più umile e disprezzata, una sub-divisione dei Dalit, cioè degli intoccabili. Sono la casta a cui la saggia tradizione indiana attribuisce il compito di pulire, essi soli, le latrine e di disporre, essi soli, dei cadaveri e delle carcasse di uomini e animali, compiti che si tramandano ineluttabilmente di padre in figlio. Questa loro condizione gliel'hanno data i loro connazionali, non gliel'hanno data gli inglesi (tantomeno gli americani, che con l'India non c'entrano proprio nulla).
Ora, Telecom Italia è azienda privata che  ha diritto di spendere come vuole i suoi profitti, come i suoi utenti hanno diritto di decidere di conseguenza dove vogliono allacciare i loro telefoni.  Quello che è importante è che ognuno legga con discernimento e non accetti a-criticamente quello che viene glorificato da tutte queste pagine di giornale. 
Domandiamoci laicamente: possiamo accettare di pensare che la soluzione ai problemi del mondo sia che l'Asia "conquisti l'Occidente" con il "messaggio d'amore", di cui sono depositari i poveri Bhangi, tenuti dal sistema indù nella condizione di reietti?  Perché attenzione: il Mahatma non invita a migliorare la loro condizione, ma solo ad ammirarne la saggezza, lasciandoli dove sono. 
Possiamo pensare che si debba arrivare, di qui, a un "mondo unico" dove imperi una simile saggezza? Il pensiero di Gandhi, infatti, è rivolto a un mondo unico che coincide con il monismo indù. E monismo significa la riduzione di tutto ad UNO.
Invito a rilfettere sulle accuse all'Occidente di dualismo, che altro non è che la razionalità che distingue fra opposti: il bene non è male e il nero non è bianco, e così via, per il principio ineludibile di non-contraddizione (i cattolici possono consultare al riguardo - oltre al Vangelo - la Fides et ratio di Giovanni Paolo II)
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Ma attenzione: a sostenere l'universalismo della filosofia orientale ci sta l'ONU che, come annuncia la pubblicità di Telecom Italia, ha istituito la data di nascita di Gandhi come Giornata Internazionale della Non-violenza. Ora, siamo tutti d'accordo sul principio di pace e di non-violenza, non per nulla fu Gesù Cristo a raccomandare di porgere l'altra guancia circa millenovecento anni prima di Gandhi (e gli illuministi vorranno citare il Trattato sulla Tolleranza di Voltaire). Il fatto è però che, specie dopo l'11 settembre, il sentire moderno, istigato dai media e dalle istituzioni internazionali, vorrebbe ridurre al silenzio tutte le religioni, farne un fatto obbligatoriamente privato in quanto tutte considerate foriere di guerra, violenze e sopraffazione.
Tutte, all'infuori di una. Stranamente, infatti, l'induismo sembra sfuggire a questo assioma. Come mai?
Le ragioni di  questa diversa considerazione, di questo valore assoluto riconosciuto implicitamente all'induismo, sono molte, ma la ragione principale è il collegamento che viene fatto fra l'induismo e la non-violenza civile predicata da Gandhi.
Il fatto è però che la società induista non è affatto non-violenta. L'India è teatro di violenze e discriminazioni (di cui i cristiani sono fra le principali vittime). I principali partiti politici sono costruiti intorno al nazionalismo e all'intolleranza induista,  la società hindi è tuttora divisa in caste e i dalit sono ancora oggetto di discriminazioni. 
Ai tempi di Gandhi non era diverso da oggi, semmai era peggio, tant'è vero che a ucciderlo fu un purista dell'induismo hindutva. Solo l'esigenza di sottrarsi al dominio britannico spiega come Gandhi potesse additare a pubblico spregio lo sfruttamento dell'Oriente da parte dell'Occidente senza sentirsi in contraddizione con la sua implicita approvazione dell'orrendo sistema delle caste indù.
Ma possiamo noi in Occidente accettare a-criticamente il messaggio di Gandhi, attacco unilaterale che presenta tutto il bene da una parte  e tutto il male dall'altra?
La cultura occidentale cristiana è radicalmente diversa da quella orientale perché onora e protegge l'uomo e incoraggia lo sviluppo, non lo stare fermi, tanto meno il regresso.
Per la cultura occidentale l'essere umano deve usare i propri talenti e metterli a disposizione della crescita e dello sviluppo della comunità, altro che saggezza dei poveri Bhangi.
Ma se non saremo noi a difendere e trasmettere, fuori dai pregiudizi "multiculturalisti", la storia e la cultura classica, sotto attacco su ogni fronte e con ogni pretesto, non aspettiamoci che lo facciano gli organismi internazionali. Ultimamente la cultura classica è stata indicata come responsabile dello scarso rendimento in matematica e scienze dimostrato di recente dagli studenti italiani. (Da chi? Ad esempio dalla Commissione  Berlinguer, istituita dal Ministro Fioroni per favorire lo studio della matematica e delle materie scientifiche).
Rendiamoci conto che in realtà è tutto il contrario: la cultura classica, a partire dalla geometria euclidea, è quella che abitua a ragionare anche in termini scientifici, e lo dimostra proprio il nostro Paese che ha consegnato alla storia un'infinità di scienziati (Galvani, Volta, Marconi, Amaldi, Fermi, la scuola di Via Panisperna e oggi Rubbia, Dulbecco e Montalcini, solo per citare quelli che vengono in mente su due piedi - e pure il caso Galileo andrebbe letto bene e fuori dai pregiudizi).
Guai dunque a piegarsi all'assolutizzazione del pensiero di Gandhi quale emerge dal brano pubblicizzato da Telecom Italia: relativistico quando si tratta di mettere Gesù Cristo sullo stesso piano di tutti gli altri "saggi d'Asia", ma assolutistico quando si tratta di attaccare l'Occidente ed esaltare la saggezza d'Oriente. 
Viene da pensare che forse non è un caso se fino a poco tempo fa questo suo discorso si era semplicemente .....perso di vista.